“Repubblica – Palermo”
6.6.2015
STRADE GIUNGLA, PEDONI SENZA DIRITTI
Seguo da Torino il bollettino di guerra dei caduti
di strada in Sicilia e non faccio in tempo a finire di leggere una notizia che
sul monitor ne compare una nuova. Mi
tornano alla memoria i volti, le storie, di amici e conoscenti falcidiati per le
strade di Palermo nell’ultimo mezzo secolo: e, ogni volta, monotonamente, le
stesse proteste e le stesse proposte. Poi, dopo qualche giorno, incalzano nuovi
fatti di cronaca e lo scandalo si affievolisce in attesa dell’incidente
successivo. Sino a quando sarà così? Sino a quando si vorrà eliminare l’ iceberg concentrandosi sulla punta e
ignorando gli altri quattro/quinti sommersi. Fuor di metafora, chiedendo più
semafori e strisce pedonali più visibili senza intaccare la cultura del pedone
dominante da Napoli in giù. Già, il pedone: uno che cammina a piedi, che non ha
né auto né moto, si dichiara per ciò stesso un poveruomo. Un cittadino di serie
C. Che diritti può rivendicare, che pretese avanzare?
Se
vogliamo essere onesti con noi stessi dobbiamo ammettere che questa filosofia
dell’appiedato inquina la mente di quasi tutti noi. Quante volte, pur
accorgendoci di qualcuno che sulle zebre vuole attraversare la strada, facciamo
finta di nulla e procediamo senza né rallentare né fermarci? Quante volte ci siamo
detti, fulmineamente, che noi automobilisti avevano fretta e che il pedone, in
quanto tale, è – per definizione - uno che può aspettare? E’ questa l’opinione dominante, il
senso comune, l’immaginario collettivo: io, al volante, sono il Marchese del Grillo e tu non
conti un c….zzo.
Se è così dovremmo ammettere che responsabili delle stragi su strada non
sono solo i guidatori accidentalmente assassini, ma tutti noi che accettiamo e
alimentiamo la concezione del pedone come sfigato senza valore che deve farsi
da parte come quando passavano al trotto le carrozze dei baroni. Una concezione
culturale che nessuna educazione stradale nelle scuole, nessuna campagna
pubblicitaria per le vie o attraverso i media,
potrà modificare senza una svolta radicale nella repressione delle infrazioni.
Avete mai visto un vigile urbano o un poliziotto
della strada fermare e multare l’automobilista che sfiora il pedone in
attraversamento sulle strisce pedonali? (Talora avrebbe dovuto fermare persino
qualche auto di colleghi in servizio, ma senza sirena perché non in emergenza).
Qui in Piemonte, come nella vicina Lombardia, la mentalità è differente. E non
per enigmi del DNA. I Savoia e gli Asburgo hanno abituato i sudditi alla
punizione delle trasgressioni e, quando si è passati dalla monarchia alla
repubblica, non si è deciso di gettare il bambino della legalità insieme
all’acqua sporca dell’autoritarismo monarchico. La vigilanza repressiva ha
creato uno stile, un costume, un ethos che gradatamente (ma gradatamente,
appunto !) può fare a meno di ogni repressione. Una democrazia senza legalità
costituzionale tradisce il compito primario di difendere i cittadini più
deboli: dunque, in ultima istanza, tradisce sé stessa e scava la propria
fossa.
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
1 commento:
D'accordo. Parafrasando Bob Dylan, quante le strade che l'uomo (o la donna) dovrà ancora attraversare rischiando, finchè non si sentirà sicuro/a sulle strisce apposite o al verde del semaforo pedonale? Un abbraccio,
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