“Repubblica – Palermo”
14.4.2018
L’ENIGMA DEL BUS: IL BIGLIETTO NON SI TROVA E, SE SI
TROVA, NON SI TIMBRA
Bus e tram sono l’unica alternativa al caos tossico
della mobilità urbana effettivamente accessibile a una popolazione mediamente
non proprio benestante come la palermitana. Perché, allora, se ne trascura
irresponsabilmente la funzionalità?
Il buongiono,
anzi il cattivo giorno, si vede sin dall’inizio: sei a una fermata del bus,
fosse pure un capolinea, e nessuna tabella – né stampata né tanto meno
elettronica – ti informa su quando potrai salire in una vettura, o per lo meno
su quando sarebbe teoricamente previsto. Ti affidi agli imperscrutabili decreti
della provvidenza o del caso o del destino, a seconda della tua prospettiva
filosofica preferita. Non è così non solo a Milano o a Torino, ma neppure in
città più piccole di Palermo come Brescia o Trento.
Una volta
sopra il bus noti con sorpresa che nessuno vidima il biglietto: tutti abbonati?
Il dubbio amletico ti accompagna per l’intero tragitto dal momento che – se non
sei su una linea centrale come il 101 – è statisticamente assai probabile che
non vedrai nessun controllore. Decine di volte a settimana, centinaia di volte
l’anno utilizzo una linea che dalla periferia (Vergine Maria) arriva al centro
città (piazza Crispi, più nota come piazza Croci): posso attestare, anche sotto
giuramento davanti a una corte giudiziaria, che il controllore non passa più di
una volta ogni mille. E forse è meglio così. Infatti, quando passa, succede di
tutto: da passeggeri che tirano fuori dalla tasca il biglietto per timbrarlo
come se non fossero già su da molte fermate a passeggeri che sostengono di
dover scendere con urgenza perché non si erano accorti di esser saliti sulla
vettura sbagliata. Ciò che di più diseducativo – diseducativo per i ragazzi, ma
non meno per gli adulti – è il caso non infrequente di passeggeri (ormai
arcinoti) che sfidano apertamente il (rarissimo) controllore: “Non ho il
biglietto né ho i soldi per comprarlo. Mi avete mandato cinquanta multe a casa:
mandatemene altre cinquanta!”. Non so in
altre occasioni, ma quando sono stato testimone della scena la signora o il
signore in questione sono rimasti seduti e il controllore ha preferito fare
spallucce e sorvolare. Facile immaginare i commenti di quei pochi passeggeri
che, pur non nuotando nell’oro, di ritorno dal cimitero dei Rotoli si erano
forniti del titolo di viaggio prescritto: infatti la differenza fra il
povero-povero e il povero-così-così non è facile da determinare e per
quest’ultimo suona offensiva l’indulgenza riservata al primo. Non sarebbe
preferibile che l’Amat prevedesse, ovviamente sulla base di documentazione
oggettiva, degli abbonamenti gratuiti per i nullatenenti anziché lasciare
all’arbitrio di alcuni (passeggeri) dichiararsi impossibilitati a pagare e di
altri (controllori) accettare l’estemporanea dichiarazione di indigenza? E’ sin
troppo nota la legge sociologica per cui i comportamenti illeciti sono molto
più contagiosi dei comportamenti civici.
A scoraggiare
i quali, infine, l’Amat contribuisce con due incredibili fenomeni. Il primo:
due o tre rivendite autorizzate mancano di biglietti da vendere, allora ti
rechi in uno dei pochi punti della città dove sono in vendita direttamente
dall’Amat, ma non di rado – una volta al mese, una volta ogni tre mesi? – il
passeggero armato di buona volontà si sente rispondere: “Ne siamo sprovvisti,
sono esauriti”. Che una volta ogni dieci anni possa accadere questo sarebbe
strano, ma comprensibile; stranissimo, e incomprensibilissimo, è che questo
disservizio si verifiche più volte in un anno. Stento a ipotizzare che ciò
avvenga in aziende, pubbliche o private, nel mondo civile: chi può permettersi
di perdere centinaia, forse migliaia di euro, solo perché ci si rivolge in
ritardo a una tipografia o ci si rivolge tempestivamente a una tipografia che
consegna i biglietti in ritardo?
Come se la
penuria di biglietti – quasi fosse una carestia dovuta a eventi metereologici
imprevedibili – non fosse abbastanza, l’Amat aggiunge autolesionisticamente
un’altra furbata: lascia una vettura su tre con la macchinetta vidimatrice
fuori servizio. Il passeggero che ha
deciso di pagare il biglietto anche per compensare i molti che non lo fanno e
quindi per non far chiudere un servizio pubblico essenziale; che non ha trovato
dal giornalaio sotto casa i biglietti da acquistare e ha fatto il giro del
quartiere per procurarsene; una volta salito sul bus, infine, deve sentirsi
dire dall’autista cui si è rivolto per verificare se , per caso, la macchinetta
fosse spenta anziché rotta: “Usi una sua penna e segni ora, giorno, mese e anno
sul biglietto: è come se fosse timbrato”. Se davvero ha con sé una penna
funzionante, e la mette in funzione, merita almeno una medaglia d’oro al valor civile. Cosa
meritino i dirigenti dell’Azienda Municipalizzata Auto Trasporti non sta a me
stabilirlo; toccherebbe piuttosto al Consiglio comunale e soprattutto alla
Giunta in carica.
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
5 commenti:
Ho girato l'articolo all'AMAT tramite un'amica che fa parte del Consiglio di Amministrazione. Trascrivo la mia segnalazione.
"Cara Alessandra
Innanzitutto Buona Pasqua (avevo il cellulare fuori uso e non ho potuto risponderti, ma non è mai troppo tardi).
Ti scrivo quale Consigliere AMAT (avrai già sperimentato che in queste cose ci sono onori ed oneri).
Sicuramente avrai letto l’articolo su Repubblica sul pagamento discrezionale dei biglietti degli autobus. Te lo allego, è del mio amico Augusto Cavadi che, appena ha saputo che sei amica mia, mi considera co-responsabile di tutte le disfunzioni dell’azienda e non mi rivolge più la parola!
Possiamo assicurargli che ve ne occuperete?
Ciao Pietro
Caro Pietro,
interrompo il mio silenzio di protesta nei tuoi confronti (Iniziato da quando so che sei amico di una Consigliera dell'Amat, cioè due minuti fa) per ringraziarti di aver evidenziato alla Sua attenzione il mio modesto appello.
Buona domenica a entrambi,
A.
Buon pomeriggio al professor Cavadi e a Tutt*.
Mi permetto di (ri)proporre un mio articoletto del 14 Agosto 2016.
https://www.facebook.com/notes/agostino-marrella/perch%C3%A9-non-si-pu%C3%B2-potrebbe-fare/10154528396089875/
I disservizi sono la regola in questa nostra città che potrebbe essere migliore di quella che è e che ahimè sembra voler sempre restar indietro...saluti dal Trentino
Caro professore , l'inefficienza che lei segnala non é l'unica che riguardi i servizi pubblici di questa citta'; non c'é settore esente da difetti piu' o meno vistosi ;ognuno di noi puo' constatarli ogni giorno , a volte ricevendone danni alla propria persona. Guardi lo stato delle nostre strade , la pericolosita' dei nostri marciapiedi , della circolazione automobilistica , L'inefficienza della raccolta dei rifiuti , la mancanza di spazzamento delle nostre strade . Ricordera' a tale riguardo che la dirigenza della RAP aveva annunciato un piano di spazzamento ; che cosa ne é stato ? Lei sa che la strada dove é la mia abitazione , che non é affatto secondaria , é al buio da ben otto anni ; che per ottenerne lo spazzamento devo farne segnalazione all'URP del Comune ? I n altri casi , pero', neanche questo é stato sufficiente ! E allora , che ha da fare un cittadino ,che purtuttavia , a fronte di servizi non resi é onerato di gravosi tributi ? E pero' questa é la citta' della cultura !
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