“Repubblica – Palermo”
28.4.2017
OLTRE LA
BUONA SCUOLA: UN PROGETTO REALISTICAMENTE UTOPICO
Se una
qualsiasi categoria di lavoratori, intellettuali o manuali, fosse vincolata a un
contratto settimanale di sessanta ore riterremmo questo carico insopportabile. Ciò
che secondo l’attuale legislazione è inconcepibile per un cittadino adulto - dieci ore al giorno di lavoro, domeniche
escluse ! – viene tranquillamente ammesso nel caso dei nostri figli dai 6 ai 18
anni. Mediamente, infatti, un alunno che voglia tenersi al passo con i doveri
scolastici deve dedicare allo studio cinque ore anti-pomeridiane e almeno
altrettante dopo la pausa del pranzo per
svolgere i compiti assegnati dagli insegnanti per casa.
Se non si
evoca questa verità di fatto, tanto evidente quanto trascurata, non si
capiscono alla radice molte notizie di cronaca ricorrenti: quali, per limitarci
alla più recente, il numero elevatissimo di abbandoni scolastici in Sicilia
nelle scuole medie secondarie di primo e di secondo grado. Così come non si
capiscono le assemblee di classe, di corso e di istituto su tematiche inventate solo per sfuggire
all’impegno curriculare; la ricerca affannosa di ogni occasione effettivamente
o fantasiosamente culturale (cinema, teatro, concerto, conferenza, tavola rotonda,
visita guidata, viaggio d’istruzione…) che regali qualche ora di libertà dalle
aule scolastiche; l’adesione (quasi sempre ufficiale, raramente effettiva) a
manifestazioni di piazza, cortei, scioperi proclamati dalle organizzazioni
politiche e sindacali di ogni colore; perfino le urla incontenibili di gioia –
fenomenologicamente cinica – alla comunicazione del bidello dell’assenza di un
insegnante (anche se dettata da malattie, incidenti o lutti).
Dopo mezzo
secolo di tentativi di mostrare che il re è vergognosamente nudo, non mi illudo
che i politici abbiano, in tempi brevi,
la saggezza e il coraggio di mettere mano a una riconversione radicale e totale del sistema scolastico attuale. La
recentissima “Buona scuola bis” ne è
conferma. Tuttavia ci sono delle contraddizioni interne a certi status quo che, prima o poi, sfociano in
implosioni inarrestabili: se una lenta maturazione critica dell’opinione
pubblica consente di prevedere e interpretare tali implosioni, è possibile che
esse vengano in qualche misura controllate. O, per lo meno, che si sappia in
che direzione ricostruire il giorno dopo.
L’alternativa
alle sessanta ore settimanali per i nostri ragazzi sarebbe una scuola solo
materialmente alleggerita di almeno il cinquanta per certo del peso attuale (sì
che ogni ragazzo, tra scuola e casa, abbia un carico di lavoro non superiore
alle 3 + 3 ore quotidiane)? Ovviamente no.
Prima
di tutto perché una scuola meno impegnativa dal punto di vista delle ore
obbligatorie dovrebbe essere aperta sino a sera per tutte le attività che, con
più agio di adesso, andrebbero proposte facoltativamente: laboratori di
recupero, seminari di approfondimento delle tematiche curriculari, incontri con
esperti esterni al mondo della scuola, lezioni di educazione fisica, gare
sportive, corsi di musica, prove di teatro, cineforum, incontri di formazione
religiosa affidati a varie confessioni presenti nel territorio (cattolica,
protestante, ebraica, islamica, induista…).
Secondariamente
perché un alleggerimento quantitativo avrebbe senso solo come presupposto per
un incremento qualitativo dell’impegno mentale. L’obiettivo dovrebbe essere
(almeno) triplice: far percepire lo studio come un diritto da esercitare
liberamente (un privilegio rispetto a
tanti coetanei sul pianeta incatenati a condizioni di vita disumane) e non come
un dovere da svolgere coattivamente; adottare una didattica basata sulla
co-operazione e sulla con-creatività fra docente e discente piuttosto che sulla
trasmissione unilaterale dall’alto della cattedra verso il basso dei banchi;
fornire non tanto informazioni (oggi reperibili in misura incalcolabilmente
maggiore e più rapida tramite Internet) quanto criteri di giudizio per saper
selezionare, ri-organizzare e elaborare la massa delle informazioni a
disposizione. Se un sistema scolastico non riesce a suscitare la curiosità
della conoscenza, il gusto della lettura, il piacere della ricerca e del
confronto…può poi raggiungere qualsivoglia altro obiettivo, ma resterà un
sistema fallimentare dal punto di vista formativo. Creerà tanti piccoli
Goebbels, lesti a mettere la mano alla pistola ogni volta che odono la parola
“cultura”.
Facile a
dirsi, difficile a farsi? Certamente. Ma non impossibile. Ho conosciuto decine
di docenti (in tutti gli ordini di scuola, dalle elementari all’università) che
ne sono, sostanzialmente, in grado. Avrei voluto conoscerne centinaia o migliaia,
ma con gli attuali sistemi di arruolamento del personale insegnante ritengo che
questo desiderio non potrebbe in alcun modo realizzarsi: di un aspirante
docente si misurano molte qualità, tranne le motivazioni e l’attitudine
relazionale. Nel 1971 Ivan Illich ha pubblicato Descolarizzare la società. Non è, né intende essere, una nuova
Bibbia: ma leggerlo, o rileggerlo, è indispensabile se ci si tiene a salvare la
scuola e, soprattutto, la dignità e il
futuro delle nuove generazioni.
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
* Dedico l'articolo a Francesco Azzarello, a Giorgio Gagliano e a tutti/e gli alunni/e che ho cercato di salvare dall'idiosincrasia verso la scuola.
2 commenti:
Riflessione molto pertinente in un momento in cui si pubblicano statistiche inquietanti (fuga dalle scuole secondarie e dalle università). A me capita, in un orario in cui attendo di cenare, assistere all'"Eredità", un gioco a quiz televisivo, in cui molti giovani diplomati e/o laureati esibiscono la loro ignoranza incredibile e scandalosa. Confondere personaggi e/o eventi storici di primo piano fra le due guerre mondiali del 20° secolo, attribuire al Rinascimento personaggi, idee e/o scoperte dell'Illuminismo (solo per fare due esempi) atterrisce. Pensare che la nostra Scuola preveda 50-60 ore settimanali di studio ci dice solo che "è tutto sbagliato, è tutto da rifare!" Come dici tu, non basta il nozionismo, se le nozioni non sono correlate fra di loro, non basta la scuola obbligatoria o le lauree brevi a stimolare la "curiosità di conoscere", la sola via che possa ribaltare la triste realtà attuale.
Ciao Augusto,
il disastro della scuola soprattutto sul paino educativo, ma anche culturale - perché manca quella che chiami con bellissima definizione "curiosità del sapere" - viene da lontano: tutte le istituzioni, non solo quella scolastica, vi hanno contribuito a piene mani. Oggi, non per fare discorsi apocalittici - ma apocalissi non significa "rivelazione"? - credo che dobbiamo essere molto preoccupati per le giovani generazioni. Invece di progetti altisonanti, come la renziana "buona scuola", bisognerebbe umilmente tornare a rileggere le opere di don Lorenzo - la cui grandezza è finalmente riconosciuta perfino da un papa! - e ricominciare umilmente con l'ABC della cultura e dell'educazione. Purtroppo credo che non lo si farà...
Mauro Matteucci
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