2.4.2018
LA MAFIA DESNUDA DI AUGUSTO CAVADI
(recensione di Antonio Cangemi)
C’è antimafia e antimafia. L’esperienza testimonia che tante
iniziative di contrasto alla mafia sono solo di facciata o mosse da intenti
strumentali; altre sono sincere e disinteressate. L’antimafia di Augusto Cavadi
rientra di diritto tra quelle genuine. Nel suo ultimo libro “La mafia desnuda”
edito da Di Girolamo, Cavadi ci racconta “l’esperienza della Scuola di
formazione etico-politica ‘Giovanni Falcone’ “ (che peraltro è il sottotitolo
del volumetto) cui il saggista palermitano ha dato vita. La Scuola di
formazione “Giovanni Falcone” è nata nel 1992 come reazione alle stragi
di Capaci e di via D’Amelio, ma è lo sviluppo del “Laboratorio di cultura
politica permanente itinerante e pluralistico” avviato già anni prima per
volontà dello stesso Cavadi. Nel breve saggio “la mafia desnuda”, Cavadi
illustra le ragioni che condussero a trasformare la più tiepida esperienza del
Laboratorio in quella – incalzata dall’ansia di risposta all’angoscia provocata
dalle stragi mafiose e supportata da una più avvertita esigenza d’impegno-
della Scuola di formazione. Con l’onestà intellettuale che lo contraddistingue,
Cavadi espone i momenti di maggiore vitalità di questa esperienza (non ancora
conclusa) e quelli di parziale affievolimento della partecipazione e degli
interessi; la sua narrazione non si fa mai ingabbiare da tentazioni
narcisistiche, né scade in manifestazioni autoreferenziali. Con esemplare
oggettività, Cavadi mette in rilievo i punti di forza e i limiti dell’
iniziativa. Che è un’iniziativa fondata sul volontariato. E proprio sul
volontariato Cavadi, in uno dei vari documenti contenuti nel libro, ci offre la
sua “diagnosi critica”, assai interessante. Le associazioni di volontariato
spesso rischiano di spegnersi dopo pochi mesi di vita e di non incidere
sufficientemente sul tessuto sociale e, quel che è peggio, possono essere
strumentalizzate da un sistema di potere non cristallino e insensibile alle
istanze sociali. Da qui – spiega Cavadi – la necessità che il volontariato vada
oltre la “solidarietà corta”, abbia cioè una prospettiva politica, sia legato
alla polis, non sia disancorato dal contesto civile entro cui si muove; inoltre
il volontariato, affinché non si esaurisca in soccorsi immediati privi di
progettualità, deve reggersi su basi culturali solide. Perciò la scuola
Falcone, pur essendo essa stessa volontariato, si è rivelata e
continua a rivelarsi fonte di sostegno di tante altre iniziative fondate
sull’impegno volontario. Promuovere dibattiti, seminari, tavole rotonde sui
temi della mafia rivolti ai cittadini tutti e non solo agli addetti ai lavori,
educare a meditare sull’agire nella legalità – il fine perseguito dalla Scuola
Falcone- serve a smuovere le coscienze, a spazzare l’indifferenza, a promuovere
l’impegno civile e con esso a figliare iniziative. “La mafia desnuda” è ricca
di riflessioni. Tra di esse si segnala quella riferita alla “filosofia-in-
pratica”- di cui l’autore è uno dei più partecipi esponenti – e alla sua
possibile interlocuzione con l’universo mafioso. La filosofia può interagire
con i mafiosi? Sì, secondo Cavadi, purché si spogli di supponenza e di
sovrastrutture dogmatiche. Il fatto stesso che un mafioso accetti di
confrontarsi con la filosofia è segno di un suo allontanarsi dalla prigione di
una mentalità – quella mafiosa – chiusa e diffidente sino agli estremi.
Nel libro, infine, sono presenti diverse indicazioni sulla Scuola Falcone: la
sede, lo statuto, i soci, il sito web, i recapiti cui potersi rivolgere per
dare il proprio contributo all’associazione. Non occorrono requisiti
particolari per essere accolti dalla Scuola: basta solo essere animati – come
lo sono tantissimi palermitani e siciliani anonimi – da spirito di “resistenza”
alle logiche mafiose o paramafiose del potere privo di forza etica.
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