In qualche post precedente ho raccontato la prima giornata (25 aprile 2019) del Festival della filosofia d'a-Mare di Castellammare del Golfo.
Impossibile dare conto delle relazioni in plenaria, dei laboratori di con-filosofia e del confronto assembleare nel secondo, terzo e quarto giorno (26-28 aprile): qualche frammento ce lo ha offerto nel suo blog Alberto Giovanni Biuso sia preventivamente (https://www.biuso.eu/category/eventi/) che consuntivamente (https://www.biuso.eu/2019/05/01/contro-letica/); qualche altro flash è in viaggio dai trulli di Ostuni... D'altronde una delle caratteristiche della filosofia-in-pratica è proprio la preferenza per l'oralità: poiché la moltiplicazione giornaliera nel mondo di testi cartacei e digitali non "più commisurata alle forze umane" fa sì che "legittimità e senso della filosofia non possono più essere allocati nella produzione di testi filosofici" (Davide Miccione, Lezioni private di consulenza filosofica, Diogene Multimedia, Bologna 2018, pp. 87 - 88), la scommessa della "filosofia di strada" è riscoprire l'avventura del dialogo vivo, a trecentosessanta gradi, senza argini prestabiliti, che certe volte si fermerà a livello di una conversazione da bar e certe altre sprigionerà delle intuizioni preziosamente originali.
La filosofia, se non si chiude autoreferenzialmente in sé stessa, ha sempre cercato di esprimersi in vari linguaggi: lettere, trattati, romanzi, diari, novelle, poesie...E, ovviamente, anche attraverso il teatro e il cinema. Manuela Pascolini e Antonio Carnicella hanno voluto regalarci, la sera di sabato 27, presso il Teatro comunale "Apollo - A.R. Guadagno", la lettura interpretata di un testo poco noto del filosofo Albert Camus.
Più sotto un brevissimo frammento della performance dei due amici (altrettanto bravi che belli) , integrata dagli apprezzati interventi al pianoforte di Giorgio Gagliano. Ma prima riporto il foglio, distribuito ai presenti, con cui Antonio Carnicella ha voluto presentare la pièce teatrale del pensatore franco-algerino:
La Commedia dei filosofi è una satira politico-filosofica alla Molière scritta da Albert Camus. Fin dal titolo originale, L’impromptu des philosophes, è appunto un impromptu, un’improvvisazione, il risultato di un’urgenza decretata dall’attualità, come i corsivi che scriveva su Combat, uno degli organi ufficiali della resistenza francese di cui divenne poi direttore. Lo spunto, comunque, doveva essere una situazione particolarmente bruciante e coinvolgere persone a lui vicine, poiché nell’arco della sua breve vita Camus non ha mai pubblicato la pièce né messa in scena e neppure datata. Si è limitato a lasciarla in mezzo ad altro materiale d’archivio, firmata con lo pseudonimo di Antoine Bailly, e i curatori della sua opera, tra cui la figlia Catherine, hanno faticato non poco ad attribuirle una datazione precisa.
Leggendo il testo appaiono subito chiari i motivi di tale riserbo. La Commedia è infatti ricca di spunti sarcastici nei confronti dell’Esistenzialismo e cita ampiamente testi di Heidegger, Sartre e Merleau Ponty. Confrontando questi riferimenti con gli appunti lasciati nei Taccuini, i curatori hanno potuto ricondurre la composizione al 1947, momento in cui la vita politica e intellettuale francese è in gran fermento. Con il secondo conflitto mondiale appena finito e la Guerra fredda alle porte, agli intellettuali è richiesto di schierarsi in maniera manichea pro America o pro Russia.
Alla fine del 1946, nell’amicizia tra Camus e Sartre, nata nel 1943, si aprono le prime crepe. Sartre, infatti, appoggia la causa comunista e l’idea di rivoluzione che deve liberare gli europei dal giogo americano. Camus, invece, in una serie di articoli dal titolo Né vittime né carnefici, esprime la sua terzietà militante, socialista e libertaria, invocando una vera democrazia liberale e rappresentativa. Tempi Moderni, rivista di cui Sartre era direttore, pubblica un capitolo di Umanismo e Terrore di Maurice Merlau Ponty, fenomenologo e comunista come Sartre, che magnifica il modello sovietico. Camus, non può tollerare l’esaltazione di un regime totalitario, dei gulag e delle deportazioni di massa e risponde duramente. Il confronto diretto avviene durante una cena. Camus attacca Merlau Ponty, Sartre prende le parti di quest’ultimo e Camus se ne va sbattendo la porta.
È in questo scenario che, con tutta probabilità, nasce l’urgenza che conduce Camus a scrivere, l’impromptu, che anticipa e rinvia la famosa querelle, che divamperà nel 1951 dopo la pubblicazione de L’uomo in rivolta. Ma un litigio, come scriverà Sartre dopo la morte di Camus, non è nulla (…) non è che un altro modo di vivere insieme. Ed infatti non è questa contrapposizione politico-ideologica a rendere interessante la Commedia per un festival di filosofia pratica, quanto la concezione camusiana della filosofia e del mestiere di filosofo che emerge nel testo attraverso il confronto tra i personaggi principali. Da una parte troviamo il signor Nulla, prototipo del filosofo accademico che parla attraverso frasi altisonanti e inquadra il mondo in formule astratte, cui fa da eco la creduloneria del signor Vigna, lo sprovveduto di turno che accetta in toto le sue miracolose teorie; dall’altra la moglie e la figlia del signor Vigna, contro il cui senso pratico si vanno, invece, a schiantare quelle assunzioni che non trovano nessun appiglio nella realtà.
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
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