“Uomini in
cammino”, 1, 2016
Il libro ha
catturato la mia curiosità “interessata” fin dalle dediche: “... agli amici con cui organizzo ... le Domeniche
di spiritualità laica per chi non ha Chiesa”. La spiritualità non è “roba
da Chiese”, da preti, da pastori... è di ogni uomo e di ogni donna; e la sera
che l’autore lo ha presentato a Pinerolo eravamo tanti e tante “credenti senza
Chiesa” ad ascoltarlo e a dialogare con lui e tra noi.
Un volume di quasi 300 pagine,
corredato da 910 note, un indice dei volumi citati e uno dei nomi. Ma lasciamo
perdere i numeri... Leggendolo (avevo il compito di presentarlo) vi ho colto un
“filo rosso” in due parole: senso critico e spiritualità naturale, che lui
presenta (pag 19) come “piacere di
conoscere la realtà vera”. Tocca a ciascuno e a ciascuna scegliere di
“incarnare” questo amore per la sapienza (filo-sofia), che la Bibbia ebraica ci
dice essere uno dei volti del divino, del “divino
che è in noi”, come ci raccontano le donne delle comunità di base –
imparando sempre di più a praticare quel senso critico che è il “modo della
nostra spiritualità”: la “laicità più radicale” (pag 12). Poi ho ritrovato due
parole che mi sono care e preziose: consapevolezza e responsabilità, che sono i
binari fondamentali su cui si snoda il cammino degli uomini che cercano di
trasformare la propria maschilità per una nuova civiltà delle relazioni.
Cavadi, filosofo
di strada (come ama definirsi) e professore di filosofia, ci fa accompagnare in
questo percorso di conoscenza e di saggezza dal pensiero di centinaia di
filosofi e di qualche filosofa, dall’antica Grecia ad oggi. In realtà cita
poche donne, e la cosa mi ha turbato non poco. Poi ho riflettuto sul fatto che,
per evitare che sia un mero vezzo intellettuale – purtroppo succede – quello di
citare donne femministe dimostrando di averne letto i libri, è necessario
incarnarne gli insegnamenti. In questo Cavadi mi sembra molto coerente: nel
libro e nel dialogo con lui ritrovo l’ascolto, il partire da sé, la coerenza
tra affermazioni e vita, la convivialità delle differenze, il rifiuto delle
gerarchie... In un certo senso si dimostra continuatore dell’opera degli uomini
raccontati da Gabriele La Porta in Il
ritorno della Grande Madre: uomini che hanno traghettato la cultura
matriarcale attraverso i secoli difficili e bui, grazie al fatto di essere
uomini, accolti nei circoli intellettuali maschili e accettati dai loro
congenri.
A volte citare e dichiarare la
propria riconoscenza e il proprio riconoscimento a quelle donne provoca
reazioni di chiusura e di silenzio. Meglio, quindi, concentrarsi sulla
diffusione dei messaggi e sulla contaminazione delle pratiche di vita. E’
necessario anche, però, che tutto questo venga correttamente recepito e
riconosciuto, anche dalle donne: che il non citarle non venga sempre
interpretato come ignoranza, misconoscimento, supponenza patriarcale.
Mi sembra
stimolante e illuminante la “proposta di
Peter Handke”, citata da Augusto a pag. 15, “di intendere ‘ripetizione’ come sinonimo di ‘ritrovazione’ (un
ritrovare ciò che si era perduto per farne risorsa creatrice di futuro)”.
Cavadi lo dice a proposito delle “citazioni”, di cui fa uso abbondante nel
libro. E continua, quasi a sostenere la sua scelta, con una dichiarazione di
Plotino: “Questi discorsi non sono una
novità... ma sono stati fatti da lungo tempo, sia pure non esplicitamente, e i
nostri ragionamenti attuali si presentano solo come interpretazione di quelli
antichi...”.
Antichi “come le montagne”, mi
viene da dire, parafrasando Gandhi. Antichi come l’ordine simbolico della
madre, che ha guidato il millenario (“milionario” bisognerebbe dire) processo
di ominazione e di crescita della specie umana, e che solo recentemente è stato
investigato e descritto e proposto alla nostra attenzione da Luisa Muraro, la
cui “interpretazione” mi ha coinvolto e convinto: è l’ordine simbolico anche
per noi uomini, radicalmente alternativo all’ordine patriarcale. E’ una
“tessera di saggezza” che propongo ad Augusto Cavadi di inserire nei suoi
“mosaici”.
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