“Riforma”
27.10.2015
IL COLLASSO PROTESTANTE E…CATTOLICO
Nel suo ultimo editoriale su
“Riforma”, Fulvio Ferrario commenta – tra l’altro – un passaggio della Lettera al papa
di 13 cardinali preoccupati di eventuali aperture del Sinodo sulla famiglia su
temi caldi come la comunione ai risposati e la piena accoglienza degli
omosessuali: “Il collasso delle chiese protestanti liberali nell’epoca moderna,
accelerato dal loro abbandono di elementi chiave della fede e della pratica
cristiana in nome dell’adattamento pastorale, giustifica una grande
cautela nelle nostre discussioni sinodali". Da osservatore della vita
ecclesiale, di formazione e lunga militanza cattolica (anche se approdato da
una ventina di anni a posizioni oltre-cristiane), vorrei aggiungere alle
(secondo me) fondate osservazioni del teologo valdese almeno un’altra
considerazione: da quale nave giunge l’invito a vedere in abbandono la barca
protestante? Fuor di metafora: il “collasso” in termini di partecipazione
attiva alle celebrazioni liturgiche, che sarebbe in atto nelle chiese
protestanti, è un fenomeno esclusivo delle chiese più ‘aperte’ alle istanze
della Modernità? Non so se si verifichi in ambienti che conosco pochissimo
perché proprio non riesco a sostarvi più di dieci minuti (mi riferisco ad
alcune chiese evangelicali centrate su figure carismatiche al cui confronto la
devozione dei cattolici verso i vescovi e il papa rischia di risultare
tiepida), ma so con certezza che si verifica negli ambienti (che conosco meglio
e che in parte continuo a frequentare) cattolici.
Dopo trent’anni di egemonia wojtyliana e ratzingeriana (papi non certo
lassisti in fatto di etica sessuale) le chiese cattoliche della mia regione (la
Sicilia) sono allo stremo. Nonostante la secolarizzazione sia avanzata molto
più lentamente che in altre aeree europee industrialmente più ricche (comprese molte aree del
Settentrione italiano), perfino dalle nostre parti le statistiche parlano
chiaro: diminuiscono le richieste di battesimo, ancora di più di prima
comunione, di cresima e di matrimoni religiosi; calano i frequentanti le
lezioni di religione cattolica; per non parlare del crollo delle domande di
ammissione sia al presbiterato sia nei conventi e nei monasteri. Frequenta
abitualmente la messa domenicale non più del 10 % della popolazione a cui va
aggiunto non più di un altro 20% che la frequenta saltuariamente: il che
significa che circa il 70% dei Meridionali non partecipa alla messa né
abitualmente né saltuariamente.
Se questo quadro è, sostanzialmente, attendibile vuol dire che lo “scisma
sommerso” di cui ha scritto anni fa il filosofo cattolico Pietro Prini sta
diventando secessione palese. E, in questo contesto, un cardinale dovrebbe
avere un po’ di remore nel denunziare il “collasso” di consenso delle chiese protestanti ‘storiche’.
Poiché svolgo la professione di filosofo-consulente,
non sono abituato a dare consigli (tanto meno se non richiesti); ma, se proprio
fossi indotto a darne uno ai pastori della chiesa cattolica, ne darei
volentieri…due.
Il primo sarebbe di non valutare le scelte ecclesiali col metro del
possibile consenso numerico. Proprio chi è fedele al vangelo non può
preoccuparsi delle conseguenze ‘promozionali’ delle sue decisioni: alcune norme
etiche si cambiano solo se traducono meglio l’annunzio del Regno di Dio. Tutto
il resto è effetto collaterale secondario.
Il secondo consiglio sarebbe di
capire che la crisi degli altri crstiani non deve rallegrare nessun crstiano,
ma interrogare tutti quanti: perché la gente non si trova più coinvolta dalla
passione evangelica? Perché cresce il numero di quelli che si definiscono atei?
E perché – dato ancor più grave – cresce il numero di quelli che sono
totalmente estranei e indifferenti all’alternativa fra credere e non-credere?
Insomma ci sarebbero problemucci un po’
più consistenti della discussione
sulla comunione ai divorziati o sulla vita sessuale privata degli
omo-affettivi…
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
2 commenti:
Dici bene: il diffondersi dell'indifferenza al problema stesso del credere o non credere mi sembra più grave. Per la verità non comprendo com'è possibile che non ci si ponga neppure il problema. E dire che che mi piace la diversità degli approcci che le persone hanno ai problemi della vita. E allora perchè questa indifferenza mi sconcerta un poco?
Mario Mercanti 29 ottobre 2015
Ancora più a monte, a mio parere, bisognerebbe chiedersi che cosa può significare, oggi, "credere": aderire a una dottrina (trinitario-cristologico- mariologica) e ad una precettistica morale o, piuttosto, al "programma etico" del Gesù storico, fondato sulla libertà e sull'amore, nel quadro di una concezione radicalmente nuova di Dio e dei suoi rapporti con noi?
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