LAVORARE
ANCHE IL PRIMO MAGGIO ?
Il Primo Maggio, come il 25 Aprile e in
molte altre festività, numerosi lavoratori (nei trasporti, nella sanità,
nell’ordine pubblico, nel turismo…) saranno impegnati necessariamente . Ma
quanti lo saranno ingiustificatamente, solo in omaggio al consumismo e al vuoto
esistenziale che esso deve tentare di riempire? Grandi magazzini, ipermercati, boutique: persino le rivendite di una
certa marca di divani perennemente in svendita da alcuni anni. E’ vero:
nell’immediato questa liberalizzazione selvaggia del commercio favorisce titolari
delle aziende, clienti e persino i dipendenti addetti alle vendite (almeno nei
casi in cui gli venga riconosciuta l’indennità straordinaria del lavoro
festivo). Ma alla lunga distanza? Siamo sicuri che il gioco (massacrante) valga
la candela ?
La Bibbia (“codice culturale” dell’Occidente, a
prescindere dall’eventuale origine soprannaturale), ripresa e adattata dal
Corano, ha indotto i seguaci delle tre maggiori religioni monoteiste a
stabilire come sacro un giorno di riposo settimanale: il venerdì (per gli
islamici), il sabato (per gli ebrei), la domenica (per i cristiani). Il
precetto della pausa, dell’intervallo fra una serie di fatiche e la successiva,
mira certamente a ricordarsi dell’Eterno; ma, almeno altrettanto, a regalare
una tregua agli esseri umani, agli altri animali, persino alla stessa terra. Che
la prima motivazione, di ordine teologico, sia oggi offuscata e incerta è un
dato di fatto (per molti versi comprensibile); ma perché misconoscere la
seconda motivazione, di ordine antropologico?
E’ qui in
questione un’idea generale di uomo e un progetto complessivo di civiltà.
Riteniamo che la felicità – o per lo meno la serenità – consista
nell’acquistare e nel consumare o non piuttosto, più ancora, nel fruire di ciò
che è bello e nel condividere ciò che si possiede? Come ripeteva Erich Fromm
quando eravamo giovani, nell’avere
(molto) o nell’essere (più) ?
Vogliamo una società che corra verso l’autodistruzione di sé e del pianeta o,
invece, che curi il benessere psicofisico di tutti i viventi ? Puntiamo sugli
ideali olimpionici del “più veloce, più alto, più forte” o, secondo il
suggerimento di Alexander Langer, del “più lento, più profondo, più dolce”?
La politica
dovrebbe dare una propria risposta. Ma, a parte ogni altra considerazione, sarà
in seconda battuta: la prima mossa, l’imprinting,
spetta alla cittadinanza. E noi, uomini e donne della strada, possiamo
esprimere la nostra opinione, prima ancora che con il voto, con le nostre
scelte economiche. Per esempio rifiutandoci di spendere, nei giorni
festivi, un solo euro per beni e servizi
non strettamente indispensabili. Un costante, testardo, sciopero dei consumi –
se praticato da consistenti settori della popolazione - potrebbe indurre gli
imprenditori a rivedere la propria filosofia: forse sino al punto da intuire
che la “decrescita felice” (Maurizio Pallante) restituirebbe a loro per primi
il gusto di riscoprire le ricchezze gratuite della vita. Epicuro lo aveva
insegnato secoli prima di Gesù: “Le cose buone e necessarie sono facili ad
ottenersi. Difficili da conquistare sono le cose inutili e superflue”.
Augusto Cavadi
http://livesicilia.it/2018/04/29/quel-giorno-di-riposo-che-diventa-fatica_955464/
1 commento:
Non si insegna a pensare chiudendo semplicemente i grandi magazzini. Sarebbe troppo facile
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