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12.5.2018
Dopo Il pretesto (2011) e Vecchi omicidi (2013) , Sergio Velluto continua a divertirsi, e a divertire, raccontando storie di per sé non proprio divertenti: storie di ancestrali rancori, trame di spionaggio, delitti efferati consumati con fredda determinazione (senza neppure l’attenuante del raptus passionale o dell’alterazione momentanea della coscienza). Lo fa con il gradevolissimo Delitto a Ostriconi (Web & Com, Torino 2015, pp. 213, euro 12,00: per acquisti www.delittoaostriconi.it/privacy.php) ambientato in un’isola del Mediterraneo meno gettonata dai turisti, ma non meno attraente dal punto di vista naturalistico, di Sicilia e Sardegna: la Corsica. Un’isola storicamente segnata dall’insofferenza verso dominatori di ogni bandiera ma, come spesso accade nelle isole, tendente a nascondere – dietro lo scudo dell’autodifesa nazionalistica – perenni tensioni interne fra partito e partito, famiglia e famiglia, individuo e individuo della medesima famiglia. In questo racconto il groviglio dei sentimenti è complicato dal groviglio oggettivo delle situazioni determinatesi storicamente: Marianna, infatti, è stata accolta e allevata come una figlia da Fiorenzo e Pauline, pur essendo anagraficamente figlia di Michel e Maria. Maria è anche la madre biologica, ma l’ha concepita in una notte di passione con Renato, provocando l’ira omicida di Michel, il marito tradito. Da lì tutta una catena di vendette che si conclude solo quarant’anni dopo in maniera inaspettata (e dunque irriferibile in una recensione che non voglia rovinare il gusto della suspense all’eventuale lettore). Possiamo solo rivelare che l’esistenza di Marianna si intreccia con le vicende di Eva, una sorellastra (nata dallo stesso padre, Renato, all’interno di un matrimonio canonico con Sara) che abbiamo conosciuto in un romanzo precedente: donna dalla vita avventurosa e dalle molteplici relazioni sentimental-sessuali, trasferitasi da parenti in Israele dopo la morte prematura della madre e arruolatasi, da adulta, nel Mossad.
Velluto, come è logico per uno scrittore di letteratura, non ha di mira altro obiettivo che il piacere di raccontare le vicende dei personaggi, senza scopi etici o pedagogici. Ciò non impedisce, tuttavia, di notare che nel turbinio delle azioni e delle reazioni ci sono alcuni che nutrono con cura i propri desideri di vendetta e altri che ricorrono a “una rosa” per spegnere il risentimento altrui nei propri confronti: ed è a questi ultimi, meno cerebrali e più spontaneamente passionali, che alla fine la vita riserva una sorte meno dolorosa. Aspettando sulla riva del fiume che passi il cadavere del nemico si pregusta il sapore della rivincita, ma non ci si accorge di invecchiare e di incattivirsi: dunque non si avverte la punizione che, intanto, si sta comminando a sé stessi. Molto più spesso di quanto non si supponga, perdonare conviene.
Augusto Cavadi
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