2.3.2019
“Repubblica – Palermo”
2.3.2019
TEST PSICOLOGICI AI MAGISTRATI: A QUALI CONDIZIONI ?
Per diventare magistrato non bastino più gli esami sulle nozioni di diritto, ma si superi anche un test psicologico. Non sappiamo se la proposta della ministra palermitana Giulia Bongiorno, lanciata da alcune settimane nel corso di un intervento presso la Scuola di formazione politica della Lega, a Milano, resterà un’opinione affidata ai vortici delle agenzie di stampa o diventerà una proposta di legge vera e propria. I precedenti non mancano, ma la riforma in questa direzione voluta, all’inizio del nostro millennio, dal ministro Castelli non è stata mai attuata. Certo, il contesto in cui viene formulata – proprio quando il governo in carica delegittima l’azione giudiziaria ricorrendo strumentalmente all’immunità parlamentare proprio per difendere il leader politico della Lega – difficilmente sarebbe potuto essere più infelice. Ma, al di là delle contingenze storiche, che pensare della proposta?
Direi che – come riconosciuto anche da alcuni magistrati – non è per nulla irragionevole: chi ha in mano un potere così forte sulla vita dei concittadini non può essere solo un tecnico del diritto, senza maturità umana ed equilibrio piscologico. Essa, però, può essere elaborata in maniera affidabile solo se tiene lucidamente e concretamente conto di un limite e di un pericolo.
Il limite è che non può riguardare solo i magistrati, ma deve contemporaneamente coinvolgere tutti i funzionari statali con responsabilità analoghe: mi riferisco ai dirigenti e ai medici del sistema sanitario nazionale; ai vertici delle burocrazie ministeriali, regionali e comunali; ai dirigenti scolastici e ai docenti di ogni ordine e grado…Tutti noi abbiamo incontrato nella vita personaggi fortemente disturbati, incapaci di relazioni umane appena decenti, che – abusando della propria fetta di potere – sono stati in grado di rovinare la serenità delle squadre che avrebbero dovuto coordinare e pregiudicare i diritti elementari degli utenti. Non c’è nessuna ragione plausibile per sostenere che un pretore narcisista e capriccioso provochi più danni di un chirurgo superficiale e demotivato o di una maestra che maltratti e picchi generazioni di bambini affidatele.
Il pericolo, poi, da cui ogni proposta di filtro psico-attitudinale dovrebbe rigorosamente proteggere i candidati a funzioni socialmente delicate è l’arbitrarietà (per incompetenza o per corruzione) con cui gli psicologi potrebbero svolgere il compito di selezionatori. Anche questo è un aspetto di cui si parla poco o nulla, nonostante l’esperienza scandalosamente frequente nei settori in cui il filtro è già in opera. Quanti sono i ragazzi e le ragazze che, dopo aver brillantemente superato le prove sia culturali sia fisiche, per accedere ai ranghi delle Forze dell’ordine, sono bloccati ai colloqui psico-attitudinali? Ho conosciuto decine di questi casi. Ammetto che, in qualcuno di essi, mi sono potuto sbagliare: ma escludo che la mia valutazione psico-pedagogica sia stata sempre errata e che la valutazione, di segno opposto, delle commissioni esaminatrici sia stata sempre corretta. Purtroppo è un campo in cui le possibilità di successo di un ricorso legale sono assai vicine allo zero. Tuttavia che proprio l’arruolamento in settori delicatissimi della struttura statale si presti a comportamenti che sono, o possono sembrare, condizionati da “segnalazioni” e “pressioni” improprie è davvero scoraggiante. Chi valuta i valutatori? In tanti decenni di storia repubblicana si è mai verificata una punizione esemplare per uno psicologo che abbia truccato le carte nell’esercizio di una funzione delicatissima e, praticamente, incontestabile?
Se non si sciolgono questi nodi, già dolorosamente effettivi, qualsiasi proposta di vaglio psico-attitudinale in altri ambiti professionali non può non suonare come ingiuriosa o minacciosa.
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
3 commenti:
Hai centrato il problema. Sarebbe utile eseguire i test psicologici per tutte le professioni che hanno grande valenza sociale (incluso la mia:medico), ma vanno evitati discriminazioni e arbitri. Enrico Cillari
Effettivamente nella vita lavorativa mi sono imbattuto, e di brutto, in personaggi fortemente disturbati, incapaci di relazioni umane appena decenti, che – abusando della propria fetta di potere – rovinano ciò che incontrano nel peggiore dei modi, ovvero quello che Carlo M. Cipolla, nel suo “Teoria della stupidità” -Terza (e aurea) legge-, così recita: «Una persona è stupida se causa un danno a un’altra persona o ad un gruppo di persone senza realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo un danno [nel caso di specie che mi riguarda un danno anche per lo Stato che lo stupido funzionario serve]». Notorio che tra i tanti dirigenti scolastici, guardie venatorie, insegnanti, alti burocrati, funzionari di pubblica sicurezza, appartenenti alle forze armate, impiegati della pubblica amministrazione e assistenti sociali, sia possibile imbatterci in persone ammirevoli quanto in cretinoidi patentati, questione di fortuna. Pur riuscendo a sradicare la raccomandazione che innalza immeritatamente il cretinoide ad autorità dello Stato, la questione permarrebbe irrisolta. Il problema è che quando si ha a che fare con altre persone subordinate (in senso lato) le abilità tecniche -seppur fondamentali- non bastano, ma per forza di cose si diventa comandante di nave o veterinario pubblico per titolo di studio e concorsi che misurano e verificano specifiche competenze. Strumenti sì congrui per valutare l'idoneità allo svolgimento di particolari mansioni, quanto inabili per cogliere l’eventuale idiozia strutturale del soggetto candidato e la sua capacità di autentica comprensione del mondo, per dirla alla Gadamer: «Originario modo di attuarsi dell’esserci, che è essere nel mondo»; quella attitudine di permanere sul pezzo attenti e aperti alla totalità di tutto il resto. Evento fluente e incommensurabile (non misurabile attraverso test standardizzati) questo buon senso e per certi versi inapprendibile.
Caro Professore , Della attuale proposta del Minstro Bongiorno si é parlato gia' molti anni addietro ; é stata avanzata anche da una corrente della magistratura , della quale io ho fatto parte . La mia esperienza mi dice che é da condividere ,almeno come colloquio psico attidudinale , ma,nel frattempo ,dovrebbero essere aumentati i controlli sulla correttezza dell'esercizio delle funzioni e gli interventi disciplinari , ed abbandonato quel malinteso paternalismo e lo spirito di casta che tende a coprire scorrettezze e negligenze. Condivido la tua osservazione che controlli siffatti dovrebbero riguardare ogni categoria di funzionari pubblici in grado di incidere per le loro funzioni su interessi vitali della collettivita' . Occorrerebbe istituire una scuola dell'amministrazione pubblica che formasse i neo assunti al corretto esercizio delle funzioni cui sono destinati . Ma ,che dire dei medici? e della formazione degli aspiranti a tale professione a quelle doti di umanita' indispensabili all'esercizio del loro ministero ? Il tema non é da poco . Cordiali saluti , Rosario Gino
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