“Centonove” 7.1.2016
COME
DIFENDERSI DALL’AMORE ETERNO
Giuseppe Ferraro insegna
filosofia morale alla “Federico II” di Napoli, ma è tra quei docenti che – pur
operando con convinzione all’interno delle istituzioni – non intende restarne
prigioniero. Egli vuole mettere alla prova la filosofia offrendola nei luoghi
“estremi” come i quartieri popolari della sua Napoli o le strutture carcerarie.
Il titolo del suo sito – www.filosofiafuorilemura.it
- dice già da solo l’essenziale: curiosandovi dentro si può apprendere tanto
altro.
In molti testi ha raccontato
le sue incursioni filosofiche in territori apparentemente inospitali rispetto a
qualsiasi sollecitazione filosofica, ma recentemente ha pubblicato un libro (Imparare
ad amare , Castelvecchi, Roma 2015, pp. 188, euro 17,50) in cui le esperienze personali di
filosofo-in-pratica restano sullo sfondo per dare rilievo alla focalizzazione
teoretica di quel sentimento, l’amore appunto, che è evocato dal nome stesso
filo-sofia. Il titolo potrebbe dare
adito a equivoci, come se si trattasse di un manuale del perfetto latin lover: in realtà è una citazione
di Nietzsche, a giudizio del quale è doveroso – inevitabile – che ci facciamo
discepoli dell’arte di amare.
Ma quale amore è in
questione? Ferrara lo raffigura con pennellate volutamente paradossali: “folle,
eterno, impossibile”. “Folle” nel senso che è oltre qualsiasi “ragione”
calcolante; “eterno” nel senso che, quando lo si vive, si esce dalla dimensione
temporale (“l’amore vero non finisce. E se finisce, non è mai stato vero”);
“impossibile” nel senso che non si accontenta di ciò che è ‘normalmente’
praticabile ma si espone a realizzare l’imprevedibile, l’inedito.
Così concepito, l’amore è “il” tema della filosofia perché coincide con
l’interrogativo sul “vivere”: chi non ama, mima la vita e non la sperimenta
davvero nella sua pregnanza. Per questo anche la storia della letteratura si
lascia scandire dai modelli di amore che si succedono: Tristano e Isotta, Romeo
e Giulietta, Anna Karenina, la Catherine di Cime
tempestose, La principessa di Clèves
di madame La Fayette, la Fermina de L’amore
al tempo del colera, Federico e Madame Arnoux de L’educazione sentimentale…In queste pagine l’analisi dei testi si
intreccia con la critica sociale: nessuno ama fuori dai condizionamenti
ambientali in cui si trova a vivere, ma gli amori trasgressivi spezzano le
pareti imposte dalla società e anticipano, profeticamente, altri stili amorosi.
In questo senso - anche in questo senso
– l’amore è politicamente rilevante: è
“l’intima utopia del mondo della vita”.
Ovviamente non potevano
mancare le pagine dedicate alle teorie filosofiche dell’amore (Platone in primis) , ma sono presenti anche
molte considerazioni dedicate a Freud e alla psicanalisi: tutte senza
pedanteria erudita, tutte rivolte a decifrare il difficile segreto
dell’esistere. E’ infatti un libro scritto come se parlato, quasi una ripresa
della pratica greca (su cui ha attratto l’attenzione degli storici il grande Pierre
Hadot) di usare i testi come appunti provvisori fra un colloquio orale e il
successivo. Ed è molto vicino alla Grecia antica anche per il coraggio di
affrontare quelle domande esistenziali da cui molti filosofi contemporanei - specie se sono soltanto ottimi, o
discreti, professori di storia delle
filosofie altrui – prendono le distanze,
quasi con vergogna. Ma se la filosofia snoba gli interrogativi che angustiano
le donne e gli uomini che non sono filosofi di mestiere, perché stupirsi che le
donne e gli uomini della strada vogliano restare estranei al mondo dei
filosofi?
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
Nessun commento:
Posta un commento