“CENTONOVE”
14.4.2106
MEDITARE
IN OCCIDENTE
Negli anni
2004, 2005 e 2007 , nel terzo canale radiofonico della Rai, Luigi Lombardi
Vallauri ha tenuto delle trasmissioni per lo meno insolite: un “corso” di
iniziazione a un genere inedito di
meditazione nel quale il metodo
orientale viene sperimentato su contenuti forniti dalle scienze occidentali.
Per anni quelle trasmissioni sono state ascoltate e ri-ascoltate dal sito della
Rai, ma adesso c’è la possibilità di fruirne su un registro differente (con i
pregi e gli svantaggi del caso): sono state infatti trascritte, raccolte e
pubblicate nel volume “Meditare in Occidente, Corso di mistica
laica” (Le Lettere, Firenze 2015, pp.
346, euro 23,80).
Innanzitutto,
cosa intende l’autore per “meditazione”?
“Meditazione è per me l’insieme delle pratiche, fisiche e psicospirituali,
capaci di propiziare un incontro diretto, intuitivo-vissuto, con l’altamente
significativo” (p. 7). Ma perché specificare “in Occidente” ? Perché noi occidentali, una volta disillusi dalle
“grandi narrazioni” teologico-religiose, abbiamo perduto il gusto della
meditazione. La maggior parte di noi non l’ha mai sperimentata e i pochi che ci
hanno provato hanno ritenuto necessario far finta di essere nati e cresciuti in
Oriente. Qui invece si vuole provare a “meditare da occidentali, perché siamo
occidentali”; ma senza rinunziare ai suggerimenti provenienti dalle tradizioni
asiatiche, nella convinzione che sia urgente una “sintesi Oriente – Occidente”
dal momento che “il meglio delle grandi tradizioni culturali forse si salva non
all’interno chiuso dell’una o dell’altra, ma all’intersezione dell’una con
l’altra. Per esempio l’India tende a degenerare, se rimane chiusa al proprio
interno, in superstizione, e d’altra parte un mondo completamente dominato
dalla cultura euro-americana, diciamo mcdonaldizzato,
sarebbe spaventoso” (p. 23).
Chiarito il
titolo, resta da interpretare il sottotitolo: mistica laica. Non è un ossimoro, una contraddizione in termini ?
Così sarebbe se – com’è d’uso abitualmente – si riservasse il vocabolo
“mistica” esclusivamente a “esperienze
originate da rivelazioni religiose”. Ma così non è mai stato e nel XX secolo
Wittgenstein ce l’ha ricordato con la sua proverbiale icasticità: “Che il mondo
è, è il mistico”. Come commenta Lombardi Vallauri, “nulla di più laico del
constatare che esiste un mondo; al tempo stesso nulla che possa suscitare un
più abissale stupore: la vittoria dell’essere, di un qualche essere, di una
qualche storia dell’essere, sul non essere ! Proprio l’intersoggettivo
indubitabile, il banale-evidente assoluto, semplicemente il mondo, è il
prodigio ontologico insondabile” (p. 7). Insomma, la mistica - lungi dall’essere monopolio esclusivo di
monaci e suore (ammesso che lo sia davvero !) – è “un humanum laico, è laica come sono laici la matematica, il viaggio,
l’innamoramento, l’arte, tutte le cose vere e belle, indipendenti dalla religione.
Parlare di mistica è serio e non facoltativo, come parlare di pane” (p. 21).
Così , dopo
aver chiarito l’atteggiamento più adatto alla meditazione (la “pacificazione
profonda” o samadhi e la
“consapevolezza discernente” o vipassana),
l’autore perlustra vari aspetti del mondo in cui siamo immersi: l’infinitamente
grande (la nostra galassia tra miliardi di altre galassie); l’infinitamente
piccolo (gli atomi e i protoni e i neutroni); l’infinitamente complesso (il
nostro organismo biologico di circa “centomila miliardi di cellule”); l’infinito
di incomprensibilità (come fa il nostro cervello a ricevere elementi biochimici
e a produrre “concetti coscienti”?); le emozioni che avvertiamo quando facciamo
esperienze erotiche, estetiche, ontologiche, vocazionali, avventurali e di
tenerezza-responsabilità; la matematica; la fisica; la paleontologia; la
cultura nelle sue varie versioni planetarie; la religione; gli stati d’animo
negativi (“quelli che mi fanno vivere
meno”); i paesaggi più significativi e l’attitudine migliore per
incontrarli (“anima di paesaggio”): alta montagna, città, cielo, ecosistemi
selvaggi, mare e deserto, corpo di donna, acqua, aleph.
Mi rendo
conto che ho potuto restituire poco più dello scheletro di questo libro davvero
originale (e, a mio parere, imperdibile soprattutto da chi dedica la maggior
parte dell’esistenza alle scienze “dure” più o meno “esatte”); ma spero che
susciti la curiosità di verificare quanta spiritualità a-confessionale possa
ancora veicolare una riflessione seriamente, e sobriamente, filosofica.
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
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