“Centonove”
4.8.2016
NESTI E LA CRISTIANITA’ DEFUNTA
Leggere queste pagine di Arnaldo Nesti (Individualismo familismo. Spunti di storia e
antropologia sociale degli italiani, Gabrielli, S. Pietro in Cariano –
Verona 2016, pp. 155, euro 13,80) è un po’ come rifare, con l’autore, una
chiacchierata in trattoria, senza fretta, nella magia della Firenze medievale. Dall’alto
dei suoi ottanta e passa anni - trascorsi a vivere e a studiare e a viaggiare
e a dialogare – Nesti getta uno sguardo preoccupato sull’Italia di oggi,
oscillante fra “individualismo” e “familismo”, ma in ogni caso ben lontana dal
senso dello Stato e, soprattutto, del bene comune. E prova a capire come ci
siamo ridotti così e come potremmo emergere dal pantano.
L’originalità
della sua lettura è contrassegnata dalla specializzazione professionale
dell’autore che ha insegnato per decenni Sociologia della religione
all’Università di Firenze ed è tuttora direttore del Centro Internazionale di
Studi sul Fenomeno Religioso Contemporaneo (CISRECO) di San Gimignano: egli
infatti ritiene (sulla scia di illustri predecessori come Machiavelli) che la
storia italiana sia, nel bene e nel male, legata a doppio filo con le vicende
della Chiesa cattolica. Poiché quest’ultima sta attraversando una delle crisi
più gravi della sua vicenda bimillenaria – culminata nelle dimissioni clamorose
di Benedetto XVI - non c’è da stupirsi che l’ethos civile degli italiani ne risenta in misura altrettanto
preoccupante: un popolo ‘laico’ può sopravvivere alle disgrazie di una delle
tante chiese istituzionali diffuse fra la gente, ma un popolo ‘cattolico’ (e
forse più clerico-dipendente che credente) non può che restare stordito e
vagare incerto come un gregge di pecore senza pastore.
Ma, senza
entrare per ovvie ragioni nel merito della dettagliata ricostruzione di Nesti
dal Risorgimento al Renzismo, non possiamo esimerci da qualche notazione di
approfondimento. La crisi della Chiesa cattolica non è, come potrebbe sembrare
sfogliando le cronache, una crisi dovuta a scandali contingenti, dalla
pedofilia al riciclo di soldi sporchi attraverso gli istituti bancari vaticani:
queste porcate (in versioni più o meno note e più o meno aggiornate) ci sono
sempre state e fanno parte della dimensione mondana di ogni comunità religiosa.
Ciò che è in gioco è qualcosa di più radicale. Il cristianesimo è nato come un
movimento (provvisorio) perché Gesù e i suoi primi discepoli (Paolo apostolo
incluso) ritenevano imminente la fine del mondo. Ma questa “apocalisse” non si
è realizzata e la comunità dei seguaci
di Gesù dovette attrezzarsi per il lungo periodo: diventò un’istituzione
gerarchica, con i suoi dogmi e i suoi riti, i suoi tribunali e i suoi
concordati con i poteri politici. Il cristianesimo (fede, pensiero, vita)
divenne cristianità (tradizione, civiltà, morale): con la situazione
paradossale che molti nascevano cristiani (in quanto appartenevano alla società
cristiana) ma potevano essere miscredenti, agnostici o atei (in quanto non
accettavano il messaggio cristiano).
Ora la diagnosi
che, secondo il libro, accomuna Dossetti, Martini, lo stesso Nesti è che la
cristianità (nata con l’imperatore Costantino nel IV secolo) è morta; i
cristiani devono rassegnarsi e fare buon viso a cattivo gioco (un po’ come è
avvenuto quando il papa ha perduto Roma e ciò gli ha dato un’autorità morale
che non aveva da sovrano dello Stato pontificio). I cristiani devono riscoprire
la propria fede, le proprie convinzioni evangeliche, e mollare – senza
nostalgia – l’epoca in cui le scuole, gli ospedali, persino le banche erano
‘cattoliche’. Monsignor Mansueto Bianchi, che firma la Postfazione, ritiene che con papa Francesco saremmo nella strada
giusta: procediamo, lentamente ma decisamente, verso “una Chiesa in cui il
vangelo è ‘di più’ rispetto al diritto, all’etica, all’organizzazione e
quant’altro”. Ma – è questa la mia obiezione – la questione è ancora più grave.
Detto in soldoni: in crisi non è solo la cristianità (in senso
storico-sociologico) ma lo stesso cristianesimo (cioè il vangelo di Gesù e le
sue interpretazioni ortodosse). Di questa gravità abissale nel libro di Arnaldo
Nesti non mi pare che ci sia traccia. Sembrerebbe che basterebbe la conversione
della “cristianità” per risolvere la questione. Però una Chiesa povera, libera
dalla sete di dominio, meno ossessionata dal sesso che non si stanca di condannare
a ogni piè sospinto…sarebbe già per questo una Chiesa convincente? L’onestà e
la coerenza sono condizioni necessarie della testimonianza: ma sono anche
sufficienti? Oppure anche i cristiani più puliti si troverebbero – si
troveranno, si ritrovano – a fare i conti con interrogativi scientifici e
filosofici, etici ed esistenziali, immensi, ai quali neppure il cristianesimo
più ‘puro’ è in grado di rispondere? Benedetto
XVI cede davanti al trionfo della “trinità infernale” (potere, denaro, sesso)
dei suoi vescovi e dei suoi preti; ma, forse, ancor di più, davanti al “mutismo di Dio” (da lui stesso evocato) che
tace al cospetto delle tragedie dei
viventi. Insomma: ammesso che la cristianità ritrovi la sua “spina dorsale”, anche
il cristianesimo dovrebbe rivedere sé stesso, la propria identità teologica, il
proprio messaggio. Il recupero di un comportamento dignitoso da parte di chi si
presenta come cristiano sarebbe il primo passo: il secondo, più impegnativo,
sarebbe la revisione profonda del suo messaggio all’umanità. Per il primo passo
papa Francesco sembra attrezzato: lo è anche per il successivo? Eppure temo che
senza una teologia più sobria e fedele al vangelo delle origini sia vano
sperare in un incisivo rinnovamento dell’etica dei cristiani. Se ai membri
della cristianità, assediati dalle domande angoscianti che assillano il resto
dell’umanità, si offrono non le risposte semplici e modeste del Maestro di
Nazareth - bensì delle dottrine mirabolanti che pretendono di risolvere ogni
dubbio e diradare ogni nebbia - nell’intimo di sé stessi i cristiani resteranno
scettici. Sostanzialmente increduli. E l’ipocrisia è l’anticamera di ogni
cinismo pratico.
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
1 commento:
Ciao Augusto,
la tua riflessione sull'ultimo libro di Arnaldo Nesti, che - essendo un pistoiese - ho avuto modo di ascoltare più volte, mi ha coinvolto profondamente, anche perché condivido quasi in toto soprattutto le tue critiche. Infatti, mentre sono d'accordo sul piano dell'analisi, soprattutto quando parla di individualismo e di familismo, vizi "eterni" degli italiani, di cui la Chiesa porta molta responsabilità. Invece nella parte costruttiva sono in profondo dissenso con Nesti, il cui discorso mi sembra troppo "papacentrico", pur riconoscendo la grande novità dei gesti e dei messaggi di papa Francesco. Ma ormai siamo al kairòs, al momento risolutivo, in cui la parola deve ritornare direttamente al Vangelo senza filtri: Troppe estranee cause con quella del Cristo abbiamo mescolato ... Saprà il Cristo rimediare alla nostra inettitudine. E' lui che ha posto nel cuore dei poveri la sete della giustizia. Lui dunque dovranno ben ritrovare insieme con lei quando avranno distrutto i suoi templi, sbugiardati i suoi assennati sacerdoti. (don Lorenzo Milani, Esperienze pastorali). Buone vacanze
Mauro
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