“Repubblica – Palermo”
3.3.2017
CLAUDIO DOMINO: LA MAFIA UCCIDE ANCHE IN AUTUNNO
Quando il 7
ottobre del 1986 fu ucciso Claudio Domino, un bambino di appena undici anni del
quartiere San Lorenzo di Palermo, giornali e opinione pubblica gridarono allo scandalo di
una mafia che arrivava a uccidere piccoli innocenti. Anche se la ditta Domino
aveva vinto l’appalto per le pulizie dell’aula-bunker dell’Ucciardone, non si è (sino ad ora) appurato che sia stata la mafia e rimane in piedi l’ipotesi
di spacciatori sorpresi involontariamente nei loro traffici: anzi, al
maxiprocesso, Giovanni Bontate -
fratello di Stefano - prese le distanze a nome di un “noi” che fu utilizzato
dai giudici per confermare l’esistenza di una organizzazione criminale
strutturata (come spiegò a suo tempo Pietro Grasso, “con quella dichiarazione di Bontate, per la prima volta un
mafioso pronunciò la parola ‘noi´: noi, significava noi mafiosi. Loro stessi
ammettevano la loro esistenza. Era senza precedenti”). Ma, anche se fosse stata la mafia, non sarebbe stata
per nulla una novità: la mafia “buona” (che non uccide né preti né donne né
bambini) non è mai esistita. Di generazione in generazione è un’ipocrita
mitologia dei vecchi mafiosi messi all’angolo dai nuovi.
I genitori
di Claudio, per un certo periodo, si sono chiusi - comprensibilmente – in un dolore afono. Ma
la loro battaglia per avere un po’ di verità e un po’ di giustizia non si è
fermata neppure per un giorno. Anzi, come mi racconta la signora Graziella, la
trasmissione di Bruno Vespa con ospite il figlio di Totò Riina è stato un
episodio che li ha convinti ad abbracciare un ruolo pubblico di testimoni (e
poi dicono che “Porta a porta” non aiuta le buone cause…). Salvo Riina si era lamentato in TV di non
poter vedere il padre da vent’anni: ma da trenta era Claudio a non poter vedere
i suoi cari, erano i suoi cari a non poter vedere Claudio! Anche nell’ipotesi
che Totò Riina non avesse una responsabilità diretta in questo omicidio, non si
può esprimere pietas filiale senza
accompagnarla dalla solidarietà con le innumerevoli vittime della ferocia
paterna. Così Graziella e Ninni Domino, pur impegnati in un duro lavoro d’imprenditori,
hanno iniziato ad accettare inviti nelle
scuole e in altri centri di aggregazione giovanile con un progetto specifico:
spiegare che organizzazioni mafiose – o comunque delinquenziali – di bambini ne
hanno ucciso ben 108 (ma è una cifra che purtroppo va crescendo di mese in
mese)! Essi hanno dunque preparato un manifesto-banner con la foto di queste
vittime che, più di altre, rischiano di essere seppellite nel dimenticatoio
della storia.
Il progetto di
questa memoria riparatrice ha attratto l’attenzione della giuria del
Premio “Valarioti
- Impastato” del Comune di Rosarno (in Calabria) che, domani 4 marzo, sarà attribuito proprio ai
coniugi Domino. Anni fa Umberto Santino, nella sua intensa composizione lirica
“Ricordati di ricordare”, ha evocato, fra tante vittime della violenza mafiosa,
anche alcuni piccoli. E, tra questi, ovviamente anche Claudio: “Ricordati di
ricordare/ coloro che caddero/ lottando per costruire/ un’altra storia/ e
un’altra terra/ ricordali uno per uno/ perché il silenzio/ non chiuda per
sempre/ la bocca dei morti/ e dove non è arrivata/ la giustizia/ arrivi la
memoria/ e sia più forte/ della polvere/ e della complicità. […] Ricordati di Claudio/che giocava/con i suoi undici
anni/ e incontrò la morte/ a un angolo di strada”.
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
1 commento:
Caro Augusto,
esprimo la mia soddisfazione per il Premio Valarioti-Impastato attribuito ai genitori di Claudio Domino, il bambino ucciso dalla mafia. Riguardo al perdono ai carnefici, posso solo ripetere le parole di una grande testimone del genocidio dei Tutsi del Rwanda, in cui perse i tre figli uccisi dai fanatici Hutu: "Non ci sarà umanità senza perdono, non ci sarà perdono senza giustizia, non ci sarà giustizia senza umanità." Con amicizia, Mauro.
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