I leghisti e il loro dio
Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 32 del 26/09/2015
Esattamente come il fascismo, anche la Lega ha esordito sulla
scena pubblica con forti toni anticlericali (per altro coerenti con
concezioni animistiche significativamente suggellate dalla venerazione
del Dio Po). Addirittura, fra gli anni ‘90 e il Giubileo del 2000, la
Lega tentò la fondazione di una sorta di Chiesa protestante strettamente
incardinata nelle comunità regionali locali. È la fase “uno” della
contrapposizione frontale alla Chiesa cattolica che, «nel corso della
sua storia, ha fatto più morti del nazismo» (questa, e le successive
citazioni, sono di Umberto Bossi): «L’atea romana Chiesa con i falsoni, i
vescovoni che girano con la croce d’oro nei paesi dove si muore di
fame. Il Meridione è quello che è grazie al potere teocratico dell’atea
romana Chiesa, il principale potere antagonista dei padani». La polemica
non evita formulazioni addirittura divertenti come l’invettiva contro
il papa polacco che è venuto a rubare il mestiere ai papi italiani…
Ma già nel giugno dell’anno 2000 La Padania annunzia la
notizia-bomba della conversione di Umberto Bossi: «Qualche anno fa ho
attaccato il papa, ma mi sono sbagliato». Il papa era stato un «patriota
polacco» che si era battuto per la difesa delle «radici cristiane»
dalla marea invadente della «mondializzazione». Inizia la fase “due”. La
Lega si allea sempre più strettamente con Berlusconi e, in genere, con
le destre: intuisce che può trovare nelle gerarchie ecclesiastiche
italiane (capitanate dal furbissimo cardinal Ruini) dei preziosi
alleati. Si individuano anche dei nemici comuni: gli immigrati non
cattolici, soprattutto gli islamici. Il cattolicesimo viene
sponsorizzato come strumento identitario contro ogni rischio di
contaminazione etnica, culturale, religiosa. Se un vescovo o un parroco
osa obiettare contro questa ibrida alleanza (anche in nome di principi
etici “non negoziabili”) viene subito bollato dai leghisti come
“cattocomunista”.
Nell’aprile del 2012 il trono di Bossi vacilla e, sotto il peso
degli scandali di ogni genere, finisce col rovesciarsi. L’ascesa al
potere di Matteo Salvini segna una terza fase di non facile
decifrazione. Da una parte, infatti, soprattutto nelle prime mosse,
sembrerebbe che il giovane leader – aspirando a diventare il capo
dell’intera destra italiana al posto di Silvio Berlusconi – adotti la
strategia del silenzio tattico sulle questioni teologiche e morali, in
modo da poter conciliare i voti cattolici dei ceti tradizionali con i
voti “laici” delle nuove generazioni secolarizzate.
Una strategia equilibrista che avrebbe potuto perpetuarsi se
fosse rimasto sulla cattedra di Pietro un professore tedesco
appassionato di dispute speculative e finissimo esegeta di controversie
medievali (vedi il famigerato discorso di Ratisbona di Benedetto XVI
sulle responsabilità storiche di certo fondamentalismo islamico).
Purtroppo (per lui, Salvini) o per fortuna (per l’Occidente), le
dimissioni di Ratzinger provocano l’elezione di papa Bergoglio. Un papa
venuto dalle periferie del mondo, tanto attento alle voci degli
emarginati che emana il proprio programma di governo non con un ennesimo
documento scritto (che sarebbe stato letto da qualche giornalista e da
qualche tesista in storia della Chiesa), bensì con un viaggio a
Lampedusa. La Lega di Salvini non può fare finta di nulla, deve rompere
la tregua e passare all’attacco: i cattolici accolgano gli immigrati
nelle proprie sacrestie e nei propri conventi (specie delle zone di
frontiera come il Sud), ma lascino lavorare in pace gli amministratori e
gli imprenditori del Settentrione.
Questa fase di scontro frontale gioverà elettoralmente alla Lega o
potrà sottrarle consensi? Non è facile rispondere anche perché la
cronaca registra, ora dopo ora, segnali contrastanti. Da una parte è
chiaro che alcuni fedeli, sinora leghisti in buona fede, potranno aprire
gli occhi sulla matrice anti-evangelica del progetto politico
complessivo del leghismo italiano. Ma, dall’altra, è altrettanto vero
che altri fedeli si stanno appellando alla propria appartenenza
confessionale per criticare le aperture del papa, della Conferenza
episcopale e di molti preti di base: come nella parrocchia di santa
Cecilia, nella Valle di Castelgomberto in provincia di Vicenza, in cui
molti parrocchiani hanno contestato la proposta del parroco, don Lucio
Mozzo, di accogliere alcuni rifugiati in canonica, urlando frasi del
tipo: «Mio nonno ha costruito quella canonica per i preti, non per i
musulmani!». E comunque, anche se complessivamente la strategia
populista e xenofoba di Salvini dovesse fargli perdere consensi fra i
suoi elettori cattolici, temo che quelle eventuali perdite potrebbero
essere rimpiazzate prontamente da quei conservatori, più o meno
moderati, che passerebbero a votare Lega non nonostante ma proprio
grazie alla sua politica anti-immigrati.
***
Augusto Cavadi è docente di storia e filosofia, teologo,
saggista, autore de “Il Dio dei leghisti”, San Paolo (v. Adista Notizie
n. 17/12). Blog: www.augustocavadi.com
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