“Gattopardo”, marzo 2017
I SICILIANI SPIEGATI AI TURISTI (undicesima puntata)
Con tutte le approssimazioni del caso, si può comunque
affermare che in ogni etnia prevale ora il codice maschile ora il codice
femminile. Che nella fredda Europa continentale e scandinava prevalga la
tonalità del padre (giusto, rigoroso, che impone il rispetto delle regole) e
nell’Europa mediterranea la tonalità materna (tollerante, comprensiva, disposta
a perdonare le trasgressioni) non è un’affermazione né nuova né azzardata. Eppure
al visitatore della nostra isola qualcosa di questo schema non torna. Sì, è
vero: come in altre aree del Mediterraneo anche in Sicilia “un’immotivata
prevalenza delle carezze sulle punizioni” provoca il risucchio “nel vortice
delle assoluzioni, eccezioni, condoni”; si respira un’aria femminile-materna ,
tessuta di sensualità e calore, caratterizzata dalla “personalizzazione di
tutti i rapporti” che induce “a un’eccessiva indulgenza per i colpevoli, al
particolarismo e al familismo, a una concretezza che rende difficile la
disciplina, l’astenersi e il durare” (Franco Cassano). Eppure questa componente
“materna” in Sicilia non la si ritrova mai separata dal suo opposto “paterno”,
maschile: per essere più precisi, patriarcale e maschilista. Sia nella
“pedagogia nera” di molti genitori autoritari e repressivi sia, in misura ancor
più plateale e micidiale, nella pratica mafiosa (che sacrifica, sull’altare del
profitto e del dominio, anche gli affetti familiari e amicali più cari) si
riscontrano una durezza, un’implacabilità, che difficilmente trovano l’omologo
in altri contesti socio-culturali. L’ospite della nostra terra è così
seriamente disorientato dal momento che
sperimenta, più o meno personalmente, le tendenze - contraddittorie – di un maternage sin troppo soffocante e di un
paternalismo oppressivo sino alla spietatezza.
Esiste una
chiave interpretativa di questa fastidiosa dialettica fra opposti? Forse
(purtroppo) sì. La contraddizione si può spiegare (e quindi, in qualche misura,
la si può prevenire) distinguendo l’ambito pubblico dall’ambito privato.
Spesso, infatti, nel primo prevale il codice materno dell’indulgenza verso i
furbi, gli evasori, i profittatori, i proprietari di case e ville abusive,
persino verso i ladri, i corruttori e -
nei casi di omicidi passionali – gli assassini; ma quando si è toccati nel
proprio privato, nel proprio ambito familiare, nel proprio onore (vero o
presunto), nella propria “roba”…scatta la durezza maschile/paterna della
punizione inesorabile, della vendetta senza sconti. Nulla di strano, dunque,
che una stessa signora possa esclamare “Poverino !” se assiste all’arresto di uno spacciatore di
borgata che non abbia mai danneggiato i suoi figliuoli e
“Cornutissimo!” al ragazzino che le abbia sottratto con destrezza una bottiglia di vino dalla borsa della
spesa.
La
consapevolezza di questa tensione disastrosa potrebbe indurre i siciliani
migliori a prestare attenzione al proprio stile di vita individuale e professionale,
riplasmandolo in direzione di una giustizia equa; di una legalità equidistante
dal legalismo e dalla cedevolezza; di una maschilità intrisa di paternità
autentica e, per questo, capace di interiorizzare il meglio della capacità
femminile di intuire, comprendere e soccorrere. Giganti morali come Giovanni
Falcone e Paolo Borsellino (ma la lista sarebbe lunghissima) sino al momento
della morte hanno testimoniato, nel modo di rapportarsi agli imputati e ai
familiari di questi, che la sintesi junghiana
di animus e di anima è possibile.
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
Nessun commento:
Posta un commento