“Repubblica
– Palermo” 5. 4.2016
MA I
PROFESSORI VOGLIONO L’INCENTIVO IN BUSTA PAGA ?
Anche le
scuole siciliane sono agitate, in questi giorni, dalla determinazione dei
criteri con cui selezionare, di anno in anno, i due terzi di docenti di ogni
istituto cui riconoscere un’integrazione stipendiale incentivante. Da dove
scaturisce tanta agitazione? Si tratta di un elemento della “Buona scuola”
renziana che suscita pochi consensi e molti dissensi perché – come è
inevitabile in politica – costituisce una mediazione fra prospettive opposte.
Da una
parte la maggioranza silenziosa degli insegnanti che, abituati a decenni di
politiche governative e sindacali basate sul livellamento salariale, sono per
principio contrari a ogni mutamento: meglio pochi soldi per tutti, ma senza
nessuna forma di verifica della propria professionalità. Dall’altra una
minoranza critica scandalizzata per la presenza negli organici della scuola di
docenti che vivacchiano noiosamente rovinando, anno dopo anno, intere
generazioni di cittadini: docenti di cui
alunni, familiari e colleghi lamentano vanamente l’inadeguatezza pedagogica e
che andrebbero licenziati o spostati ad altri incarichi burocratici.
Lasciare
tutto come sta o intervenire decisamente con il bisturi ? Il governo ha cercato
un compromesso che, come tutti i compromessi, lascia insoddisfatte le parti in
causa. I conservatori gridano all’aziendalizzazione della scuola, allo
scatenamento della guerra fra poveri e temono la sproporzione fra il potere dei
dirigenti scolastici (i presidi) e gli organi collegiali; gli innovatori temono
che ogni collegio di docenti opterà per formule qualunquistiche (del tipo:
rotazione triennale in modo che tutti gli insegnanti fruiscano indistintamente
del beneficio economico) e preferirebbero
che si licenziassero gli inefficienti (rimpiazzandoli con giovani di talento da
troppi anni in sala d’attesa) per poi aumentare il salario mensile
indistintamente a tutti i docenti meritevoli di restare in cattedra.
Dall’impasse si uscirà solo se, con una
svolta radicale, da oggi in poi si entrerà nella scuola (e si ci resterà) mostrando di avere competenza disciplinare e
attitudine didattica: senza leggi e leggine, di genere ‘sanatorio’, che
regolarizzino precari utilizzati per anni come tappabuchi. E se, una volta
entrati di ruolo, sarà ufficiale la differenza fra i professori full time (non necessariamente impegnati
a scuola, ma anche a casa a studiare) e quanti, del tutto legittimamente se
alla luce del sole, dedicano metà della giornata ad altre attività remunerate
(lezioni private, palestre sportive, laboratori chimici, studi legali o di
architettura o di consulenza filosofica…) . Questa rivoluzione necessaria
riuscirà solo se, in conseguenza di decisioni legislative e amministrative
nazionali, ci saranno comportamenti coerenti a livello locale: sino ad ora
infatti insegnanti che, nell’anno di prova, dimostrano di essere incompetenti e
psicologicamente immaturi ottengono il beneplacito per la conferma in ruolo dai
colleghi più anziani e dai dirigenti scolastici per ragioni umanitarie. Ma avviene
anche così tra i magistrati, i chirurghi, i piloti di aerei? Eppure non c’è
proporzione numerica fra quanti possono essere danneggiati da un errore
giudiziario, medico o nella guida e quanti vengono segnati per l’intera
esistenza da educatori che stroncano in bambini e adolescenti il desiderio di
conoscere, la voglia di confrontarsi democraticamente, il gusto dell’impegno
sociale.
Augusto Cavadi
2 commenti:
Ciao Augusto,
sono rimasto colpito dalla tua riflessione sulla scuola. Devo dirti che personalmente non sono affatto d'accordo con gli incentivi da dare ai professori cosiddetti "bravi". Ma come dici benissimo alla fine dell'articolo, vanno allontanati da un luogo fondamentale di formazione come la scuola, coloro che sono incapaci di avere un vero rapporto educativo con i loro allievi. Ne ho incontrati tanti in 40 anni di insegnamento, con i quali spesso ho avuto scontri furenti: i ragazzi spesso erano "fantasmi" per loro, non persone fatte di carne e di emozioni. La riforma "renziana" aggiunge male al male, creando anzi moltiplicando l'accolita di servi e di ruffiani che ruotano e hanno sempre ruotato attorno ai presidi. Una soluzione penso possa essere, invece, quella di tornare ad un' impostazione collegiale dell'insegnamento con una forte responsabilizzazione di tutti al "bene comune" che sono le future generazioni. Grandi maestri di ieri come don Lorenzo e Danilo Dolci e di oggi come Cesare Moreno, ce lo insegnano. Con amicizia
Mauro
Io gli incentivi li darei a quegli insegnanti che non si limitano a trasmettere cultura, ma a produrla con iniziative culturali con la pubblicazione di saggi, articoli, ricerche e via dicendo. Che ne dici? Non sarebbe una cosa bella? Chissà quante e quali energie si sprigionerebbero che oggi rimangono allo stato latente. Altro che corsi - per buona parte inutili - di aggiornamento -. Saremmo davanti all’autoaggiornamento. Ma di quello vero. Autentico, che lascia il segno negli alunni.
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