“Niente di
personale”
20.8.2016
LEGALITA’
Il grande
merito di un piccolo libro – Legalità, a cura del prof. Augusto
Cavadi (Di Girolamo, Trapani, 2013, €7) - è quello di condensare
chiaramente in poche pagine i concetti essenziali
di un’idea e una pratica, quella di legalità appunto, spesso fraintesa e poco
“agita” dagli italiani. Nel saggio, l’autore ci ricorda innanzitutto che le
leggi sono l’impalcatura della convivenza sociale e della democrazia e che
nascono per difendere i diritti di tutti, soprattutto dei meno forti e dei meno
fortunati. Cavadi chiarisce poi la differenza tra legalità e legalismo,
sottolineando che la legalità può degenerare in legalismo se non si accompagna
alla saggia ricerca della giustizia: “Una legalità senza ricerca
della giustizia è una legalità morta, senza speranza. La sfera giuridica non è
autonoma rispetto alle più ampie sfere dell’agire politico e del giudizio
etico.” La legalità quindi rimanda alla
giustizia come suo fondamento e alla politica per il suo pieno compimento.
Cosa
deve fare quindi un buon cittadino? Il libretto propone un convincente sentiero
esistenziale che comporta sinteticamente tre tappe importanti: 1) conoscere le
leggi: “L’arte di vivere la legalità (…) non può che iniziare dalla
conoscenza, da una corretta e completa informazione delle norme”; 2)
discernerne il fondamento alla luce di alcuni strumenti importanti, quali la
Dichiarazione dei diritti dell’uomo, la Convenzione europea dei diritti
dell’uomo e la Costituzione italiana; 3) rispettare le leggi se non confliggono
con i predetti ordinamenti legislativi: “Quando una norma, stabilita seconde
procedure legali, non confligge con la nostra coscienza morale, essa va
rispettata con fedeltà.” Di conseguenza, come ulteriore fattore di
ricchezza immateriale, dovrebbe rientrare nel ”pacchetto” di componenti del
PIL, oltre alla quantità di beni e servizi di uno Stato, anche: “il grado di
convinzione con cui i cittadini condividono le sue regole”. Infatti “senza
una legalità democratica interiorizzata – vissuta non per paura delle sanzioni,
ma come fattore irrinunciabile di bene comune – tutti gli altri tesori di
una civiltà poggiano su basi instabili.”
A
sostegno delle sue affermazioni, Cavadi cita Gandhi che, pur ribadendo che la
disubbidienza civile è un diritto intrinseco del cittadino, afferma: «Un
democratico è un amante della disciplina»; di conseguenza solo chi
normalmente obbedisce alle leggi acquista il diritto alla disobbedienza civile:
“Solo chi dimostra di sapere rispettare le leggi giuste a costo di
rimetterci soldi, carriera, la stessa vita, ha il diritto di opporsi … a quelle
leggi che, dopo un attento esame e un sereno confronto con gli altri cittadini
degni di fiducia, gli dovessero risultare ingiuste e/o immorali.” Infatti “opporsi
alle leggi ingiuste è un diritto, ma … anche un dovere. I martiri di tutte le
religioni lo hanno dimostrato”. C’è poi una cartina di tornasole che ci
consente di distinguere la resistenza per ragioni etiche a norme
sostanzialmente ingiuste dal ribellismo per ragioni di interesse privato: “Chi
resiste alla legalità ingiusta è disposto a pagare le conseguenze della propria
disobbedienza (…) Nei casi estremi … è disposto persino a lasciarsi uccidere
per denunziare il vero volto dell’istituzione che traveste di legalità la sua
volontà di dominio e di oppressione.”
Le
pagine finali del libro, che presentano anche una panoramica sui diversi volti
dell’illegalità, sono un vibrante richiamo alla partecipazione politica,
l’unica possibilità che, in un sistema democratico, consente di mutare una
legislazione imperfetta in una migliore: “La politica è la risposta creativa
senza la quale ogni possibile resistenza all’illegalità istituzionale o si
spegne per stanchezza o diventa eversione distruttiva.” Cavadi invita
quindi i lettori a un paziente e vigile esercizio di partecipazione
democratica, a partire dalle assemblee di condominio e da quelle del Consiglio
comunale per arrivare ai contesti legislativi istituzionalmente più ampi ed
elevati, evitando le sirene dello scoraggiamento, del qualunquismo,
dell’astensionismo e la tentazione della delega in bianco.
Chiudendo
allora Legalità, libretto prezioso che merita di essere adottato
come ausilio educativo/didattico in tutte le scuole superiori del nostro paese,
ci rimangono alcune preziose “perle” civiche: la consapevolezza del legame
ineludibile tra legalità, giustizia e politica e il desiderio di offrire il
nostro personale contributo all’aumento del PIL,
inteso stavolta come Prodotto Interno di Legalità. Perché, come ci ricorda lo
studioso Umberto Santino nella citazione all’inizio del libretto: “Gli eroi (come
Socrate, come Giacomo Ulivi, partigiano morto nella lotta di liberazione contro
un regime ingiusto) continueranno a morire se gli uomini comuni non
impareranno a vivere” .
Maria D’Asaro
http://www.nientedipersonale.com/2016/08/20/legalita-il-libro-di-augusto-cavadi
OPPURE
http://maridasolcare.blogspot.it/2016/08/legalita-niente-di-personale.html
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1 commento:
Ciao Augusto,
il tuo "libretto", proprio in questi giorni nei quali si straparla di legalità a proposito della ricostruzione nelle zone terremotate, è di straordinaria attualità, collegando la legalità alla giustizia e alla politica. Personalmente ci vedo uno dei pilastri della Costituzione - che sciaguratamente si vuole stravolgere - che trovò forza proprio in quella tensione etica al bene comune, che animò spesso il dibattito dell'assemblea costituente: ho paura che venga sostituita da una forma di cleptocrazia, che è la negazione di ogni legalità e giustizia. Grazie delle tue parole, incisive come sempre.
Mauro
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