“Repubblica
– Palermo”
29.5.2016
PERCHE’
MATRIMONI SEMPRE MENO NUMEROSI E SEMPRE PIU’ FRAGILI ?
Sulle
nostre pagine è rimbalzato l’aggiornamento sui dati statistici riguardanti i
nuovi matrimoni (sempre meno numerosi sia in chiesa che al Comune) e le domande
di separazione (sempre più numerose tanto fra le coppie giovani quanto fra le
anziane). La tendenza è chiarissima: anche nel Meridione italiano, anche in
Sicilia, soffia il vento della secolarizzazione. Piaccia o non piaccia, dal
punto di vista dei costumi affettivi e sessuali la distanza fra il Nord e il
Sud d’Europa si accorcia. Sociologi e psicologi, giuristi ed economisti ci
aiutano senz’altro a capire questi fenomeni: ma non ne esauriscono certo
l’analisi.
Una prima considerazione che si potrebbe
aggiungere riguarda la comprensione storica. L’aspettativa di vita negli ultimi
decenni si è allungata di molto per cui anche la durata di un matrimonio medio
si è estesa: per le generazioni precedenti i decessi a quaranta-cinquant’anni
di almeno uno dei due coniugi chiudevano delle convivenze che oggi si
prolungano, se non interviene la decisione di separarsi, sino a ottanta-novant’anni. Una seconda
considerazione riguarda la valutazione morale delle separazioni. Esse
costituiscono certamente il fallimento di un progetto di vita, ma abbiamo
imparato a riconoscervi in alcune situazioni l’unica strada per correggere una
direzione esistenziale sbagliata: non sono rari i casi, infatti, in cui un
secondo esperimento di vita di coppia riesca molto meglio del precedente. Molto
dipende, ovviamente, dal criterio di misura: se esso è la resistenza di un’istituzione,
la persistenza del vincolo coniugale vale più della serenità dei coniugi;
qualora, invece, sia proprio la qualità di vita dei coniugi, una separazione
consensuale può risultare di gran lunga preferibile - per sé e per i figli – di una convivenza
forzata e polemica e dolorosa nella stessa casa.
Ma perché si ha tanta difficoltà a
mantenere una sincera fedeltà coniugale negli anni? Sino a poco tempo fa si
poteva rispondere che la co-abitazione dopo la cerimonia nuziale svelava il
vero carattere del coniuge; ma ormai è un argomento che non vale dal momento
che le occasioni di conoscersi, anche intimamente, nel periodo pre-matrimoniale
sono numerosissime per quasi tutte le giovani coppie. Una risposta più
convincente può venirci dalla riflessione di Aristotele. Il sommo filosofo
greco osservava infatti che l’amicizia può fondarsi o sul piacere o
sull’interesse o sulla condivisione dei valori. Nel primo caso dura quanto dura
lo scambio del godimento reciproco: basta che uno dei due amici perde salute o
buonumore ed ecco che l’altro si allontana. Più duratura l’amicizia basata su
interessi: se sono socio in affari con un partner,
la nostra relazione sopravvivrà al calo di complicità emotiva purché persistano
le ragioni utilitaristiche. Qualora vengano meno anche queste, l’amicizia
resiste solo se ci sono passioni condivise e stima reciproca: se si coltiva
insieme l’arte o il gusto per i viaggi o l’impegno politico o la ricerca
scientifica…Molte coppie ritengono di essere pronte per il matrimonio solo
perché hanno sperimentato un’intesa psicologica e sessuale. E quando la
complicità erotico-emotiva scema si appigliano a ragioni di ordine
utilitaristico (per esempio la gestione di un negozio o la responsabilità
educativa dei figli). Ma anche queste motivazioni hanno una data di scadenza.
Allora si resta insieme solo se si è pervenuti a un’amicizia “virtuosa”:
radicata nel comune esercizio di qualità umane, civiche, intellettuali per cui
un partner sa che difficilmente
troverà un amico così prezioso e così sincero come il proprio coniuge.
Così, almeno, la pensava un vecchio saggio
del quinto secolo prima di Cristo. E potrebbe non avere tutti i torti.
Augusto Cavadi
2 commenti:
sono assolutamente d'accordo: per stare bene in coppia non si può prescindere da una condivisione di valori e di interessi (non economici)
Qui c'è un altro parere molto interessante:
http://www.ilpost.it/2016/05/30/libro-de-botton-amore/
Andrea
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