“Repubblica – Palermo”
31.10.2018
VIVERE IN PROVINCIA ANZICHE’ IN CITTA’: SOLO UN RIPIEGO ?
Lodevole l’iniziativa del vescovo di Cefalù di chiamare a raccolta i sindaci del territorio diocesano per confrontarsi su come salvare dall’estinzione i piccoli comuni. La tonalità di fondo sembra riassumersi nell’esortazione a salvare il salvabile. Eppure non sono così sicuro che la strategia migliore sia questa sorta di gioco in difesa, di concentrazione in trincea. Vivere in provincia, infatti, oggi è un male minore da rendere sopportabile, ma – in linea di diritto – è un bene maggiore che vivere in grandi città. Tale è infatti per molti borghi dell’Italia centro-settentrionale e tale potrebbe essere anche dalle nostre parti se il buon Dio, per compensare l’eccesso di doni naturali alla Sicilia, non avesse creato i siciliani. Chi di noi ha visitato piccoli centri dell’Alto Adige e del Trentino, o anche della Toscana e dell’Umbria, viene colpito dalla cura con cui le comunità locali progettano, costruiscono, gestiscono e difendono gli spazi verdi, gli impianti sportivi, le salette cinematografiche. Non parliamo delle biblioteche che sono aperte tutti i giorni, spesso sino a sera tardi, e che – invece di limitarsi ad attendere sonnolentemente i pochi bibliomani un po’ matti – organizzano presentazioni di libri, cineforum, sessioni di letture e animazione per i bambini, conferenze sui temi più disparati, audizioni musicali, corsi di lingue straniere e ogni altra iniziativa presumibilmente interessante.
Quando i servizi essenziali – a cominciare dai collegamenti ferroviari con i capoluoghi di provincia – sono assicurati, i piccoli centri possono offrire una qualità della vita incomparabilmente più elevata rispetto alle metropoli: poco smog (almeno là dove è vietato sostituire l’antico passìo su e giù per il corso principale con l’andirivieni, a passo di lumaca, delle automobili), pochi rumori (tranne i giorni dedicati alle feste patronali), poche code agli uffici pubblici (almeno là dove gli impiegati non vengono tacitamente autorizzati a ciondolare fra il bar dell’angolo e il supermercato della piazza), più facilità di raccolta – anche differenziata - dei rifiuti. Internet comporta i suoi rischi dal punto di vista sia della qualità dell’informazione sia del pluralismo commerciale, ma non si può negare che costituisca anche una straordinaria opportunità per chi vive lontano dai grandi centri: egli, con pochi click, può consultare archivi lontani centinaia di chilometri o farsi consegnare a casa, in 48 ore, prodotti industriali che solo dieci anni fa si potevano acquistare a costo di pesanti spostamenti.
Man mano che le novità tecnologiche serviranno non solo a democratizzare la pornografia o a incrementare il pettegolezzo facebookianosu parenti, amici e conoscenti, ma anche a creare sana emulazione con altre zone d’Europa e nuove aggregazioni sociali nelle piccole e medie cittadine, la vita in provincia mostrerà i suoi innegabili vantaggi. Specie se i parametri di comparazione con la vita in città popolose non saranno solo, o soprattutto, di tipo produttivo e consumistico. La brevità dei percorsi, a piedi o in bicicletta, da casa al posto di lavoro; la prossimità al mare o ai boschi; la facilità di spostarsi per visitare un congiunto anziano o per gustare una granita al bar con una persona cara; la possibilità di rallentare i ritmi quotidiani avvicinandoli alle originarie possibilità del nostro organismo psico-fisico…ecco altrettante chance offerte dai borghi minori. Forse, un giorno, decidere di trasferirvisi smetterà di essere un ripiego e diventerà sempre più un obiettivo consapevole. Almeno per quanti non avranno paura di un po’ più di silenzio, di tempo per sé e per i propri cari, di sana lentezza.
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
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