Ricevo da un caro amico e, secondo il suo desiderio, rilancio volentieri dal mio blog questo testo che fa il punto 'oggettivo' sulla questione "immigrazione" e suggerisce alcuni percorsi in positivo. Poiché affronta tematiche complesse e delicate, chiunque abbia elementi di critica, ma altrettanto seri, è invitato a spedirli.
L’IMMIGRAZIONE IN ITALIA: EMERGENZA, O PROBLEMA SOCIALE E GENERAZIONALE ?
L’immigrazione in Italia non costituisce certamente più una emergenza perché (anche se spesso per via di decisioni politiche inaccettabili) si sono arrestati i grandi flussi: una flessione del 65% nel 2017 (117.000) rispetto al 2016 (181.000) e dell' 80% nel 2018 (23.000) rispetto al 2017 : dati UNHCR, Ministero dell’Interno. E’, comunque, privo di realismo non considerare la rilevanza sociale del fenomeno in atto, che, proprio perché non ha più i caratteri drammatici di qualche anno fa, andrebbe affrontato seriamente per migliorare la gestione della integrazione e della convivenza con la popolazione di origine italiana.
Infatti c’è una rilevante presenza di irregolari (oltre 650.000) cui si aggiungono oltre 437.000 immigrati disoccupati e 187.000 stranieri presenti nei centri di accoglienza. Questi fratelli extracomunitari e non (oltre un milione), che si muovono nelle nostre città senza lavoro o residenza, non possono essere considerati “invisibili” insieme ai 5 milioni di poveri italiani. Gli immigrati vivono nelle nostre città in case fatiscenti e maleodoranti, in condizioni di sovraffollamento, considerata la cronica carenza abitativa italiana. Nel numero di “Millennium” di febbraio 2019 (n.20, anno 3) c’è un report sulla citta "clandestina" all’interno di quel che fu nel 2006 il villaggio olimpico a Torino nel quale, dal 2013, vivono nel degrado totale 1300 africani provenienti da nazioni subsahariane. Questo è uno dei tanti esempi di vita da “topi” cui sono destinati i nostri fratelli africani; altro che accoglienza!
Inoltre non è accettabile sequestrare gli immigrati per anni nei Cara (Centri di accoglienza dei richiedenti asilo), dato che dai Centri di accoglienza esce non più del 5% di immigrati per anno. Certo per molti immigrati è meglio stare in Italia in queste condizioni anziché vivere nei loro paesi d’origine, ma l’Italia ha la pretesa di non considerarsi Terzo mondo e, quindi, non si può accettare questo degrado. Contemporaneamente si registra una vera emergenza sociale ben più grave dell’immigrazione dall’Africa e, cioè, la fuga dall’Italia di oltre 120.000 italiani ogni anno, già formati e per la maggior parte con titoli di studio, che si recano in altri paesi della europei alla ricerca di un futuro migliore.
E’questo il futuro che vogliamo lasciare ai nostri figli e nipoti italiani e stranieri?
E’ chiaro che il problema principale, per dare una svolta al Paese, è creare posti di lavoro e battere la corruzione. Dando risposte serie a questi due temi si risolverebbero i problemi sia degli italiani sia degli immigrati.
La sinistra ha prima accettato e favorito flussi incontrollati e incontrollabili, poi ha dovuto porvi rimedio perché il sistema di accoglienza si rivelava inadeguato. Non si è trattato di “buonismo” ma di assenza di realismo politico e di onestà intellettuale. Noi siamo uno Stato con tanti limiti strutturali e organizzativi e il non avere gestito bene i flussi di popoli ha creato squilibri sociali, che hanno poi permesso alla destra di Salvini di soffiare sul fuoco del razzismo.
Il contenimento della immigrazione si è ottenuto prima con il modello di Minniti (che ha dovuto patteggiare a lungo con i libici e forse pagare alcune figure di discutibile caratura morale, complici dei libici), e adesso con il blocco dei porti e delle ONG da parte di Salvini. Entrambe gli interventi, discutibili e disumani, hanno calmierato i flussi. Ma sono stati interventi che hanno agito sugli effetti delle immigrazioni e non sulle cause.
Certo l’Italia non può reggere altri flussi delle proporzioni di quelli verificatasi nel periodo 2014-2017 (623.000 africani), ma limitarsi a contrarre i flussi con interventi più o meno polizieschi non può essere la risposta ad un fenomeno che certamente continuerà in futuro.
Occorre,quindi, intervenire su più fronti come schematicamente indicato:
1-Sviluppare, in accordo con tutti i paesi della Comunità europea, una politica d’accoglienza condivisa, che è l’unica che può offrire una gestione più umana del fenomeno, fermo restando che vanno garantiti i salvataggi in mare, prima di tutto per motivi umanitari e poi perché lo impone il diritto internazionale.
2- Programmare i flussi e concordare con i 29 paesi dell’Unione la divisione degli immigrati in maniera proporzionale alle capacità e al numero di abitanti di ogni singolo Stato.
L’Europa potrebbe anche farsi carico essa stessa di recarsi nei centri libici e nei paesi dell’area sub-sahariana per il trasferimento protetto dei migranti , tentando di porre fine alla vergogna dei campi di detenzione presenti in Libia. D’altra parte se la Libia vuole i soldi dell’Europa deve anche accettare le richieste europee.
3- Rivedere la missione Sophia. Ci si dovrebbe chiedere come mai le navi dell’operazione Sophia (sei navi di nazioni europee sotto la guida dell’Italia) nel 2017 hanno soccorso in mare solo 10.500 immigrati e gli altri (oltre 100.000) li hanno soccorsi le ONG. Non sarebbe più giusto stabilire un accordo con le ONG per pattugliare insieme il mare ed evitare anche tutti gli attacchi alle stesse ONG per i presunti collegamenti con i trafficanti, dal momento che la missione Sophia è stata pensata proprio per fermare i trafficanti?
4- Riscrivere la legge europea che impone l’esame delle richieste d’asilo dei migranti al primo paese di sbarco (regolamento di Dublino) definendo, invece, un percorso concordato che consideri i porti del Mediterraneo europei e non delle singole nazioni.
5- Lavorare con tutti i paesi europei per restituire “l’Africa agli africani”, cioè ridare le ricchezze prese con una politica di rapina (pozzi di petrolio, sfruttamento del territorio e delle sue ricchezze minerarie ecc.) e smettere di usarla anche come pattumiera di smaltimento dei rifiuti tecnologici dell’Occidente. Questo impone un intervento del mondo occidentale che favorisca negli anni un passaggio agli africani delle attività lavorative create dagli europei, americani e ora dai cinesi. Altrimenti parlare di aiutarli a casa loro è solo un esercizio verbale e una grande ipocrisia.
6- Investire nel recupero degli oltre 5.000.000 appartamenti abbandonati o mai ultimati, presenti su tutto il territorio nazionale (ma ancor più nel Sud d’Italia) che avrebbe due importanti benefici : rilanciare l’edilizia, creando posti di lavoro, e dare case dignitose a italiani e immigrati.
7- Potenziare la rete Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) che ha permesso l’integrazione e scoraggiato il “business dell’immigrazione”. Negli Sparar si dovrebbe lavorare per responsabilizzare gli immigrati creando cooperative di servizio, utilizzando anche le leggi già esistenti in Italia per questo settore. Purtroppo il decreto sicurezza di Salvini sembra proporre un progressivo smantellamento degli Sprar.
8- Verificare l’attività di tutti i Cara, alcuni dei quali sono venuti agli onori della cronaca per episodi di violenza, sfruttamento e spaccio di droga (Cara di Bari Palese, di Foggia Borgo Mezzanone e di Mineo a Catania). Alcuni vanno ridimensionati e alcuni chiusi, ma attraverso una programmazione seria. Certamente non “buttando” in strada tanti immigrati e togliendo posti di lavoro agli italiani impegnati negli stessi Cara, come sembra fare, in questi primi interventi, il nostro ministro degli interni Salvini.
9- Intervenire per ridare all’agricoltura italiana dignità lavorativa. Non si possono continuare ad usare gli immigrati come riserva di manodopera a basso costo (chi lavora nei campi é pagato anche solo 2 euro l’ora per dieci ore al giorno) per il profitto dei piccoli imprenditori italiani. Coltivare la terra non è possibile a prezzi sempre più bassi, perché questo determina solo sfruttamento e lavoro in nero.
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Infine due parole sul valore economico degli immigrati. Essi contribuiscono a un punto del PIL italiano l’anno (circa 12 miliardi) compensando le spese che lo Stato italiano sostiene nella manovra finanziaria, da alcuni anni, per la gestione dei flussi e degli arrivi (circa 5 miliardi di euro per anno con un contributo di appena 100 milioni di euro da parte della CE). Inoltre gli immigrati contribuiscono a creare il fondo pensioni dell’INPS, perché quelli di loro che lavorano in regola versano gli oneri al fondo INPS e nessuno di essi ha maturato ancora una pensione. Quindi sono una risorsa per l’Italia che ha una bassa percentuale di giovani che lavorano e molti di loro lasciano l’ Italia alla ricerca di un futuro migliore. Proprio per questo i governanti hanno il dovere di lavorare per dare un futuro civile agli immigrati e agli italiani, tendendo presente che le scelte nel medio termine avranno importanti ripercussioni sulle future generazioni e sui tanti uomini invisibili che popolano le nostre città.
Enrico Cillari