22.3.2017
Andarsene.
Brevi riflessioni sulla morte propria e altrui
Questa volta Cavadi
ci parla della morte. Con sereno distacco, lucida intelligenza, spirito
divulgativo, sapienza dottrinale mai fine a se stessa. Come si addice a un
filosofo, o meglio a un consulente filosofico, qual è Augusto Cavadi.
Il libro a cui ci si
riferisce, l’ultimo dell’eclettico pensatore palermitano, è Andarsene, edito da Diogene Multimedia
(96 pagine, 5 euro). Significativo il sottotitolo: Brevi riflessioni sulla morte propria e altrui, che svela come
l’autore non sale sulla cattedra nel suo dialogo con i lettori, ma li stimola
interrogando per primo se stesso.
Tutti dobbiamo
confrontarci col tema della morte, e lo facciamo in modo diverso: tentando di
esorcizzarlo, sublimarlo, fingendo indifferenza, aggrappandoci alla fede o,
frequentemente, al catechismo spicciolo.
Le speculazioni dei
filosofi possono esserci d’aiuto per una risposta meno fragile e meno insicura.
Per questo Cavadi, nella prima parte del volumetto, illustra le posizioni di
vari filosofi e pensatori. A partire da chi elude il tema della morte, come
Pascal (“gli uomini, non avendo potuto guarire la morte, la miseria,
l’ignoranza, hanno risolto, per viver felici, di non pensarci”), o Buddha
(“come l’aria è necessaria per vivere e perciò stesso ogni Uomo ha accesso
all’aria e respira… così, analogamente, se quegli interrogativi fossero tanto
vitali…non si potrebbe vivere senza dar loro una risposta”). Per soffermarsi
poi su chi nega rilievo alla morte e di essa non ha paura: Epicuro, secondo il
quale l’uomo non ha ragione di temere la morte, assente quando lui è presente
presente nella sua assenza, e lo stesso Socrate, che dice di non temerla perché
“o è come un non essere più nulla…o …una specie di mutamento, di migrazione
dell’anima”. Contrapposte le posizioni di chi crede nell’immortalità
dell’anima, a cominciare da Platone, o ritiene la morte come un ritorno alla
divinità che ci ha originato (Hegel), e di chi, al contrario, la considera,
nichilisticamente, come un tornare dal nulla al nulla (“tutti i viventi sono
gettati nella vita senza averlo chiesto, sono promessi alla morte senza averlo
desiderato. Vivono fra nulla e nulla”, Edgar Morin).
Nella seconda parte
di “Andarsene” Cavadi, seguendo il metodo della filosofia in pratica volto a
sollecitare interrogativi cui fornire risposte che aiutano ad affrontare meglio
la quotidianità della vita, offre delle indicazioni bibliografiche utili per
esplorare il tema nelle sue varie angolazioni, convinto che la consapevolezza
della propria esistenza non può prescindere dall’accettazione della sua fine.
Due sono i libri suggeriti: Che cosa vuol dire morire, curato da Daniela
Monti, e Modi di morire di Iona Heart. Nel primo sono intervistati diversi
filosofi contemporanei che rispondono al quesito dell’autrice, appunto “che
cosa vuol dire morire”, manifestando i loro punti di vista, oscillanti tra
scetticismo, spiritualismo, panteismo, nella loro pluralità espressioni di una
meditata speculazione. Nel secondo, che prende spunto da esperienze reali, si
riflette sui diversi modi di morire per individuare, in conclusione, quelli più
confortevoli: il sollievo quando si abbandona il nostro ciclo terreno, secondo
l’autrice, è assicurato dalla medicina, assistita però dalla pietas delle humanae litterae, sottolineandosi come la scienza medica trova
necessario sostegno e nutrimento nella cultura umanistica.
Andarsene di Augusto Cavadi è
un libro che va comprato (il suo costo è irrisorio), letto e meditato:
riflettere sulla morte ci aiuta a vivere meglio.
Antonino Cangemi
PS: Una prima presentazione del libro oggi a Palermo presso la "Casa dell'equità e della bellezza" di via N. Garzilli 43/a
1 commento:
Ho finito di leggere il tuo “Andarsene” e l’ho molto apprezzato. C’è tanta densità di pensiero che proviene dai tuoi studi ma anche dalla tua sensibilità “senile” rispetto al tema. È un bello stimolo, grazie!
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