Riporto un articolo del mio amico Elio Rindone ospitato su www.italialaica.it
il 21.06.2017.
Non è un 'post' di facile consumo, ma un testo da leggere quando si ha un po' di tempo (e di voglia) per decifrare il linguaggio ironico e soprattutto per riflettere sulle questioni serissime che solleva. Qualcuno obietterà che sono questioni di difficile soluzione: è vero, ma se un problema non viene neppure visto più come un problema la soluzione, da ardua, diventa impossibile.
UN NUOVO SPETTRO SI AGGIRA PER
L'EUROPA: IL WEB
Finalmente se ne sono
accorti: era ora! Il 23 novembre 2016 l’Europarlamento ha approvato una
risoluzione per contrastare la crescente disinformazione nei confronti
dell’Unione europea, e ha proposto l’istituzione di una lista nera delle fonti
dei media sospettate di fare propaganda ostile
nei confronti dell’Ue.
Il 30 dicembre,
in un’intervista al Financial
Times, il presidente dell’Antitrust, Giovanni Pitruzzella, ha detto che,
per evitare che Internet resti un Far West, bisogna creare una rete di agenzie
pubbliche che si occupino di bonificare il web sulla base di parametri di verità
stabiliti dallo Stato.
Il 31 dicembre,
in un’intervista a Repubblica, il ministro della
giustizia, Orlando, ha dichiarato che i social sono diventati il principale strumento
per veicolare messaggi di odio che sono spesso il presupposto per la
radicalizzazione violenta, e che la loro diffusione è così rapida che la
giurisdizione, con gli strumenti tradizionali, non ce la fa a
contrastarli.
Buon ultimo, il
Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo messaggio di fine anno
ha anzitutto ricordato che c’è un insidioso nemico della convivenza, su cui, in
tutto il mondo, ci si sta interrogando, quello dell’odio come strumento di lotta
politica, e ha poi precisato che in particolare il web, quando vi penetrano
l’odio e la violenza verbale, da grande rivoluzione democratica rischia di
diventare un ring permanente, dove verità e falsificazione finiscono per
confondersi.
Ben detto, e non
possiamo non rallegrarci di questa rinnovata Santa Alleanza di forze nazionali e
internazionali. È stato individuato il nemico: quei movimenti che mettono in
pericolo la tenuta delle istituzioni, nazionali ed europee, e che possiamo
chiamare ‘populisti’ perché, mentre proclamano di voler tradurre in atto la
volontà popolare, con particolare attenzione alle classi più povere, in realtà
assecondano demagogicamente le aspettative della parte più incolta e arrabbiata
della popolazione, anche le più becere, senza preoccuparsi della loro validità e
realizzabilità.
Ed è stato
individuato il principale strumento di cui si servono queste forze oscure
dell’anti politica per la loro opera distruttiva: il web. Mentre si dicono mosse
dall’indignazione, intesa come coraggiosa manifestazione di disgusto, disprezzo
e collera di fronte alle ingiustizie e ai soprusi messi in atto dalle classi
dirigenti, in realtà esse inondano la rete di messaggi che trasudano livore,
astio e malanimo verso la cosiddetta casta e i suoi rappresentanti più in vista,
accusati di ogni nefandezza: dalle pulsioni autoritarie alla corruzione, dalla
connivenza con gli evasori fiscali alla difesa dei banchieri.
Lo strumento è
davvero pericolosissimo, perché incontrollabile, dato che tutti possono
servirsene: dal primo degli imbecilli all’ultimo dei nullatenenti. Da tempo,
infatti, noi difensori delle istituzioni siamo estremamente preoccupati. Con le
nostre risorse economiche e grazie ai nostri partiti di riferimento potevamo
controllare agevolmente quasi per intero l’informazione radio-televisiva e
cartacea: ma se invece chiunque può mettere in rete la propria opinione, sarà
veramente difficile far prevalere i buoni sentimenti, e le idee corrette
sostenute dai nostri bravi giornalisti, sulle parole di odio e sulle falsità
propalate da chi vuole a ogni costo delegittimare le istituzioni.
È dunque il
momento di passare dalle parole ai fatti e, senza perdere altro tempo,
imbrigliare subito la rete. Nessuna voglia di censura, per carità! Noi abbiamo
sempre difeso la libertà di parola, ma non possiamo ignorare che la situazione è
enormemente cambiata da quando, alla metà dell’Ottocento, il nostro John Stuart
Mill scriveva, nel suo splendido saggio Sulla libertà, che «Il male
più temibile non è il violento contrasto tra parti diverse della verità, ma la
silenziosa soppressione di una sua metà; finché la gente è costretta ad
ascoltare le due opinioni opposte c'è sempre speranza; è quando ne ascolta una
sola che gli errori si cristallizzano in pregiudizi, e la stessa verità cessa di
avere effetto perché l'esagerazione la rende falsa».
E no, caro John,
qui non si tratta più di lasciare libero spazio a tesi contrapposte, entrambe
opinabili, ma di impedire la diffusione di notizie e valutazioni assolutamente
false, che riescono a minare, specialmente tra i giovani, la credibilità dei
tradizionali mezzi d’informazione, e rischiano, lacerando la nostra società, di
far trionfare alle elezioni le forze populiste e antisistema.
Per nostra
fortuna, i messaggi di odio, spesso caratterizzati – nessuno potrebbe negarlo –
da ignoranza, stupidità e turpiloquio, che pullulano in rete offrono alle nostre
autorità ampia giustificazione per intervenire. Con la condanna dell’odio
abbiamo trovato dunque la scorciatoia che ci consentirà di porre fine
all’anarchia della rete. Ma, a nostro parere, ciò non basta: occorre individuare
pure le radici, anche molto lontane, di simili atteggiamenti eversivi ed epurare
senza esitazione quei testi che da secoli offrono tali pessimi esempi. Ed è
proprio qui l’originalità della nostra proposta, che forse a prima vista
sembrerà eccessiva ma che in realtà è dotata di straordinaria
coerenza.
* * *
Noi riteniamo
necessario, infatti, cancellare anzitutto un bel po’ di pagine di quel testo che
ha avuto un ruolo incomparabile ma estremamente ambiguo nella formazione della
nostra cultura: la Bibbia. Facciamo qualche esempio, per essere
chiari.
In quello che i
cristiani chiamano Vecchio
Testamento ricorrono,
infinite volte, parole di una violenza inaudita contro quelli che vengono
considerati nemici. Ecco come il profeta Geremia prega il Signore di punire
coloro che avrebbero tramato ai suoi danni: “Abbandona i loro figli alla fame,
gettali in potere della spada; le loro donne restino senza figli e vedove, i
loro uomini siano colpiti dalla morte e i loro giovani uccisi dalla spada in
battaglia” (Geremia, 18, 21). Parole che, per la loro crudeltà,
risulterebbero raccapriccianti persino per gli spacciatori di odio del
web.
E il profeta
Isaia si permette addirittura di giudicare, non si capisce a che titolo, le
sentenze emesse dai giudici del suo tempo: “Guai a coloro che fanno decreti
iniqui e scrivono in fretta sentenze oppressive, per negare la giustizia ai
miseri e per frodare del diritto i poveri del mio popolo, per fare delle vedove
la loro preda e per spogliare gli orfani. Ma che farete nel giorno del castigo,
quando da lontano sopraggiungerà la rovina? A chi ricorrerete per protezione?
Dove lascerete la vostra ricchezza?” (Isaia, 10, 1-3). Tanta arroganza
può spiegarsi in un solo modo: nasce da un odio preconcetto e, direi, di sapore
populista.
Un’ultima
citazione, tratta dal profeta Amos, che si sente in diritto di calunniare e di
minacciare onesti commercianti che attendono con ansia la fine del riposo
festivo per tornare al lavoro: “Ascoltate questo, voi che calpestate il povero e
sterminate gli umili del paese, voi che dite: «Quando sarà passato il novilunio
e si potrà vendere il grano? E il sabato, perché si possa smerciare il frumento,
diminuendo le misure e aumentando il siclo e usando bilance false, per comprare
con denaro gli indigenti e il povero per un paio di sandali? Venderemo anche lo
scarto del grano». Il Signore lo giura per il vanto di Giacobbe: Cambierò le
vostre feste in lutto e tutti i vostri canti in lamento” (Amos, 8,
4-7.10). Ci troviamo, con tutta evidenza, di fronte all’invidia sociale di chi
non è capace di arricchirsi col proprio lavoro e sfoga la propria rabbia
augurando il male agli altri.
Ma non bisogna
credere che la situazione cambi col Nuovo Testamento. Anzi, sin
dall’inizio la giovane madre di Gesù, certamente traviata dai seminatori di odio
del tempo, sembra nutrire sentimenti eversivi e, scambiando i suoi sogni con la
realtà, magnifica il Signore perché “ha rovesciato i potenti dai troni, ha
innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani
vuote i ricchi” (Luca, 1, 52-53). Dal figlio di una donna cui vengono
attribuite parole così scandalose non ci si può aspettare, ovviamente, nulla di
buono.
E infatti, per
inaugurare la sua missione, Gesù utilizza un passo tra i più faziosi di Isaia e afferma che il Signore lo “ha mandato
per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la
liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e
predicare un anno di grazia del Signore” (Luca, 4, 18-19). Si
considera, in poche parole, in missione per conto del Padreterno al fine di
sconvolgere l’ordine costituito. E per accreditarsi di fronte al popolino ben
presto comincia a spacciare bufale servendosi dei mezzi allora disponibili:
manda in giro per i villaggi i discepoli a raccontare che il loro maestro è
capace di guarire lebbrosi, moltiplicare pani e persino di risuscitare morti. E
le folle ci cascano!
Anzi, accresce
la sua popolarità a buon mercato proclamando apertamente beati i poveri, perché
sta per finire la loro condizione di miseria, e minacciando ogni sorta di
disgrazie ai ricchi: “Ma guai a voi, ricchi, perché avete già la vostra
consolazione. Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi che
ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete” (Luca, 6, 24-25).
Promesse utopiche e sentimenti di odio puro, di cui i rifiuti della società si
sono nutriti per secoli.
Ma questo
modello di tutti i populisti non si limita alle parole. Passa addirittura a
forme di violenza gratuita: arrivato a Gerusalemme, “Gesù entrò poi nel tempio e
scacciò tutti quelli che vi trovò a comprare e a vendere; rovesciò i tavoli dei
cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe” (Matteo, 21, 12). Ma
non solo i mercanti: anche le autorità religiose sono oggetto dei suoi attacchi.
E pretende di giudicare non soltanto i loro atti ma anche le loro coscienze:
“Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che rassomigliate a sepolcri imbiancati:
essi all'esterno son belli a vedersi, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di
ogni putridume. Così anche voi apparite giusti all'esterno davanti agli uomini,
ma dentro siete pieni d'ipocrisia e d'iniquità. Serpenti, razza di vipere, come
potrete scampare dalla condanna della Geenna?” (Matteo, 23, 27-28.33).
Di fronte a tanta arroganza e a tanto odio immotivato, non c’è da stupirsi se a
un certo punto non ne hanno potuto più e lo hanno messo a morte!
* * *
Ma sentimenti di
odio si trovano non solo nella Bibbia ma anche in moltissime pagine di quelli
che sono considerati i nostri più grandi letterati. Noi crediamo che, una volta
iniziata una battaglia, non ci si possa fermare a metà e che, se abbiamo avuto
il coraggio di toccare la Bibbia, non arretreremo certo di fronte al compito di
ripulire le loro opere. Anche in questo caso ci limitiamo a pochissimi esempi di
falsità e di malanimo.
Nella Divina Commedia, quello che
tutti giudicano il nostro sommo poeta sembra che goda nel mandare all’inferno re
e imperatori, principi e banchieri: in pratica, quasi tutta la classe dirigente
del suo tempo. Ma non basta! Persino quando scrive il Paradiso, non riesce a
trattenere il suo livore e pone in bocca a san Pietro una invettiva contro
alcuni papi suoi successori così virulenta che sembra di udire le urla di un
video postato sul web: “Quelli ch'usurpa in terra il luogo mio, il luogo mio, il
luogo mio [...], fatt'ha del cimitero mio cloaca del sangue e de la puzza”
(Dante Alighieri, Paradiso, XXVII, 22-23,
25-26).
Nell’Ottocento,
Giacomo Leopardi riserva alle classi dirigenti italiane giudizi sprezzanti,
perché le ritiene prive di quella moralità e di quella autorevolezza che le
metterebbero in grado di influenzare positivamente lo stile di vita e il modo di
sentire dell’intera nazione: “Le classi superiori d’Italia sono le più ciniche
di tutte le loro pari nelle altre nazioni. Il popolaccio italiano è il più
cinico di tutti i popolacci” (Giacomo Leopardi, Discorso sopra lo stato presente
dei costumi degl’Italiani).
E ancora nel
Novecento, Pier Paolo Pasolini non perdeva occasione di scagliarsi contro una
borghesia, sempre quella italiana, accusata di egoismo, conformismo, cecità di
fronte alle ingiustizie e, al solito, responsabile delle carenze dei ceti
inferiori. Nel film La
ricotta, per esempio, pronunciava, per bocca di un attore famoso
intervistato da un giornalista che col suo sorriso da ebete ne confermerebbe il
giudizio, questa opinione sui suoi connazionali: “Il popolo più analfabeta, la
borghesia più ignorante d’Europa”.
Anche questa
volta non c’è da stupirsi se questi personaggi hanno avuto una vita piuttosto
travagliata, e l’ultimo dei tre sia finito morto ammazzato: avranno avuto pure
grandi doti poetiche, ma, se non si fa che criticare e spargere odio, è
inevitabile che alla fine le vittime delle tue aggressioni te la facciano
pagare.
Ma noi crediamo
che sia necessario andare ancora oltre, se vogliamo togliere ogni appiglio
all’odio che dilaga sul web nei confronti delle attuali classi dirigenti. L’arma
di cui si servono i populisti è il confronto tra i progetti originari – il Manifesto di Ventotene per l’Unione europea, la Costituzione
repubblicana per l’Italia – e le realizzazioni effettive. Ebbene, dobbiamo dire
chiaramente che quelli non erano che sogni e utopie, anzi dobbiamo emendare quei
documenti in modo che nessuno possa più attribuire ai leader europei e nazionali
la responsabilità di promesse non mantenute o volutamente disattese.
Chi scriverebbe,
oggi, quanto si legge nel Manifesto, e cioè che “la
rivoluzione europea” debba “essere socialista, cioè proporsi l'emancipazione
delle classi lavoratrici e la creazione per esse di condizioni più umane di
vita”? Oppure che “le forze economiche non debbano dominare gli uomini, ma –
come avviene per le forze naturali – essere da loro sottomesse, guidate,
controllate nel modo più razionale, affinché le grandi masse non ne siano
vittime”? Sembra incredibile, ma sono passati soltanto pochi decenni da quando
si usavano ancora i termini ‘rivoluzione’ e ‘socialismo’, eppure è proprio di
simili assurdità che si nutre la propaganda ostile che nega ogni rapporto tra la
UE e il progetto di Ventotene e, deplorando il crescente impoverimento dei
lavoratori, semina dubbi sul valore dei grandi risultati già raggiunti
dall’Unione europea e dall’euro.
E se in Italia
vogliamo evitare che i nostri governanti siano accusati di infischiarsene dei
più caratterizzanti principi della Costituzione, bisogna affrettarsi a
cancellare parole che oggi ci fanno sorridere per la loro ingenuità: “È compito
della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che,
limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il
pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i
lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Ma lo
sappiamo tutti che in un’economia liberista ciascuno deve curare i propri
interessi, in una libera competizione con gli altri, e che lo Stato deve
intervenire il meno possibile! Come sappiamo che, poiché per reggere la
concorrenza straniera la forza-lavoro deve essere acquistabile come una merce
qualunque, è impossibile considerare il lavoratore come una persona che ha
diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro
svolto e “in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia
un’esistenza libera e dignitosa”. Eliminando da documenti chiaramente datati
affermazioni ormai prive di senso, tutti potranno così finalmente capire che il
mondo è questo e che non ci sono alternative.
* * *
Ebbene, noi
cittadini benestanti e benpensanti, liberali e democratici, moderati e
progressisti, di destra di centro e di sinistra, crediamo di avere dimostrato a
sufficienza che le idee sediziose contenute nelle opere citate costituiscono
l’humus da cui germoglia
l’odio di chi ha interesse a confondere verità e menzogna, e che oggi ha trovato
nel web il megafono più potente. Tocca ora alle nostre autorità portare a
compimento, senza esitazioni, l’opera di bonifica e di pacificazione della
società, non solo imponendo regole severe all’uso della rete ma anche
costituendo commissioni di cardinali, di professori universitari, di letterati,
di giuristi che, usando le loro differenti competenze, possano rimuovere una
volta per tutte le antiche radici di quell’ondata di falsità e di odio che ora
rischia di sommergerci.
Elio Rindone
Mail priva di virus. www.avast.com |
3 commenti:
Al di là dell'indubbia ironia e della dotta capacità di narrare e di 'motivare' una realtà di cui tutti sentiamo i danni, ma di cui, noi uomini liberali e democratici, non neghiamo i benefici, la questione, come tu dici caro Augusto, è di difficile, anzi di impossibile soluzione. Io credo che la domanda da porsi è: dal "liberi tutti" al "liberi nessuno" c'è un solo "salto quantico" o ce ne sono di intermedi? Dai tempi narrati dalla Bibbia e poi dai Vangeli e poi da Dante e poi da Leopardi niente abbiamo imparato? Alla pervasività della propagazione dell'odio, della calunnia, delle strumentalizzazioni che neanche Pasolini ha conosciuto e a cui solo il web ci ha (ahimè) abituati, dobbiamo permettere tutto? Ieri a Superquark hanno raccontato la storia di un americano che, lasciati moglie e figli, armatosi si di un mitragliatore , è andato in una pizzeria di Washington in cui aveva letto sul web che si ordiva un complotto tramato da Illary Clinton e da gruppi deviati della Cia e per poco non ha fatto una strage. E a questo che si deve arrivare? Alla giustizia fatta da falsi sceriffi che si mettono la stella da soli e vanno ad uccidere?
Sempre pungente Elio, e appassionato. Ci fa riflettere. Però penso che il punto non è quanto sono miopi, cattive e nemiche dei deboli le nostre istituzioni ma quanto siamo capaci di emendarle e migliorarle. E certo non affiderei questo compito a chi sbraita, generalizza, fa demagogia, a chi si rifugia nel vittimismo e nell'ingiuria quando è in difficoltà, a chi non sa fare autocritica e sa essere fantasioso e creativo quando deve manifestare livore e frustrazione ma è in difficoltà se deve argomentare le propri opinioni. Mi sembrerebbe di passare dalla padella alla brace se dovessimo affidarci a quelli i cui motto è: "se non sei d'accordo con noi e con il verbo del nostro Guru sei un ladro ed una spia, complice anche tu dei poteri forti e dell'informazione di regime"
Condivido l'ironico e amaro testo di Elio Rindone.
E mi dispiace davvero che amici come Armando e Pietro sottovalutino il fanatismo e il pericolo di chi sta attualmente governando l'Italia e l'Europa in forme e con obiettivi che è tecnicamente esatto definire 'criminali'.
Se "chi sbraita, generalizza, fa demagogia, chi si rifugia nel vittimismo e nell'ingiuria quando è in difficoltà, chi non sa fare autocritica e sa essere fantasioso e creativo quando deve manifestare livore e frustrazione ma è in difficoltà se deve argomentare le proprie opinioni" è al potere, la sua azione risulta assai più pericolosa di chi ha comportamenti simili stando all'opposizione.
Mi spiace soprattutto che persone come Armando e Pietro abbiano talmente introiettato lo spirito autoritario del tempo attuale da non rendersi conto che stanno invocando la censura dei potenti sugli strumenti della critica sociale. Che può essere sterile o feconda, costruttiva o pericolosa, ma è sempre necessaria per la vita stessa del corpo collettivo. Non bastano i tanti esempi enunciati da Elio per dimostrarlo?
Un caro saluto a tutti.
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