“Repubblica – Palermo”
27.12.2016
PERCHE’ SI LEGGE COSI’ POCO ?
Secondo le statistiche la Sicilia (con l’eccezione
positiva di Ragusa) è una delle regioni italiane in cui si legge di meno. Si
possono avanzare tutte le obiezioni e le perplessità del caso (per esempio che
un ridotto numero di librerie potrebbe essere compensato da acquisti di libri on line, sia cartacei che in formato
elettronico), ma basta un po’ di esperienza per confermare la triste verità: nella
nostra isola la lettura (di romanzi, di saggi, di rotocalchi e di quotidiani) è
una pratica elitaria.
Il fattore
socio-economico
Se si trattasse di un elitarismo su basi
socio-economiche sarebbe tutto sommato agevole da decifrare: se ho pochi soldi,
privilegio le necessità primarie. La mia impressione - fondata su un’esperienza ormai
pluridecennale nel mondo della scuola e della produzione editoriale – è che il
quadro sia più complesso. Innanzitutto l’allergia agli oggetti-libro è un
fenomeno interclassista: riguarda l’avvocato brillante come il pescivendolo del
mercato rionale (e, di contro, può benissimo capitare che la figlia di modesti
artigiani acquisti più libri della sua insegnante di liceo). La spiegazione
meramente economicista non funziona, dunque, neppure in questo caso.
Il peso
della pubblicità
Bisogna
integrarla con considerazioni di altro genere: che cosa induce il borghese
benestante o il proletario di periferia a regalarsi, e a regalare, per esempio
in queste feste natalizie, un apparecchio tecnologico anche costoso anziché un
libro di minor prezzo? Certamente un qualche peso lo gioca il sistema della
pubblicità massmediale. Contro ogni dieci ore di promozione commerciale di
cellulari, tablet, play station e videogiochi si può contare un minuto di
pubblicità di libri; così si vendono più oggetti elettronici che oggetti
stampati e, a loro volta, i minori ricavi dell’industria libraria comportano un’ulteriore
riduzione delle spese di propaganda. In un cerchio che s’avvita tragicamente su
sé stesso verso un buco nero di proporzioni crescenti.
Ma neppure i
circuiti pubblicitari possono spiegare adeguatamente la situazione. Infatti
arancine, sfincioni, panini con le panelle, pasta a forno e torte a sette veli
sono ancor meno pubblicizzate dei libri di Umberto Eco: eppure il settore dello
street food risente assai poco delle
variazioni finanziarie.
Il
condizionamento negativo della scuola
Va dunque
tenuto nel debito conto anche un terzo, decisivo fattore che – per comodità di
comunicazione – si potrebbe definire pedagogico. Benestanti e fasce sociali
deboli, divoratori di panini con milza e sobri vegetariani, sudditi dei diktat
di moda e disertori degli ambienti potenzialmente bombardati dalla pubblicità - tutti i cittadini insomma – passiamo dalle
strutture scolastiche: ed è lì che, invece di maturare il gusto della lettura,
troppo spesso se ne impara la disaffezione. Troppi insegnanti, ancora, e troppi
genitori, presentano il libro - e più in
generale l’istruzione – come un dovere, non come un diritto; come un peso
gravoso cui sottoporsi in vista di altro (la promozione, il diploma,
l’inserimento nel mondo del lavoro…) e non come un piacere gratificante. “Se
continui a disturbare ti assegno un capitolo in più per domani !” è ancora una
minaccia che si aggira per le aule scolastiche; molto più raramente si ode,
come si dovrebbe, la promessa: “Se sarai promosso, in estate avrai il
privilegio invidiabile di leggere dei romanzi di avventura di cui tu solo
potrai raccontare la trama al ritorno in classe in autunno”. Ovviamente ogni
modifica della tattica pedagogica
funzionerebbe – come già funziona spontaneamente – solo nei casi di professori
e di genitori che testimoniano, in silenzio, il proprio amore per la lettura.
“Perché papà a un certo punto spegne la radio e si ritira in soggiorno a
leggere un po’ per conto suo nella poltrona? Perché mamma, ogni tanto, la sera
non accende il televisore e preferisce leggermi a voce alta alcune poesie che
l’hanno toccata particolarmente? Perché il mio insegnante di educazione fisica,
quando ha un’ora libera, dedica cinque minuti alle chiacchiere con i colleghi
davanti alla macchinetta del caffè e poi si rifugia in biblioteca a sfogliare
un libro di viaggi intorno al mondo? Perché la professoressa di italiano ha
invitato a scuola l’autore di un romanzo che le è piaciuto e chi di noi voleva
poteva acquistarlo, leggerlo in anticipo e poi conversare con lui in carne e
ossa?”. Il giorno in cui più ragazzi dovessero trovarsi nella condizione di
porsi queste domande si assisterebbe a una vera e propria svolta culturale. Una
popolazione più propensa a leggere sarebbe in grado di alzare non solo il
fatturato di librai e editori, ma – ciò che più importa – il livello civico e
etico di una società. Forse questo potrebbe persino disturbare i manovratori
dell’opinione pubblica che, anche in questa fase storica come solitamente nel
passato, continuano ad ammannire slogan e a risparmiare argomenti logici: ma
ciò sarebbe un motivo in più, non certo in meno, per regalarsi un libro almeno
tre o quattro volte l’anno.
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
2 commenti:
Perché la vita moderna é piena di obbligazioni ! Documenti da compilare! L'amministrazione é diventata la nostra lettura quotidiana, purtroppo ! L'amministrazione ci ha preso il nostro cervello! In Francia alcuni giovani che lavorano a tempo pieno lavorano per due persone! Che tempo rimane ?
É la fine di una civilizzazione! Torniamo verso un mondo barbaro, forse solo la Sicilia conosce altri tempi perché vive ancora come vuole! Ribelle ed autonoma perché colta!
Carissimo Augusto,
sollevi con il consueto acume un problema importante per la formazione dei giovani e dei cittadini: la desuetudine del leggere. Credo e tu in gran parte lo dici nella tua riflessione, che le responsabilità siano molteplici: da una società consumatrice di ben altri prodotti di rapida assimilazione (dal cibo, alla comunicazione virtuale) alla famiglia dove nei momenti "comuni" dominano incontrastati la televisione e il tablet, alla scuola, in cui non si educa più alla "lentezza formativa" della lettura. Personalmente non amo gli Ebook, ma considero piacevoli il rumore dello sfogliare e il profumo della carta che introducono a mondi, in cui lo spirito cresce e si apre al dialogo col mondo. Un abbraccio
Mauro
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