martedì 17 luglio 2018

GIACOMO DI GIROLAMO SUL "PEPPINO IMPASTATO" DI AUGUSTO CAVADI


Tp24.it (28/06/2018) 

Claudio Fava è lo sceneggiatore del film "I Cento passi", quello che ha reso popolare la figura del giornalista e intellettuale Peppino Impastato, ucciso a Cinisi dalla mafia nel 1978. Impastato è oggi una delle figure più "abusate", nel santurario dell'antimafia. L'ultimo libro pubblicato su di lui è di Augusto Cavadi. Si chiama "Peppino Impastato, martire civile", ed è un libretto prezioso, come tutti le pubblicazioni di Cavadi, devo dire, perchè parlano di cose difficili come la mafia con parole chiare, argomentazioni solide, ottima scrittura, pazienza. E insomma, questo libro comincia con questa frase: "Anche se quasi coetanei, e iscritti alla stessa facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Palermo, non ho mai conosciuto Peppino Impastato". In tempi in cui tutti si vantano di essere stati allievi di Borsellino, amici di Impastato, depositari dei segreti di Rostagno, la semplicità di Cavadi (prima del 1985, aggiunge, non sentirà parlare di lui...) è disarmante. E insomma, nel libro, ad un certo punto si cita un articolo di Ambrogio Cartosio del 2005, apparso sulla rivista Limes. Cartosio è stato anche sostituto procuratore a Trapani. E in questo testo dice delle cose importanti, attuali, che è giusto inserire qui, alla fine di questo lungo doppio articolo, se non vogliamo continuare a fare l'antimafia vendendo "pignate". Sono frasi che dovrebbero essere mandate giù a memoria, soprattutto oggi, soprattutto a Trapani:
"Si deve evitare di mitizzare troppo la mafia, di considerarla potente o invincibile. E' irritante, per chi ha speso anni della propria vita per contrastarla, sacrificando anche la propria libertà, sentir dire che nulla è stato fatto, o che nessun risultato è stato ottenuto, o che la mafia è più forte di prima. Non è vero. Da vent'anni a questa parte, centinaia di mafiosi vengono processati e condannati, molti scontano l'ergastolo (....). Inoltre, fino a non più di una dozzina di anni fa nelle forze dell'ordine e nella magistratura erano in pochi a combattere la mafia; oggi le persone impegnate su questo fronte sono un esercito. Non è nemmeno serio esagere le proporzioni delle associazioni mafiose, presentandole come autentiche dominatrici del mondo, o enunciare dati spropositati sui loro fatturati, parlando (non si sa bene sulla base di quali dati, di quali registri, bilanci o scritture contabili) di incassi di migliaia di miliardi, in una gara a chi stupisce di più sparando le cifre più alte. E' un atteggiamento superficiale e deleterio. Si pensi l'effetto che può avere l'enunciazione di questi dati su un ragazzo di Siculiana, cui si presentino le seguenti, reali prospettive: emigrare, rimanere, conducendo una vita di disoccupazione e di stenti; affiliarsi alla grande holding internazionale dal fatturato iperbolico". 

Giacomo Di Girolamo

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