"Adista - Notizie"
8 - 9 - 2018
"I vescovi di Sicilia si stanno interrogando sulla necessità di passare dalla riflessione ai fatti, meno proclami - pur importanti per risvegliare le coscienze - e più azioni fattive per liberare questi nostri fratelli. Dopo le belle riflessioni, occorre subito mobilitarsi: magari salendo sulla Diciotti e fare con loro lo sciopero della fame? O qualche altra iniziativa di solidarietà che manifesti il volto popolare di una Chiesa impegnata fattivamente su questo problema?". Dopo queste dichiarazioni del vescovo di Noto, monsignor Antonio Staglianò, delegato della Conferenza episcopale siciliana per le migrazioni, Salvini ha dato finalmente il permesso dello sbarco dei migranti sequestrati, nel porto di Catania, in una nave della Guarda costiera italiana. L’evento merita qualche considerazione.
Innanzitutto: il post hoc non vuol dire necessariamente propter hoc. In termini più familiari: non sempre ciò che accade dopo un fatto (in questo caso la dichiarazione episcopale) accade in conseguenza del medesimo. Sappiamo che, nelle stesse ore, la curia romana (su input più o meno esplicito del papa) aveva attivato alcune vie diplomatiche di pressione. Molto probabilmente, senza quelle più elevate manovre, Salvini non si sarebbe lasciato commuovere dalle dichiarazioni di Stagilanò e avrebbe reagito con la stessa arroganza con cui ha reagito al discorso sullo stesso tema, e con gli stessi argomenti, dell’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice per il festino di santa Rosalia.
Ma come mai uno spirito raffinato come il leader della Lega (che pare trovarsi al di qua della possibilità di optare fra fede, agnosticismo e ateismo) ha ceduto alle pressioni clericali? Perché – siamo a una seconda considerazione – molti dei suoi elettori si ritengono cattolici. Qualche statistico sostiene che si tratta del 60 % circa. Più di metà saranno cattolici per tradizione, per conformismo, per appartenenza campanilistica…ma almeno una minoranza conserverà nell’animo qualche eco del messaggio biblico in generale ed evangelico in particolare. Dai comandamenti del Primo Testamento (“Ama il prossimo tuo come te stesso” di Levitico 19,18 che, secondo qualche rabbino, potrebbe significare “ama il prossimo tuo perché è te stesso”) al Secondo Testamento (“Qualsiasi cosa avrete fatto al più piccolo dei miei fratelli, l’avrete fatto a me stesso” di Matteo 25,40).
Adesso, però, dopo la protesta si attende la cooperazione più attiva e più corale delle comunità cattoliche siciliane alla scottante problematica dei migranti. Ecco una terza e ultima considerazione. Anche in collaborazione con altre chiese cristiane (Valdesi in prima linea) la Caritas (presieduta, tra l’altro, a livello nazionale dal vescovo di Agrigento, Francesco Montenegro, che è anche l’unico cardinale dell’isola in servizio) ha già compiuto dei gesti concreti: ma non certo adeguati né alle possibilità finanziarie delle chiese cattoliche italiane né, ancor meno, alla gravità del momento storico. Il diritto alla critica a posizioni governative poco umane, e ancor meno cristiane, è direttamente proporzionale al dovere di testimoniare – nelle comunità religiose, nelle parrocchie, nelle famiglie che si dicono cattoliche – che la fede non è essenzialmente apparato ideologico né ancor meno dogmatico, bensì pratica di accoglienza e di promozione dell’altro in quanto segno dell’Altro.
Direttore della Casa dell’equità e della bellezza di Palermo
www.augustocavadi.com
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