La poesia del natale affascina, sentimentalmente, cristiani e non cristiani. Ma, chi studia scientificamente i vangeli, scopre che di storico c’è poco o niente. Che fare dunque? La maggior parte della gente se ne frega del dilemma. Se qualcuno ci vuole meditare, e discutere serenamente, può partecipare all’incontro che terrò, per conto del “Centro di ricerca esperienziale di teologia laica”, presso la “Casa dell’equità e della bellezza” di Palermo (via N. Garzilli 43/a) martedì 8 gennaio 2019 alle ore 18,30 (ingresso gratuito, gradite piccole offerte libere per la gestione della Casa).Mi baserò principalmente sul volume – recentissimamente ristampato - di p. Ortensio da Spinetoli, Introduzione ai vangeli dell’infanzia, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2018, pp. 149, euro 15,00 (di cui riporto, qui di seguito, la mia prefazione):
QUESTO LIBRO: COME E’ NATO E PERCHE’ E’ RINATO
La mia generazione è stata sottoposta, negli anni della formazione, a una sorta di ricatto morale da parte di preti e catechisti: “Volete essere cristiani? Allora dovete credere che tutto ciò che è scritto nella Bibbia, specialmente nei quattro Vangeli, è storicamente vero parola per parola; se avete dubbi su questo o quell’altro passaggio, non potete considerarvi credenti”. Così venivano prospettate le cose per chi si preparava alla Prima comunione o alla Cresima su per giù al tempo del Concilio Vaticano II (1963 – 1965).
Da allora molte parrocchie, organizzazioni cattoliche e movimenti religiosi hanno fatto importanti passi in avanti: spesso (non sempre!) si insegna ai giovani che seguono le lezioni di catechismo che nei Vangeli, come in generale nella Bibbia, ci sono testi che appartengono ai generi letterari più diversi (il racconto storico, la predicazione omiletica, la preghiera liturgica, l’esortazione morale…) e che ciascuno di essi contiene qualcosa di essenziale (il messaggio teologico) e qualcosa di accidentale (la “forma” in cui viene presentato). Credente è chi accoglie il messaggio teologico e soprattutto s’impegna a viverlo concretamente nel quotidiano, non chi accetta letteralmente ogni possibile veicolo su cui tale messaggio viene trasportato.
Per far comprendere la necessità di distinguere i contenuti (validi, preziosi) dai contenitori (secondari, contingenti) molti studiosi hanno lavorato molto e persino sofferto molto: specie la Chiesa cattolica ha contrastato duramente, sin dal primo apparire, molte novità nei metodi d’interpretazione e ha condannato chi le ipotizzava all’emarginazione dalle cattedre universitarie e talora dall’esercizio del ministero presbiteriale. Ma la verità – in qualsiasi ambito e a qualsiasi livello si profili – finisce, prima o poi, col prevalere. Anche nel campo delle scienze (in questo caso delle scienze bibliche) si hanno continue trasformazioni: ma se non si può accettare come definitivamente vera una teoria (dopo un anno o un decennio qualche nuovo studioso può metterla seriamente in discussione), si possono cassare come definitivamente false altre teorie (che nessuno potrà mai seriamente riesumare). Dopo Tolomeo c’è Copernico, dopo Copernico Newton e Galilei, dopo Newton e Galilei c’è Einstein e così via senza un punto di arrivo definitivo: ma è ipotizzabile che qualcuno, tra un secolo o tra mille anni, possa scoprire che la Terra è il centro dell’universo, che è immobile e che sia il sole a girare intorno ad essa ?
Tra gli studiosi che hanno dedicato la vita alla esegesi (o spiegazione) delle Scritture c’è stato Ortensio da Spinetoli (1925-2015) al quale, per le sue tesi innovative, è stato tolto ogni incarico di insegnamento e persino vietato di vivere nei conventi dell’ordine dei Frati Cappuccini cui apparteneva. Quanti abbiamo avuto la fortuna di conoscerlo andavamo a trovarlo nella modestissima casetta del guardiano del cimitero di Recanati, la cui famiglia l’aveva generosamente accolto al momento dell’esilio e accudito sino alla fine.
Se si esclude un recente libro postumo di Ortensio[1], alcuni testi sono in via di esaurimento presso le varie case editrici e altri ormai del tutto introvabili (sia nelle librerie che in molte biblioteche). Tra questi un piccolo gioiello intitolato Introduzione ai vangeli dell’infanzia che è stato edito una prima volta dalla Queriniana di Brescia nel 1967 e, in versione “rivista e ampliata”, una seconda volta dalla Cittadella di Assisi nel 1976. Dalla seconda edizione sono trascorsi quarant’anni e più, ma – come accade ai libri scritti con convinzione e competenza – non sembrerebbe che la mole di studi pubblicati successivamente lo abbiano reso uno strumento superfluo. Lo specialista di scienze bibliche, ma soprattutto l’uomo di media istruzione che voglia capire (indipendentemente dalla sua personale posizione di fede religiosa) con quali accorgimenti scientifici accostarsi alle prime pagine di Matteo (1-2) e di Luca (1-2), troveranno delle indicazioni orientative semplici ma basilari: già illuminanti in se stesse, possono inoltre preparare a leggere ricerche più recenti e più approfondite sulla medesima tematica.
Tre notazioni ancora, prima di lasciare la parola a Ortensio da Spinetoli.
La prima di carattere tecnico: l’edizione del 1976 (che ripubblichiamo per gentile concessione di Cittadella Editrice) conteneva una bibliografia sterminata. Riprodurla oggi per intero sarebbe stato un “inutile fardello”: troppo pesante per chi si accosti ai testi evangelici da lettore curioso, ma digiuno di studi nel settore; troppo datata per chi, ben introdotto nelle discipline bibliche, lamenterebbe giustamente la mancanza di quella messe di titoli, altrettanto sterminata, che è fiorita negli ultimi quattro decenni. Ci siamo rassegnati, dunque, a operare dei tagli (si spera non troppo arbitrari).
La seconda notazione riguarda l’accettabilità delle tesi di Ortensio in base ai criteri dell’ortodossia ecclesiale. Questo libro del 1976 si chiude con un capitolo di “precisazione metodologica” in cui l’autore invitava l’esegeta, il teologo sistematico (o, come si diceva allora, “dogmatico”) e il membro della gerarchia ecclesiastica (papa o vescovo) ad accostarsi alla Bibbia con lucido senso dei limiti delle proprie competenze, non rispettando i quali “si cade nel razionalismo (a cui arriva l’esegeta che non si attiene alle segnalazioni dei teologi o ai richiami precisi dei maestri autorizzati), nell’arbitrarietà (quando il teologo interpreta qualsiasi libro biblico con il metodo e i mezzi suggeriti unicamente dalla sua disciplina), nell’abuso di potere (se da un’indiscussa competenza giurisdizionale si deducesse un’identica autorità in campo storico-filologico)”. Parole sante, si direbbe, che non hanno perduto certo di attualità. E che dovrebbero meditare soprattutto gli odierni paladini della restaurazione ecclesiale in scomposta agitazione contro quanti, come papa Francesco, praticano il rispetto delle competenze e dei carismi.
Nel 2014, un anno prima di spirare, il mite e coraggioso Ortensio scriveva: “Le mie indicazioni possono apparire troppo innovative, ma rispetto al progresso che ha fatto, sta facendo in questi ultimi anni e farà presto la scienza biblico-teologica, i competenti e gli informati non possono che definirle <<conservatrici>>”[2]. La sua considerazione è perfettamente valida anche per questo saggio sui vangeli dell’infanzia: un saggio che poteva apparire scandaloso negli anni Settanta del secolo scorso, ma che oggi risuona sin troppo timido se raffrontato a studi successivi come La nascita di Gesù tra miti e ipotesi del vescovo episcopaliano Spong [3].
La terza - e ultima - notazione è di carattere, per così dire, epistemologico. Pur sfrondato da molti riferimenti bibliografici, questo volume di Ortensio resta uno strumento “scientifico”. L’aggettivo suscita spesso diffidenza, se non ostilità: la Bibbia non va letta col “cuore” più che col cervello, con l’intuizione più che con la ragione analitica? Vero. Anzi, verissimo. Le scienze bibliche hanno, fra i tanti meriti, anche questo: ci dimostrano, in maniera difficilmente contestabile, in che senso il nostro accostamento alle Scritture debba essere caratterizzato da “ingenuità”. Non l’ingenuità dell’ignorante che confonde i “generi letterari”, che non distingue una fiaba da una testimonianza giudiziaria, che neppure sospetta la differenza culturale fra la sua epoca e i millenni lontani in cui sono state redatte le pagine che ha davanti in traduzione nella propria lingua. No: si tratta piuttosto della “ingenuità” laboriosamente conquistata da chi ha imparato a mettersi davanti a una pagina di poesia, ricca di simboli e di metafore, con atteggiamento ben diverso da quando esamina un documento storico o un trattato di filosofia teoretica. Ortensio da Spinetoli è tra quegli autori meritevoli che ci restituiscono la possibilità di respirare il fascino dei racconti sull’infanzia e l’adolescenza di Gesù di Nazareth, di lasciarci cullare dalla loro antica nenia popolare, senza per questo bloccarci a livelli di comprensione magica o miracolistica. Potremo serenamente raccoglierci in commossa meditazione davanti ai presepi natalizi pur sapendo di non essere davanti alla ricostruzione plastica di eventi accaduti esattamente come sono stati narrati dalle fonti canoniche ed extra-canoniche dell’ampia, variegata, tradizione cristiana. La poesia autentica è una verità più profonda, non un suo surrogato. In un certo senso, dopo aver letto questo libretto, potremo far nostra una considerazione di Pablo Picasso: ho dovuto lavorare sodo e impegnarmi a lungo per riuscire a dipingere come un bambino.
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
[1]L’inutile fardello, Chiarelettere, Milano 2017.
[2]Ivi, p. 65.
[3]J. S. Spong, La nascita di Gesù tra miti e ipotesi, Introduzione e cura di don Ferdinando Sudati, Massari, Bolsena (Vt) 2017.
PS: Mi hanno informato che p. Ortensio non è stato mai espulso formalmente dall'Ordine dei Cappuccini, ma messo di fatto nelle condizioni di dover chiedere ospitalità fuori dai conventi del suo Ordine.
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