“ADISTA” 23. 3. 2017
MAYR-NUSSER E DON PINO
PUGLISI: MARTIRI DEL NAZISMO E DELLA MAFIA
Il 18 marzo 2017 la Chiesa cattolica ha proclamato “beato”
Joseph Mayr-Nusser, un cittadino alto-atesino che il nazismo condannò a morte
nel febbraio 1945 per essersi rifiutato di giurare fedeltà a Hitler. Il ricordo
vola facilmente a Franz
Jägerstätter, ghigliottinato dai
nazisti il 9 agosto 1943 per ragioni analoghe e proclamato “beato” il 26
ottobre 2007. Meno immediato, a prima vista, il rimando a don Pino Puglisi,
assassinato dai mafiosi a Palermo il 15 settembre 1993 e proclamato “beato” il
25 maggio 2013; meno immediato, ma non peregrino.
Mayr-Nusser era molto impegnato nell’educazione dei giovani così come,
qualche decennio dopo, Pino Puglisi. Entrambi furono critici nei confronti dei
metodi pedagogici, in auge nei rispettivi ambienti nazista e mafioso, di stampo
repressivo: avvertirono, e denunziarono negli scritti, i pericoli di un
addestramento all’obbedienza cieca (secondo il modello che sarà denominato
“pedagogia nera”).
Entrambi
seppero leggere, con lucidità, il carattere intrinsecamente ateo, blasfemo, del
sistema nazista e del sistema mafioso, andando al di là delle affermazioni
verbali e delle relazioni diplomatiche fra tali sistemi di dominio e le
gerarchie cattoliche.
Entrambi
sperimentarono l’isolamento nella ribellione a regimi di oppressione e di
intimidazione che ritenevano, giustamente, incompatibili col vangelo di Gesù e,
prima ancora, con la dignità intrinseca di ogni persona umana. Ed entrambi
pagarono con la vita questo isolamento: né il nazismo né la mafia potevano
permettere che qualcuno rompesse la cappa del silenzio impaurito e la tacita
complicità della maggioranza (dei cittadini chiamati alle armi, nel caso di
Mayr-Nusser; dei preti operanti in Sicilia, nel caso di Puglisi).
Isolati in
vita, ambedue i beati sono stati contestati da morti con argomentazioni
analoghe. Cattolici che hanno militato nell’esercito tedesco durante la Seconda
guerra mondiale si sono chiesti, in più sedi e con toni di protesta, se la
beatificazione di Mayr-Nusser non si risolvesse in una condanna morale nei loro
confronti, come se fossero stati tutti o cretini o criminali. Parroci e frati,
abituati a benedire nozze di latitanti e a battezzarne i figliuoli, si sono
chiesti se la beatificazione del prete del quartiere Brancaccio non suonasse
come un grave monito nei loro confronti, come se fossero tutti complici dei mafiosi, o per ingenuità o per
calcoli utilitaristici.
Su questo
punto magistero e teologi dovrebbero fare il massimo di chiarezza possibile.
Quando si addita alla pubblica ammirazione un personaggio della storia
cristiana si intende colpevolizzare chi non se ne dimostra quotidianamente
all’altezza o piuttosto indicare un percorso di santità verso cui tendere con
fermezza ma serenamente? Nella prima ipotesi, farebbero bene preti e fedeli ad
affrettarsi a inchiodare un “beato” su
un altare secondario, omaggiandolo con fiori e candele, diffondendo l’idea che
si sia trattato di un eroe eccezionale da venerare più che da imitare. Nella
seconda ipotesi, ogni figura di “santo” dovrebbe stagliarsi come un punto
interrogativo inquietante rivolto all’insieme della chiesa: in che cosa sei
cambiata da allora? La norma statistica è l’obiezione di coscienza verso ogni
genere di militarismo, di bellicosità nazionalistica, o l’acquiescenza alla
logica dominante di preparare la guerra per mantenere la pace? In altri ambiti
problematici: la norma statistica è l’intransigenza verso ogni genere di
clientelismo, di corruzione, di omertà o le comunità cattoliche sono ancora
convinte che la mafia sia un fenomeno di mero ordine pubblico da delegare,
senza immischiarsi troppo nelle faccende del mondo, a magistrati e poliziotti? Se
queste beatificazioni si ficcheranno al nostro fianco come pungoli insistenti,
riveleranno ancora senso. Se saranno solo occasioni di messe solenni con le
prime file riservate alle autorità civili e militari, o magari anche di qualche
convegno tutto sommato inoffensivo, si riveleranno vestigia di fasi storiche tramontate per
sempre.
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
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