“Repubblica – Palermo”
10.3.2018
I CINQUE STELLE E IL RISCHIO POST IDEOLOGICO
La storia
anche recentissima (vedi parabola da asteroide di Crocetta e Megafono) dimostra
ad abundantiam che, anche e
soprattutto in Sicilia, vincere le elezioni è difficile, ma molto più difficile
saper gestire la vittoria senza disperderne il patrimonio morale e direi
psicologico.
Il Movimento
Cinque Stelle non può farsi illusioni: ha raccolto una valanga di voti per
esclusione (quello no, quell’altro neppure, proviamo con questi): qualche passo
falso gli sarà ancora una volta perdonato dal suo elettorato, ma non se saranno
brevi interruzioni di un lungo, noioso, immobilismo. Il voto emotivo è, per natura
sua, volatile: facile ad arrivare, ancor più facile a decollare verso altri
lidi (astensionismo incluso),
Innanzitutto,
dunque, il Movimento dovrà corazzarsi nei confronti delle silenziose, ma
tenaci, infiltrazioni clientelari e specificamente mafiose: Cosa nostra non ha
preferenze ideologiche, ma avverte prontamente l’odore dei potere. Essa è
specialista nell’arte che Ennio Flaiano attribuiva agli italiani in generale:
correre in aiuto del vincitore.
Un secondo
pericolo, a mio avviso ancor più grave perché intrinseco al DNA stesso di
questa formazione politica, è di orientare la barra del timone ora a destra ora
a sinistra ora a centro secondo gli umori della rete telematica (o, meglio, di
quegli utenti di internet che, non avendo molto da fare né per studio né per
lavoro, sono devoti contemplatori dello schermo del computer e attivissimi
manovratori del mouse). Questa strategia, eccellente per pescare voti
da ogni angolo della piazza elettorale, è altrettanto efficace per perderli
nella tornata successiva. In proposito sarà decisivo, a mio avviso (e
soprattutto a mia speranza), il ruolo di molti “esterni” eletti in Parlamento e
che, dalla mattina del 5 marzo, non potranno che considerarsi “interni” al
Movimento. Molti di loro hanno avuto il voto proprio per le competenze
professionali dimostrate in lunghi anni di militanza nel campo della sanità
pubblica o della finanza etica o dell’imprenditoria pulita: dovranno tradurre
questa esperienza pregressa in altrettanta competenza politico-amministrativa. Sono
diventati nella società civile ciò che sono perché hanno letto, studiato,
riflettuto, operato: dovranno non solo continuare con questo livello di
impegno, ma pretenderlo – o per lo meno stimolarlo – nei compagni di cordata.
Su questo punto cruciale si profila un nodo micidiale: l’equivoco del movimento
– per riprendere Di Maio – “post-ideologico”. Significa che alcune
contrapposizioni del XX secolo, per esempio fra dittatura del partito fascista
e dittatura del partito comunista, sono ormai superate dalla condivisione della
Carta costituzionale (tranne che in frange rumorose di ignorantelli complessati
di ogni colore)? Significa che molte questioni legislative devono essere
affrontare prima di tutto con buon senso e poi filtrate alla luce di sacri
principi universali? In questo senso ben venga la post-ideologia. Ma se
significa ignorare che le vecchie contrapposizioni sono state sostituite da
nuove visioni-della-società (per esempio la concezione di una società chiusa,
identitaria, militarizzata, fortemente diseguale al proprio interno e
concorrenziale all’esterno, da una parte; e il progetto di una società aperta,
solidale al proprio interno e proiettata alla promozione del bene comune
dell’umanità in politica estera, dalla parte opposta), e che queste idee-di-umanità
e di civiltà condizionano alla radice molte opzioni che sembrano puramente
tecniche e burocratiche, allora lo slogan della “post-ideologia” diventa
confessione o di cecità o di cattiva fede.
Lo abbiamo ascoltato e ripetuto infinite volte: la crisi delle ideologie
libera le società occidentali da dogmatismi intollerabili che hanno portato ai
disastri del XX secolo, ma non può diventare deserto di ideali e di idee.
Altrimenti la politica scade a improvvisazione dilettantesca e rischia di far rimpiangere
i vecchi volponi che sapevano sin troppo bene dove eravamo e soprattutto dove
volevano portarci.
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
3 commenti:
Concordo pienamente con le tue riflessioni. Grazie.
Secondo me, caro Augusto, speri troppo nella possibilità(e anche capacità) degli "esterni" eletti in Parlamento di poter decidere alcunché. Finora niente c'è stato di più verticistico del M5S!!
Su tutto il resto delle tue considerazioni non puoi che considerarmi d'accordo, anzi più che d'accordo.
Interessante la post-ideologia intesa come liberazione dalle ideologie da non concepirsi, però, come approdo a "un deserto di ideali e di idee". Fortemente condivisibile la possibilità di dar forma ai due nuclei di pensiero che portano alla distinzione fra "società aperte" - "società chiuse" e alle contrapposte "vision" dell'umanità che vorremmo. Ma, pur aspirando per DNA alla concezione delle "società aperte", rimane arduo combattere la corruzione sistemica e i poteri forti capaci di trasformare le menzogne in stupide storie da raccontare a chi, credulone o spaventato, va ad ingrandire la massa del "popolo volgo". Capita, così, che un prete (di costumi non sempre cristallini) inviti S. Latouche a parlare di decrescita e a far sognare un mondo migliore, pulito e senza oppressi e oppressori. Se quel prete proprio non riesci a collocarlo nel bel sogno economico, politico e sociale di Latouche. Che fare? Ci sarà un modo per far si che la politica (l'arte del vivere bene insieme) la facciano le donne e gli uomini giusti in un continuo dialogo di tutti con tutti?
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