venerdì 26 luglio 2019

EDGAR MORIN: "MEDITERRANEIZZARE" IL PENSIERO IN LIBRERIA

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E. Morin, PENSARE IL MEDITERRANEO E MEDITERRANEIZZARE IL PENSIERO. Da luogo di conflitti a incrocio di sapienze, Il pozzo di Giacobbe, Trapani, 2019, pp. 98, euro 10,00.

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Brevi avvertenze per il lettore del XXI secolo
   Se una delle caratteristiche dei classici è di acquistare attualità man mano che scorre il tempo - come il vino rosso migliora invecchiando, se di qualità - questo breve saggio di Edgar Morin può considerarsi un classico. Esso è stato ospitato sul numero 28 (inverno 1998-1999) della rivista francese “Confluences Méditerranée” delle edizioni L’Harmattan di Parigi che ringrazio per l’autorizzazione a tradurlo e ripubblicarlo, con l’aggiunta di qualche nota esplicativa.
    Certo alcuni riferimenti di cronaca risultano, inevitabilmente, datati; ma – a parte che un po’ di coordinate storiche aiutano a collocare meglio un testo nel suo ambiente vitale -  nella sostanza le riflessioni del pensatore francese continuano a illuminare i lettori. Come nel 1999, infatti, venti anni dopo il Mediterraneo è “il mare della comunicazione e del conflitto”. Si potrebbe, anzi, aggiungere che oggi è ancora più chiaro che è un luogo di tensioni e di morte proprio perché – per così dire naturalmente – è un ponte destinato agli scambi reciproci. Non sarebbe la sede dello scontro se non fosse  il teatro del dialogo interrotto; non sarebbe, di fatto, incrocio di dissuasioni minacciose se non fosse, di diritto, la piazza  di un’interazione pacifica che potrebbe arricchire bilateralmente, anzi multilateralmente, i protagonisti della tragedia epocale che stiamo vivendo. Ma, si sa, “tra prossimi, ci si dilania meglio a vicenda”[1].
   Secondo Morin, “il Mediterraneo vede dunque oggi l’aggravarsi dei suoi antagonismi religiosi e lo sviluppo di antagonismi nazionali. In più, esso subisce in maniera particolarmente intensa i grandi antagonismi dell’era planetaria”: l’augurio che ci possiamo scambiare – insieme al proposito di impegnarci fattivamente, ognuno per la nostra parte, affinché tale augurio si realizzi – è che venga presto il momento in cui queste constatazioni, lucide e amare, smettano di essere veritiere. E restino solo nella memoria degli storici.
   Purtroppo lo scenario attuale non è incoraggiante. Il Mediterraneo resta  “troppo stretto per separare, troppo largo per confondere”[2]. A oggi l’Unione europea sembra delegare agli Stati che si affacciano sul Mediterraneo (Grecia, Italia e Spagna soprattutto) la gestione delle migrazioni massicce dall’Africa e dall’Asia Minore, limitandosi a finanziare la Turchia perché faccia il lavoro sporco di sentinella ai confini. Il fatto che alcuni governi, come l’attuale governo italiano a guida Cinque Stelle e Lega, adottino provvedimenti sostanzialmente anti-costituzionali, e più ampiamente anti-umanitari, lungi dal giustificare l’ignavia dell’Europa continentale ne sottolinea la gravità. In queste condizioni la sinergia fra Paesi europei e non-europei, accomunati dall’affacciarsi sullo stesso mare, diventa sempre più necessaria e sempre meno probabile.
    Innumerevoli volte Morin evidenzia “la necessità di <<lavorare a pensare bene>>, secondo l’espressione di Pascal, cioè di pensare in modo complesso. Abbiamo bisogno di una conoscenza capace di concepire le condizioni dell’azione e l’azione stessa, di contestualizzare prima e durante l’azione. Non c’è niente di meglio della buona volontà. Ma essa non è sufficiente e rischia di ingannarsi, Un pensiero scorretto, un pensiero mutilato, anche con le migliori intenzioni, può condurre a conseguenze disastrose”. La questione del Mediterraneo è una drammatica esemplificazione di questa convinzione di Morin. In questo saggio egli, pur di formazione (non del tutto rinnegata) marxista, rimanda continuamente alle radici intellettuali, simboliche, culturali delle difficoltà a fare del Mediterraneo un modello prototipico e pionieristico di ciò che potrebbe/dovrebbe diventare, socialmente e politicamente,  il globo terracqueo. E cinque anni dopo, nel 2004, un gruppo di consulenti altamente qualificati della Commissione europea avrebbe insistito su questo tasto con parole che oggi (2019), quindici anni dopo, anche in considerazione del rilievo assunto sulla scena internazionale da organizzazioni islamiche fondamentaliste, meriterebbero di essere riprese e rilanciate con inalterato vigore:  non ci potrà essere cooperazione fra gli Stati del Mediterraneo tra loro, e fra tutti essi e il mondo euro-americano, se non si abbattono alcuni pregiudizi ideologici inveterati, “che si tratti della riconversione di un certo occidente alla demonizzazione di un nemico, identificato con il terrorismo e, per trasposizione impropria, con l’islam tramite islamisti radicali seguaci del terrorismo, o della presentazione della modernità occidentale alla stregua di un satanismo da combattere, quale viene proposta da alcuni religiosi ai propri fedeli. Le derive sempre più frequenti, capaci di sfociare in ideologie più classiche ma non per questo meno deleterie, consistono in un nazionalismo identitario di esclusione e in ciò che sembrerebbe il suo contrario ma ne è così spesso il corollario, il funzionamento apolide delle reti del crimine organizzato. Non si può infine ignorare l’affermarsi di un irenismo di comodo del Nord, insensibile alle sofferenze esterne dalle quali esso peraltro si protegge, e parallelamente di un islamismo di disperazione al Sud, sintomi di malessere più che risposte possibili”[3].
   
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   Sono stato in dubbio se lasciare o meno la scansione originaria in brevi paragrafi (che, diventati capitoletti, appaiono ancora più brevi), ma alla fine ho deciso per il sì. Questa struttura, infatti, suggerisce e favorisce una lettura meditativa del testo assai intenso di Morin: tanto intenso che sarebbe uno spreco ‘consumarlo’ tutto d’un fiato senza regalarsi il tempo di seguire con la mente le sue molteplici allusioni. Infatti, come in una matrioska russa, ogni affermazione ne custodisce qualche altra più profonda a cui non si arriva se non si ha la pazienza di integrare con informazioni supplementari (alcune delle quali sono suggerite nelle note in calce), e soprattutto con la propria riflessione, ciò che viene enunciato in superficie.

                                                                  Augusto Cavadi
                                                             www.augustocavadi.com

·  Le note in calce sono del curatore italiano, tranne le poche volte in cui compaiono fra parentesi tonde le iniziali dell’autore (E.M.)

PS: Un duplice, affettuoso,  grazie a Mario Berardi che ha rivisto con competenza linguistica la mia traduzione dal francese e a Alberto Cacopardo che, attingendo alle sue notevoli conoscenze ed esperienze, mi ha aiutato a formulare molte note in calce e ha poi impreziosito questa pubblicazione con una eccellente post-fazione.


[1]A. MAALOUF , L’identità.Un grido contro tutte le guerre, Bompiani, Milano 2005, 38.
[2]B. KHADER, Il Mediterraneo, troppo stretto per separare, troppo largo per confondere, Comunicazione dattiloscritta, Lovanio, giugno 1984, 22, cit. in P. NASO, <<Note sulle “questioni” del Mediterraneo>> in P. BARCELLONA (ed.) , Il Mediterraneo nelle relazioni internazionali, Dipartimento di analisi dei processi politici, sociali e istituzionali, Università di Catania, 1986, 15.
[3]Rapporto del gruppo dei saggi istituito per iniziativa del presidente della Commissione europea(Romano Prodi), pubblicato nel 2004 a cura della Commissione europea, con il titolo Il dialogo tra i popoli e le culture nello spazio euromediterraneo, 23 (edizione italiana).

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