"Alto Adige"
15.3.2017
DEMOCRATIZZARE LA SPIRITUALITA’
di Fabio Bonafé
Un argomento quasi imbarazzante, e inevitabilmente
ambiguo, quello che sarà al centro dell'incontro promosso dalla Biblioteca
Provinciale “Claudia Augusta” per giovedì 16 marzo alle ore 18 presso il Centro
Trevi, in via Cappuccini 38 a Bolzano: “Una spiritualità senza Dio? Il
bisogno di una spiritualità nel mondo globalizzato”. A parlarne sarà
Augusto Cavadi, filosofo e consulente filosofico, ma anche esperto di teologia
e di mafia, suo il libro “Il Dio dei mafiosi” (San Paolo, 2009) e anche il best
seller “La mafia spiegata ai turisti”
(Di Girolamo, 2008), tradotto in almeno dieci lingue, giapponese compreso.
Animatore di originali iniziative culturali e politiche (tra tutte ricordiamo
le “Vacanze filosofiche per non filosofi”), oltre che autore di numerosi libri,
Cavadi è un “filosofo di strada”, non un dispensatore di sapere, ma piuttosto
un ricercatore in dialogo con gli altri.
Cosa fa pensare che oggi esista un significativo bisogno di spiritualità?
Se per spiritualità
intendiamo, come si fa solitamente, un’attitudine religiosa – addirittura in
senso confessionale - penso che il
bisogno di spiritualità sia in sensibile decremento. Qualora, invece,
restituiamo alla parola “spiritualità” il suo significato originario, a mio
avviso più autentico, di vita interiore intensa che si manifesta in gesti
limpidi ed efficaci, allora possiamo riconoscere che c’è una grande sete di
spiritualità. Mi spingerei ad asserire che proprio la crisi delle confessioni
religiose apre spazi nuovi alla coltivazione delle spiritualità naturali,
laiche.
Come si collegano spiritualità e filosofia?
In Occidente il cristianesimo ha gradatamente, ma
inesorabilmente, monopolizzato nell’opinione pubblica la nozione di
“spiritualità”. Ma di questo processo sono stati responsabili, primi fra tutti,
i filosofi i quali – dimenticando, come hanno insegnato Hadot e Foucault, che
la filosofia greca è stata per secoli una pratica spirituale – hanno ridotto
troppo spesso la filosofia a mero esercizio intellettuale, a tecnica logica.
Anche pensatori viventi, come Martha Nussbaum, ribadiscono e testimoniano che
la filosofia è integrale quando è un modo di essere nel mondo, non solo un modo
di pensare il mondo.
E’ per questo, suppongo, che il sottotitolo di uno dei tuoi ultimi libri (“Mosaici di
saggezze” Ed. Diogene Multimedia, 2015)
recita: “Filosofia come nuova antichissima spiritualità”. Ma filosofia e spiritualità non sono
articoli di lusso, per poche persone?
Davanti ai tanti problemi,
urgenti e drammatici, che costellano la geografia del nostro pianeta globalizzato è spontaneo
ritenere che occorra dare la precedenza ad altri settori di analisi e di
operatività come la produzione economica e la prassi politica. Soprattutto a
venti o trenta anni è facile convincersi che nuove scoperte scientifiche,
ardite applicazioni tecnologiche e soprattutto serie riforme politiche possono
farci uscire dalla stagnazione in cui versiamo come individui e molto spesso
come Stati. Ma la storia ci insegna che un’umanità spiritualmente povera riesce
a sprecare anche le occasioni più favorevoli. Non si tratta di sottovalutare
ciò che possiamo e dobbiamo innovare sul piano delle strutture economiche,
sociali e politiche: si tratta di convincersi che ogni sperimentazione su
questo piano va accompagnata, innervata, sostenuta da quella che Antonio
Gramsci chiamava “riforma intellettuale e morale”. Se questo è vero, non ci sarà imprenditore o
politico in grado di cambiare davvero il corso della storia se il livello medio
dei lavoratori e degli elettori - dei
cittadini, insomma – non sarà cresciuto quanto a saggezza, onestà
intellettuale, gusto della contemplazione, familiarità col bello, pace
interiore, sensibilità per la sofferenza dei viventi umani e oltre. Le urgenze
sono numerosissime, ma democratizzare la spiritualità non è tra le meno
impellenti. Su questo registro non mi stupirei se cardinali blasonati con
attici di lusso o cattedratici dalle bibliografie chilometriche dovessero
rivelarsi meno “spirituali” di maestre di provincia o di artigiani quotidianamente
fedeli agli impegni della propria bottega.
1 commento:
Ciao Augusto,
credo da tempo a quella che definisci "una democratizzazione della spiritualità". Come dici alla fine dell'intervista, sono sempre più convinto, anche per esperienza personale, che proprio le persone semplici, oscure - inevitabilmente ignorate - "hanno un modo di essere nel mondo" che si ispira a convinzioni profonde di elevatissima etica, che rendono la società più "tenera" e vicina all'umano. Con amicizia
Mauro
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