Più spesso di quanto non si supponga gli
insegnanti delle scuole elementari si
trovano in classe degli alunni particolarmente silenziosi. Eccessiva
riservatezza ? Scarsa intuitività? Svogliatezza nel tenersi al passo con i
compagni che studiano? Timidezza immobilizzante? Per decenni ci si è
barcamenati fra queste ipotesi e tuttora molti educatori ignorano che può
trattarsi di una patologia che i manuali diagnostici internazionali (quinta
edizione del DSM) hanno di recente codificato formalmente: mutismo selettivo. Si
tratta di un disturbo dell’infanzia e
dell’adolescenza che viene catalogato fra i disturbi d’ansia: i ragazzini che ne
soffrono, pur essendo dotati di buone capacità cognitive e di un linguaggio
adeguato, non riescono a parlare al di fuori del contesto familiare.
Ciò comporta una grande sofferenza perché
rende quasi impossibile esprimere emozioni e pensieri, impedisce il gioco con i
coetanei, nella maggior parte delle relazioni sociali arriva a “paralizzare” e soffocare per l’ansia. Le
difficoltà sono particolarmente evidenti, e gravide di conseguenze,
nell’ambiente scolastico: un bambino con mutismo selettivo può essere “
congelato” dall’ansia fino a non poter chiedere di andare in bagno pur
avendone urgente bisogno; non può
rispondere alle domande della maestra che vuole verificare il suo apprendimento
e spesso rimarrà isolato e ignorato durante la ricreazione mentre i suoi
compagni interagiscono fra loro. Purtroppo
questo disturbo è poco conosciuto, in ambito sia sanitario che scolastico. E si
può ben immaginare con quali conseguenze: diagnosi sbagliate, interventi
ritardati e inadeguati, rischio di cronicizzazione.
Che fare in concreto e in tempi rapidi?
Come per altre patologie è necessario che i familiari (anche loro fortemente
provati dal confronto con questa sofferenza e spesso disorientati e
scoraggiati) assumano un ruolo di protagonisti. Il lavoro di Associazioni di
familiari presenti in ambito nazionale, come ad esempio l’A.I.MU.SE (
Associazione italiana mutismo selettivo , www.aimuse.it ) ha dimostrato quanto importante ed
efficace possa risultare un’associazione di genitori nel promuovere informazioni,
sensibilizzazione e iniziative concrete per questi bambini. L’A.I.MU.SE è
presente anche in Sicilia orientale e ha come referente regionale la dottoressa
Caterina Fazio (caterina.fazio@aimuse.it); ma mancava un punto di riferimento
in Sicilia occidentale per realizzare iniziative soprattutto nel territorio palermitano e trapanese. In
questi giorni la Direzione nazionale ha nominato
il dottor Mario Mulè ( mario.mule@aimuse.it), in qualità di familiare, referente
A.I.MU.SE per la Sicilia occidentale. Come è ovvio, il primo passo del
neo-referente non può essere che il tentativo di fondare un gruppo di familiari che possa
definire il percorso da seguire e lavorare insieme
per realizzarlo. Quanti ritengono, o soltanto sospettano, che i loro
ragazzini vivano problematiche del genere sono invitati a partecipare (dopo un
contatto preliminare con la segreteria: 333.4161666 ) a un primo incontro a Palermo,
in via Veronica Gambara 2, alle
ore 10.00 di sabato 17 giugno. In un
secondo momento potrebbero crearsi ulteriori momenti di aggiornamento per
psicoterapeuti, insegnanti e altri operatori nell’ambito educativo. Sarebbe
importante, intanto, che né pigrizia né
inopportuni pudori inducano i congiunti a perdere un’occasione così preziosa
per il benessere di tanti ragazzini prigionieri di una gabbia che solo per
ignoranza si ritiene infrangibile.
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
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