“Il cristallo. Rassegna di varia umanità”,
anno LVIII, n. 1, aprile 2016-06-25
LA RECENSIONE DI FABIO BONAFE’
Augusto Cavadi, Mosaici di saggezze. La filosofia come nuova antichissima
spiritualità
Diogene Multimedia, Bologna 2015, pp. 357, euro 25,00.
La
prima cosa che succede prendendo in mano questo libro è scoprire che è un libro “quadrato”, 21
cm. x 21 cm. : un formato che diremmo
più tipico per un libro di fotografie o di altre immagini. La seconda cosa che
troviamo è che si tratta di un enorme repertorio di citazioni, note e
riferimenti bibliografici: infatti, leggendolo, si continua a sottolineare e a
spostarsi da una parte all'altra, rimandati ad autori e libri da leggere o
rileggere, che ritroviamo nelle ultime 50 pagine. Comunque sia, questo è un
libro molto quadrato che disegna un articolato e appassionato percorso nel
cercare di fare dell'amare la saggezza un modo di vivere, uno stile e una
pratica di vita.
In
questa ultima frase stanno nascoste le due parole chiave del libro - “filosofia” e “spiritualità” - che si ritrovano subito nel sottotitolo.
Difficile dire quale delle due sia oggi la più oltraggiata e screditata.
Entrambe lasciano spesso perplessi, e a ragione. Nonostante il successo di
iniziative turistico-culturali (festival
della filosofia e della spiritualità ce ne sono ormai diversi e assai
frequentati) e di iniziative editoriali, spesso collegate a testate
giornalistiche (libri e libretti che affollano gli scaffali e poi le bancarelle
dei mercatini). Ecco, ciononostante, la filosofia pare restare un labirinto di
grandi nomi e teorie fortemente inconcludenti, mentre la spiritualità, a parte la
soffocante parentela con le pratiche religiose, sembra qualcosa di vezzoso, un
lusso ambiguo e forse ipocrita, la scelta illusoriamente profonda e fintamente
devota di chi ha già vissuto e forse si consola o si sta separando dalla vita
(fosse pure buddhisticamente). Succede spesso che i professori di matematica
facciano odiare ciò che insegnano, così avviene per molti che insegnano la
filosofia a un pubblico coatto; peggio ancora è avvenuto per quelli che usavano
lo spirituale come rimedio del carnale e fuga dalla vita. Ecco perché le due
parolette del sottotitolo possono metterci a disagio, vi sentiamo ancora da una
parte la tediosità scolastica stampata nell'animo adolescente e dall'altra
l'aria chiusa e infelice della dottrina e del moralismo.
Ma,
se superiamo questo onesto ribrezzo e resettiamo i giusti pregiudizi, potremmo
avvicinarci con vantaggio a questo libro quadrato, del quale forse sopportiamo
poco anche il titolo. La parola saggezza
richiama un po' la vecchiaia: quale giovane vuole essere saggio? Chi vorrebbe
usare della vita con moderazione e prudenza? La saggezza sembra un estintore
appeso nel corridoio di un ospedale, uno strumento atto a spegnere le passioni,
a raffreddare l'amore, a rinnegare il coraggio e a deridere i sogni. Eppure, c'è stato un tempo in cui ..., o,
meglio, c'è la possibilità che addentare la vita con gusto e avidità sia cosa
saggia. C'è la possibilità che lasciare il pubblico dei devoti che si
commuovono alla vista del santo cadavere ed entrare nel lavoro sporco della
vita e nella contraddizione contaminante dell'impegno sociale e degli affetti
sia cosa pienamente umana: carne, corpo, spirito, mente, relazioni, sogni,
sangue, errori e bagliori di felicità o sconfitte. Se si smette di cercare
luoghi e recinti in cui depositare teorie di pensiero e ricerche di senso, se
si smette di fare museo e archeologia, tabernacoli e convegni nei quali
rispecchiarci e pubblicizzare il saputo e il creduto, forse si scopre che tutto
questo era mezzo per vivere bene, non per credere di sapere, ma per vivere in
mezzo agli altri, abbastanza uguali agli altri, con umiltà e con quanto basta
di consapevolezza e di verità. Cioè quanto è transitoriamente e incertamente
possibile.
Alla
fine sembra che qui non si sia detto quasi niente del libro di Cavadi, ma, se
leggerete il libro, capirete che non è così. Avrete tra le mani un libro che
rifiuta di far finta. Un libro che, se ve lo meritate, vi avrà dato gioia e
tanta voglia di fare e di essere, non ancora di più, ma un po' meglio.
Nelle
mani di chi dovrebbe arrivare questo libro? Me lo sono chiesto. Ecco, proprio
nelle mani di chi rifiuta di far finta, per esempio di chi rifiuta
l'aziendalismo scolastico (quello delle formulette in inglese, delle sigle
abbrevianti da POF in avanti, in cui solitamente si smarrisce la qualità e si
fa finta di averla protocollata). Nelle mani di persone “cardio-dotate”, magari
con l'animo dilettante, che provano diletto/piacere in quello che fanno. C'è
molto disorientamento e molta sofferenza nelle vite normali, nella vita dei
“sani”, e praticare percorsi di ricerca di senso e di consapevolezza è urgente
oggi come al tempo di Socrate o di Buddha. Forse anche per questo sarebbe
giusto assumere l'abito mentale del praticante più che del professionista, evitare
lo sfolgorio dello spettacolo e del consumo (ma i festival di questo e di
quello, non sono il surrogato moderno dei pellegrinaggi medievali e di altre
pratiche pie? Anche se fatti in onore del Pil e sotto il controllo
dell'assessorato al turismo e delle attività economiche?) e riprendere la
responsabilità della condivisione.
Il
libro di Augusto Cavadi cerca di mostrare che la vera ricerca filosofica ha una
significativa tradizione di cura della vita, e, in altre parole, di
spiritualità. Il monopolio religioso della dimensione spirituale ha in qualche
modo viziato e danneggiato la nostra storia. La caduta degli dei, la perdita di
fedi e di mitologie, rischia di buttare nell'assurdo e nel nichilismo anche la
vita degli uomini e le loro concrete speranze. Per questo motivo, e per altri
ancora che si ritrovano dibattuti soprattutto nei primi dieci capitoli del
libro, è necessario riprendere una tradizione filosofica già molto forte
nell'antichità e poi smarritasi nel cristianesimo e nella modernità. Nel fare
questo Cavadi, consulente filosofico e “filosofo di strada”, si ricollega al
grande lavoro di Pierre Hadot (quello di La filosofia come modo di vivere, Einaudi
2008) e alla ricerca di Gerd Achenbach ( autore di Saper vivere e di La
consulenza filosofica, entrambi delle edizioni Apogeo). Ma sono ancora
molti altri gli autori/guida con i quali il libro si confronta: da Martha
Nussbaum ad Hans-Georg Gadamer, da Hans Jonas a Jacques Ellul, senza escludere
poeti e scrittori, sociologi, teologi e monaci buddhisti.
Prima
di concludere vorrei soffermarmi su una apparente obiezione: legare la
“spiritualità”, nel suo senso più laico, alla filosofia e alla sua tradizione
millenaria non potrebbe farci credere
che, messa da parte la spiritualità di carattere religioso, si debba passare a
una spiritualità di carattere erudito, con tante letture da fare, corsi da
seguire con diplomi e certificati finali? Non intendo certo fare l'elogio
dell'ignoranza, anche se si possono elogiare la follia, la “dotta ignoranza” e
lo spirito del principiante. Ci si può chiedere piuttosto se non esista già una
“spiritualità” laica forse poco esplicitamente filosofica, diciamo pure
incolta, ma non inconsapevole. Come ogni
uomo ha una vita interiore, allo stesso modo ogni persona può avere, collegata
ad essa, una ricerca critica, un modo di valutare e distinguere il vero dal
falso, separare i pregiudizi e i miti, collegati al proprio tempo e al proprio
tornaconto, da una verità incerta e transitoria anch'essa, ma radicalmente coraggiosa
e onesta, aperta. Ecco, ho l'impressione
che, da qualche parte del suo libro, Cavadi ci abbia già detto anche su questo
qualcosa di utile.
Fabio Bonafé
2 commenti:
Che recensione fresca! Riguardo la possibilità di «una “spiritualità” laica forse poco esplicitamente filosofica, diciamo pure incolta, ma non inconsapevole» in effetti Augusto dice e la valorizza nel taglio autobiografico che permea tutta l’opera; nell’invitare a una spiritualità «oltre la filosofia per mezzo della filosofia»; nell’includere nel percorso Patti Smith a fianco dei classici, fino a mettere in evidenza persino gastronomia e sport.
Ciao Augusto,
riprendo dalla recensione di Bonafé la frase seguente:
per vivere in mezzo agli altri, abbastanza uguali agli altri, con umiltà e con quanto basta di consapevolezza e di verità. Cioè quanto è transitoriamente e incertamente possibile.
Credo che in essa siano racchiusi i significati più profondi della parola "saggezza", che può essere, come detto, facilmente equivocata. Ne aggiungo una apparentemente banale: "confronto". Credo che ciascuno di noi, come diceva Pasolini abbia il suo "inferno", che non è quello dei diavoli di cristiana dottrina, ma è l'immersione consapevole e umile in una società, che ha del disumano e dell'angelico. Forse solo accettando tutto questo, raggiungeremo la saggezza
Mauro Matteucci
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