“Una città”, giugno 2015-07-06
PROFESSIONISTI LIBERI
Enrico Colajanni
appartiene a una nota famiglia di intellettuali progressisti siciliani.
Dopo la partecipazione ai movimenti del Sessantotto (“con spirito idealista e
ribelle, ma non violento”) si è
trasferito in Toscana dove, negli anni di Tangentopoli, è stato sindaco di
Incisa per 5 anni. Vinto
dalla nostalgia per il Sud, è
tornato a Palermo dove ha creato un’azienda da cui si è gradualmente
distaccato per impegnarsi a tempo pieno nel movimento antiracket .
Il tuo nome l'ho ri-sentito circolare una quindicina di anni fa quando hai
fatto da papà, o forse da fratello maggiore, a quei ragazzi che hanno avviato
la bella esperienza di "Addiopizzo" (di cui ci hanno parlato alcuni
protagonisti nel numero 167/2009 di “Una città”) . Ti chiederei di raccontare
le ragioni di quel tuo coinvolgimento e, se ci sono, i nessi fra
"Addiopizzo" e le associazioni in cui oggi mi sembri più
specificamente impegnato, “LiberoFUTURO” e "ProfessionistiLiberi".
“ProfessionistiLiberi”
è del 2011 ed è l'ultima nata del nostro movimento.
Prima di lei nel 2007 ho
contribuito alla nascita di “LiberoFUTURO” , la prima associazione antiracket
palermitana creata da quegli imprenditori che finalmente, grazie anche
all'azione tenace e intelligente di “Addiopizzo”, cominciarono a denunciare e a
collaborare. Oggi il mio impegno maggiore è per “LiberoFUTURO” e per la sua
diffusione in tutta la Sicilia occidentale.
Iniziai
sin dai primi giorni la collaborazione con i cosiddetti ragazzi di “Addiopizzo”
perchè ritenevo che la loro azione fosse tanto coraggiosa quanto lungimirante e
non ho esitato un istante a decidere di far parte del gruppo promotore. In quei
primi mesi non avrei scommesso nulla sulla durata del movimento, tutto
concentrato sulla denuncia del sistema delle estorsioni ma non ancora capace di
proporre soluzioni efficaci. Con il passare dei mesi, però, la strategia del Consumo critico prese
forma e ben presto iniziammo a realizzarla raccogliendo migliaia di firme di
consumatori e, successivamente, le
adesioni dei primi cento commercianti. Il forte rilievo mediatico e questi
primi risultati rafforzarono la nostra determinazione a proseguire e quando
finalmente, a fine 2006, iniziarono ad arrivare le prime denunce contro gli
estortori per noi fu la conferma del successo della strategia del Consumo
critico quale nuova arma sociale contro la mafia. A quel punto si rese
necessaria la creazione di una struttura adeguata alle attività di assistenza
agli imprenditori sia in fase di denuncia che in quella processuale e così
demmo vita, dopo sei mesi di gestazione, a “LiberoFUTURO”. Da allora a Palermo
gli imprenditori che abbiamo assistito sono centinaia e quelli che aderiscono
al circuito del Consumo critico sono circa mille. A dimostrazione che il
cambiamento è possibile: basta volerlo.
Quindi il "movimento" anti-racket ha tre braccia operative: "Addiopizzo" per commercianti e clienti; "LiberoFUTURO" per imprenditori; "ProfessionistiLiberi" appunto per avvocati, medici, consulenti fiscali e altri professionisti. Si può dire che il denominatore comune sia costituito dalla strategia del Consumo critico? Se è così, come funziona in concreto ? Pensi che questa formula sia esportabile al di fuori dei confini dell'isola siciliana?
Per anni il movimento antiracket è stato costituito esclusivamente da imprenditori che aiutavano altri colleghi nel percorso della denuncia. Nel 2004 a Palermo, dove nessuno denunciava, nacque “Addiopizzo”, un movimento costituito prevalente da giovani intellettuali o futuri professionisti, che elaborò e mise in pratica la strategia del Consumo critico contro il pizzo. L'iniziativa ebbe il merito di coinvolgere la vasta platea dei consumatori e di incoraggiare gli imprenditori a denunciare: a quel punto, era il 2006, costituimmo “LiberoFUTURO”. Infine, dall'incontro di un gruppo di professionisti con “LiberoFUTURO” e “Addiopizzo”, nacque l'idea di costituire un movimento capace di scuotere la cosiddetta “zona grigia” della nostra società che, pur avendo enormi responsabilità dei mali registrabii nella vita sociale e istituzionale, gode di una sostanziale impunità. Basti pensare a un amministratore pubblico, il dottor Mimmo Miceli, che è uscito da Rebibbia dopo anni di carcere per reati di mafia ma è sempre rimasto iscritto all'albo dei medici di Agrigento. Vi è anche il caso di un ginecologo di Marsala, colto sul fatto mentre tentava di abusare di una paziente, anche lui ancora iscritto all'ordine dei medici pur essendo recidivo: in questo caso, più che di impunità, si dovrebbe parlare di istigazione a delinquere ! Il Consumo critico è in effetti la nuova frontiera del movimento antiracket: esso, infatti, consente la realizzazione dell'obiettivo strategico di farlo diventare un movimento di massa, collettivo. Il Consumo critico è uno straordinario deterrente, una sorta di denuncia preventiva che consente - agli imprenditori, ai commercianti e ai professionisti che non vogliono sottomettersi alle richieste di pizzo- di tenere lontano i mafiosi e di ottenere il sostegno dei cittadini/consumatori e delle istituzioni (anche se non di tutte, purtroppo). Le oltre 2000 aziende che aderiscono al Consumo critico antiracket in tutto il Sud d’Italia compaiono in una lista pubblica e, soprattutto, espongono il logo sulle proprie vetrine; i 25.000.000 cittadini che hanno sottoscritto il “Manifesto del consumatore antiracket” hanno la possibilità di individuarle facilmente orientando i propri acquisti verso di loro. In questo modo abbiamo creato un circuito economico pizzofree che, oltre a sottrarre proventi alle mafie, attrae e rassicura chi ancora paga il pizzo. I 1800 sottoscrittori del “Manifesto dei ProfessionistiLiberi” sono distribuiti su tutto il territorio nazionale, anche al di fuori dei confini del Meridione, a dimostrazione che al Nord, dopo aver esportato le mafie, adesso possiamo trasferire un po' di… antimafia.
Quindi il "movimento" anti-racket ha tre braccia operative: "Addiopizzo" per commercianti e clienti; "LiberoFUTURO" per imprenditori; "ProfessionistiLiberi" appunto per avvocati, medici, consulenti fiscali e altri professionisti. Si può dire che il denominatore comune sia costituito dalla strategia del Consumo critico? Se è così, come funziona in concreto ? Pensi che questa formula sia esportabile al di fuori dei confini dell'isola siciliana?
Per anni il movimento antiracket è stato costituito esclusivamente da imprenditori che aiutavano altri colleghi nel percorso della denuncia. Nel 2004 a Palermo, dove nessuno denunciava, nacque “Addiopizzo”, un movimento costituito prevalente da giovani intellettuali o futuri professionisti, che elaborò e mise in pratica la strategia del Consumo critico contro il pizzo. L'iniziativa ebbe il merito di coinvolgere la vasta platea dei consumatori e di incoraggiare gli imprenditori a denunciare: a quel punto, era il 2006, costituimmo “LiberoFUTURO”. Infine, dall'incontro di un gruppo di professionisti con “LiberoFUTURO” e “Addiopizzo”, nacque l'idea di costituire un movimento capace di scuotere la cosiddetta “zona grigia” della nostra società che, pur avendo enormi responsabilità dei mali registrabii nella vita sociale e istituzionale, gode di una sostanziale impunità. Basti pensare a un amministratore pubblico, il dottor Mimmo Miceli, che è uscito da Rebibbia dopo anni di carcere per reati di mafia ma è sempre rimasto iscritto all'albo dei medici di Agrigento. Vi è anche il caso di un ginecologo di Marsala, colto sul fatto mentre tentava di abusare di una paziente, anche lui ancora iscritto all'ordine dei medici pur essendo recidivo: in questo caso, più che di impunità, si dovrebbe parlare di istigazione a delinquere ! Il Consumo critico è in effetti la nuova frontiera del movimento antiracket: esso, infatti, consente la realizzazione dell'obiettivo strategico di farlo diventare un movimento di massa, collettivo. Il Consumo critico è uno straordinario deterrente, una sorta di denuncia preventiva che consente - agli imprenditori, ai commercianti e ai professionisti che non vogliono sottomettersi alle richieste di pizzo- di tenere lontano i mafiosi e di ottenere il sostegno dei cittadini/consumatori e delle istituzioni (anche se non di tutte, purtroppo). Le oltre 2000 aziende che aderiscono al Consumo critico antiracket in tutto il Sud d’Italia compaiono in una lista pubblica e, soprattutto, espongono il logo sulle proprie vetrine; i 25.000.000 cittadini che hanno sottoscritto il “Manifesto del consumatore antiracket” hanno la possibilità di individuarle facilmente orientando i propri acquisti verso di loro. In questo modo abbiamo creato un circuito economico pizzofree che, oltre a sottrarre proventi alle mafie, attrae e rassicura chi ancora paga il pizzo. I 1800 sottoscrittori del “Manifesto dei ProfessionistiLiberi” sono distribuiti su tutto il territorio nazionale, anche al di fuori dei confini del Meridione, a dimostrazione che al Nord, dopo aver esportato le mafie, adesso possiamo trasferire un po' di… antimafia.
Per il movimento antimafia non è un bel momento. Esponenti politici, della
Camera di commercio, della Confindustria che si erano dichiarati paladini della
lotta alla mafia sono nel mirino della magistratura per reati accertati o per
fondati sospetti di connivenza con ambienti mafiosi. L'opinione pubblica ha
bisogno di chiarezza. Alcuni criteri di valutazione potrebbero essere la
gratuità (se un'organizzazione antimafia riceve o meno fondi pubblici) e la carriera
(se dirsi antimafioso in un certo contesto agevola gli avanzamenti di grado,
soprattutto in chi fa politica nelle istituzioni): ovviamente intendo questi
criteri solo come orientativi ed elastici perché potrebbero esserci
organizzazioni che ricevono legittimamente e spendono correttamente fondi
pubblici così come potrebbero esserci magistrati o politici che vengono
opportunamente premiati per il loro impegno contro le cosche. Hai in mente
altri criteri che possano aiutare a discernere tra l'antimafia di facciata e
l'antimafia affidabile ?
Effettivamente per l'antimafia
non è un gran momento. Il fatto che, nell’immaginario collettivo, si tenda a fare di tutta l'erba un
fascio rende ancora più difficile la situazione e complica la vita a chi, con concretezza
e coerenza, agisce quotidianamente. Ai tuoi due criteri - la gratuità e l’assenza di benefici
di carriera – ne aggiungerei un terzo: l’efficacia operativa. Basterebbe, ad
esempio, valutare le azioni concrete delle organizzazioni che si dichiarano
antimafiose per scoprire che molti dei loro esponenti si limitano a rilasciare
dichiarazioni roboanti, indire concorsi e convocare conferenze, ma evitano
accuratamente di accompagnare imprenditori alla denuncia o di isolare i
reticenti e i collusi.
A ben pensarci, aggiungerei un quarto criterio di
discernimento: la decisione di non confondere i ruoli. Spiego con un esempio,
tratto dalla cronaca di queste settimane, come intendo quest’altra regola aurea . Chi fa parte attiva delle
associazioni antiracket in difesa del principio costituzionale della libertà di
impresa è bene che non si esponga politicamente per un partito né assuma
cariche in enti pubblici. Spesso, invece, vi sono persone che, in barba al
conflitto di interessi o alle ragioni di opportunità, ricoprono più cariche o
si espongono politicamente, intervenendo prima durante e dopo le elezioni e
condizionando le attività di governo locale e non.
La necessità, per chi è impegnato in prima linea nel
movimento antimafia, di mantenere distanza critica e libertà di manovra
rispetto ai partiti si basa su un dato evidente: trovare antimafiosi autentici
in politica è abbastanza arduo. Lo dico con profondo dispiacere e non per
qualunquismo. A conforto di questa affermazione non mi limito a citare i casi
dei due ultimi Presidenti della Regione Sicilia condannati per rapporti
equivoci con ambienti mafiosi, ma voglio portare almeno un altro emblematico
esempio. Tutti sappiamo quanto sia dannoso per la nostra democrazia il voto di
scambio e come in quasi tutti i processi di mafia energano la compravendita di
voti e il metodo del controllo in sede di scrutinio. Ciò non ostante, a
tuttoggi, non abbiamo trovato una sola forza politica che si sia fatto carico,
insieme a noi, di questa battaglia.
Basterebbe
adottare una modifica al sistema di scrutinio come “LiberoFUTURO” ha proposto
anche attraverso una petizione online.
Chi è
interessato potrà aderire alla proposta visitando il vostro bel sito www.liberofuturo.net dove troverà anche
gli aggiornamenti sulle vostre ultime iniziative (quali il marchio
“Extra-etico” per i prodotti delle aziende sequestrate a mafiosi e in
attività), alcune delle quali in sinergia con soci siciliani di “Libera” . Ma,
brevemente, puoi accennarci i tratti essenziali?
Da anni segnaliamo, invano, ciò che emerge da varie inchieste
giudiziarie: nel nostro Paese, soprattutto nel Meridione, con poche decine di
euro si compra un voto. Ci siamo chiesti come è possibile controllare che un
elettore rispetti il patto scellerato con chi gli ha acquistato il voto e siamo
arrivati alla conclusione che ciò dipende dal sistema di scrutinio in vigore.
Chi viene eletto può anche ricevere 4 o 5 preferenze a seggio; per cui,
conoscendo il numero del seggio dell’elettore, i malfattori potranno facilmente
controllare se la promessa dell’elettore è stata mantenuta. Ciò che abbiamo
chiesto sia ai partiti politici che al penultimo Presidente delal
Repubblica - senza ricevere risposta – è estremamente semplice: che
la conta delle schede avvenga non seggio per seggio, ma unificando le urne dei
vari seggi. Forse è una modifica “troppo” efficace per essere recepita da
quanti - nei vari schieramenti
elettorali – non vogliono correre il rischio di disancorarsi dal voto di
scambio.
(Intervista di Augusto Cavadi – www.augustocavadi.com)
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