“REPUBBLICA – PALERMO”
28. 1. 2016
BREVE GUIDA ALLA SCELTA DELL’INDIRIZZO SCOLASTICO
Tempo d‘iscrizioni scolastiche, in particolare di
scelta dell’indirizzo di studi per gli adolescenti che chiudono con la scuola
media di primo grado. Genitori (e qualche volta alunni) pongono quesiti di ogni
genere, ma la formula d’oro per rispondere non esiste. Bisogna ricorrere a un
po’ di buon senso alla luce di pochi, ma chiari, criteri.
Il primo: gli sbocchi professionali sono la
conseguenza, non la premessa, di un’opzione oculata. Scegliere un liceo
informatico o un istituto alberghiero perché oggi computer e cucine tirano è
due volte sbagliato: nessuno sa davvero come sarà il mercato del lavoro tra
cinque o sei anni e, soprattutto, nessuno riuscirà a lavorare domani come
informatico o come chef se non ha oggi una vera passione in quei campi. Fra le
tante disavventure attuali del mondo del lavoro c’è un solo aspetto positivo: i
raccomandati saranno sempre meno, i veri competenti avranno sempre più possibilità
d’inserimento. E nessuno impara davvero un mestiere se non prova inclinazione
sincera verso di esso.
Questo primo criterio ne comporta un secondo: non
esiste l’indirizzo migliore in assoluto, ma il più adatto a ciascuna
personalità. E’ ovvio che un liceo
classico dia una preparazione più ampia e più approfondita rispetto a un liceo
artistico: ma questa considerazione ‘oggettiva’ non può prevalere
sull’eventuale attitudine ‘soggettiva’ di un ragazzo verso l’estetica né, ancor
meno, sull’eventuale indisposizione verso lo studio delle lingue antiche.
Una volta individuato il tipo di scuola (bypassando
considerazioni contingenti quali la distanza dalla propria abitazione o il
desiderio di non staccarsi dall’amica del cuore) è bene non angustiarsi cercando
l’istituto più ‘in’ o, nell’ambito di
un istituto, la sezione più ‘gettonata’. Soprattutto da quest’anno e per i
prossimi anni le scuole italiane sono soggette a un turn over davvero imprevedibile: dirigenti scolastici e docenti
validi si distribuiscono in maniera ‘random’ tra dirigenti scolastici e docenti
meno validi e, in più, trasferimenti di sede e passaggi dal ruolo alla
quiescenza mutano gli assetti da un anno scolastico al successivo. Se poi un
istituto gode di qualche stabilità del corpo insegnante, il dirigente
scolastico (se non è inesperto o se non vuole agire con metodi clientelari)
distribuirà in ogni sezione i professori
di differente valore in maniera da evitare le sezioni di serie A e le sezioni
di serie C.
Ma – e siamo a
un quarto e ultimo criterio – la decisione ultima dev’essere dei genitori o
dell’alunno? Non stiamo riflettendo su
bambini di cinque anni (per i quali la domanda sarebbe superflua) né su giovani
di diciotto (per i quali dovrebbe essere superflua per motivi opporti), ma di
adolescenti di tredici o quattordici anni nei quali, non solo in questo caso,
convivono tratti infantili con elementi di maturità. La responsabilità della
scelta non può essere affidata totalmente a loro, ma neppure gli può essere
totalmente sottratta. Nella seconda ipotesi
avranno ragione di rinfacciare ai genitori, in caso di fallimento, una decisione
subita; nella prima, sempre in caso di fallimento, avranno ragione di
rinfacciare la solitudine in cui sono stati lasciati. E’, insomma, un’ottima
occasione per continuare - in molte
famiglie per iniziare – a confrontarsi tra genitori e figli con serenità,
rispetto e delicatezza: esaminando pro e
contra senza imposizioni unilaterali
né divieti aprioristici, ma in spirito di complicità. Senza dimenticare che
dopo il primo o il secondo anno di scuola secondaria si può sempre cambiare
indirizzo: meglio ammettere senza tragedie un piccolo errore che condannarsi,
per tutta la vita, a un mestiere ereditato in famiglia o abbracciato per esclusione.
Nella difficile arte della vita la propria realizzazione lavorativa è
certamente il fattore di gran lunga decisivo.
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
2 commenti:
Parole e considerazioni di saggezza, caro Augusto; intanto buona domenica
Cosimo
Sagge parole, caro Augusto, ma il problema grave è che 13 o 14 anni non sono l'età giusta per compiere una scelta che condizionerà tutta la tua vita. Penso che per il ventunesimo secolo sarebbe molto più adatta una scuola superiore unica, con un biennio comune dotato di qualche materia opzionale e un triennio basato su una solida area comune e pochi indirizzi orientati a fornire professionalità e competenze altamente flessibili. Così si garantirebbe davvero l'uguaglianza di opportunità e si eviterebbe il trauma di scelte precoci e pericolosamente decisive. Il lavoro si impari sul lavoro, la scuola insegni solo a pensare, a capire, a imparare.
Posta un commento