Il Lion's Club di Palermo ha edito un libretto in cui sono raccolte le foto e le considerazioni critiche di vari studenti sulle condizioni attuali di molti monumenti e angoli caratteristici.
Il testo lo si può acquistare a solo costo di stampa (euro 7,00) scrivendo a uno dei responsabili del progetto: fpbevilacqua@gmail.com
Qui di seguito la Prefazione con cui presento la pubblicazione.
La scuola apre
le porte e si affaccia sulla città
La scuola è un piccolo mondo all’interno del grande
mondo. Lo voglia o meno, vive per lo scambio vitale - l’osmosi – con il contesto sociale in cui è inserita. Ma
questo scambio è proficuo solo se è davvero un dare-e-avere, non quando si
tenta (invano, peraltro) di ridurlo a un dare-senza-ricevere o, peggio, un
ricevere-senza-dare. Ci sono ancora insegnanti, infatti, che concepiscono le
loro aule come fari nella notte e rifiutano, orgogliosamente, ogni stimolo
esterno: ho assistito personalmente a colleghi che non hanno accettato proposte
di collaborazione da associazioni, movimenti civili, persino istituti
universitari. Che c’è di peggio rispetto a simili clausure autoreferenziali?
Solo le scuole-colabrodo che, senza nessun filtro, subiscono ogni genere di
invasione dall’esterno sino a perdere qualsiasi identità culturale e
pedagogica. In queste scuole-gruviera ogni novità alla moda viene importata, e
talora imposta, come segno di apertura alla contemporaneità: dall’attricetta
del momento ai campioni della squadra di calcio locale, senza sospettare che
ciò che accade fuori dalle mura scolastiche va conosciuto, ma per sottoporlo
all’esame critico dell’intelligenza coltivata.
Il progetto raccontato in questo
libretto è, tra tanto altro,
un’esemplificazione concreta di questi criteri di massima. Il “Lion’s”
di Palermo ha proposto di aprire gli occhi dei ragazzi (volontari) sul degrado
di alcuni monumenti cittadini, prospettando un minimo di assistenza tecnica
(inclusa, appunto, la pubblicazione del testo che avete in mano) e alcuni
Istituti superiori hanno recepito l’input
e attuato, in autonomia metodologica, l’indagine esplorativa. Nessuno è stato
obbligato a nulla. Tutti quelli che hanno lavorato, hanno lavorato solo per
passione (gli studenti del “Damiani Almeyda- Crispi” coordinati dai docenti Giacomo Simonetta, Claudia Castello e Maria Grazia Cipolla; del “Don Bosco”
con la guida del prof. Fabio Mattaliano; del “Garibaldi”, accompagnati dalla mia infaticabile
collega Francesca Cimò Impalli).
Uno sguardo complessivo alle considerazioni che i ragazzi hanno
elaborato, con atteggiamento dunque tutt’altro che passivo, si lasciano
agevolmente collocare all’interno di due elenchi: una lista di proposte repressive
e riparative, un’altra di proposte preventive e educative.
Nel primo elenco spiccano le richieste all’Amministrazione locale e alle
Forze dell’ordine di vigilare sull’integrità dei monumenti, di intercettare e
punire severamente chi li imbratta e li deturpa, di intervenire tempestivamente
quando si registrino segni di degrado dovuto al tempo e/o all’inciviltà dei
cittadini. Colpisce l’acutezza di alcune proposte: non limitarsi al vandalismo
del ragazzotto esibizionista, ma alzare lo sguardo verso l’aristocrazia e
l’alta borghesia che svendono a speculatori mafiosi e paramafiosi i gioielli
dell’edilizia liberty.
L’inciviltà. Già: mancanza di amore per ciò che testimonia la nostra
storia e il genio dei nostri artisti. Mancanza di amore derivato, anche e
soprattutto, dalla mancanza di istruzione. Da qui una serie di proposte in
positivo: alfabetizzare gli abitanti di Palermo, negli anni di scuola ma non
solo; curarsi del tempo libero degli adolescenti e dei giovani che spesso
aggrediscono le cose belle per noia e ribellismo; contrastare una mentalità
individualistica e familistica secondo cui tutto ciò che resta al di fuori
della porta di casa è res nullius,
cosa di nessuno. Non è solo
questione di “valori” in crisi: se una nota potessi aggiungere alla lista dei
ragazzi, riguarderebbe l’aspetto economico della questione. Città come Palermo
, entrate nell’era della post-industrializzazione senza aver conosciuto per
altro l’industrializzazione, hanno nel turismo qualificato una delle più
consistenti ragioni di speranza dal punto di vista lavorativo. Dobbiamo capire
tutti quanti - giovani e anziani,
amministratori e amministrati – che ogni palazzo antico inaccessibile, ogni
chiesa abbandonata, ogni mercato popolare in via di esaurimento…significano minori
attrattive e minori occasioni di lavoro e di onesto guadagno.
Vorrei chiudere queste brevi note che mi sono state cortesemente
richieste dagli amici del “Lion’s” con un auspicio che può sembrare pleonastico
ma che lo può ‘sembrare’ soltanto: che quanti siamo stati, a diverso titolo,
coinvolti nel progetto cominciamo oggi, subito, a cambiare i nostri stili
abituali. In troppe scuole (compresa la mia), dopo che si sono prodotti dossier e dvd contro l’inquinamento, si
continuano a lasciare le aule interne e i marciapiedi esterni in condizioni
ambientali disgustose, con cartacce sporche e lattine vuote disseminate a caso.
Ma gli adolescenti cambieranno davvero sino a quando noi adulti, a casa nostra,
trascureremo la raccolta differenziata dei rifiuti o deporremo nottetempo i
rifiuti ingombranti all’incrocio delle vie? E, soprattutto, sino a quando non
metteremo in atto tutti gli strumenti legali che le nostre diverse
professionalità consentirebbero, anzi imporrebbero, di esercitare per la
custodia della città?
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
1 commento:
La riflessione di Augusto Cavadi sul degrado ambientale che sembra soffocare Palermo, si chiude con una desolante costatazione dello stesso Cavadi. “In troppe scuole, lui scrive con amarezza, (compresa la mia), dopo che si sono prodotti dossier e dvd contro l’inquinamento, si continuano a lasciare le aule interne e i marciapiedi esterni in condizioni ambientali disgustose, con cartacce sporche e lattine vuote disseminate a caso.” Ma, chiediamoci, perché accade ciò? perché si continua a ottenere risultati opposti a quelli sperati? Cavadi vede una delle cause nella inciviltà di tanti palermitani, giovani, e io aggiungo, non giovani, inciviltà che si traduce – sono sempre parole di Cavadi – in “mancanza di amore per ciò che testimonia la nostra storia e il genio dei nostri artisti. Mancanza di amore derivato, anche e soprattutto, dalla mancanza di istruzione”.
Forse, se al termine ‘istruzione’, sostituissimo ‘conoscenza’, allora la riflessione di Cavadi acquisterebbe una maggiore pregnanza, una maggiore concretezza. Tra conoscenza e amore, infatti, a mio avviso c’è – e non può non esserci - uno stretto legame che è storico, psicologico, affettivo anche. Io amo qualcosa o qualcuno se e in quanto ne ho avuto conoscenza. Tradotto in parole povere, io amo mia moglie, sì, ma l’amore è un momento secondo, il primo momento è tutto basato sulla conoscenza dell’essere amato. Non posso amare qualcosa o qualcuno che di cui ignoro l’esistenza. E ciò riguarda tutti: giovani e non giovani, donne e uomini, persone colte e persone ignoranti, ricchi e poveri e potremmo continuare a elencare tutte le categorie della scala sociale. Per tornare a Palermo. Come posso amarla – e quindi rispettarla - se non ne conosco la storia direi quasi della sua la storia, la storia dei suoi monumenti, delle sue chiese, delle sue strade, dei personaggi cui sono intestate? Eppure non mancano pubblicazioni, e anche pregevoli, che vanno in questa direzione, ma raggiungono – e sta qui il paradosso – quanti già sanno, conoscono. In compenso, però, sappiamo tutto (o quasi)’ della storia d’Italia, sappiamo tutto (o quasi) della storia dell’Arte, sappiamo tutto (o quasi) della civiltà inglese o francese e via di questo passo. Ma delle storie locali, degli artisti locali sappiamo ben poco se non proprio nulla. Un appello allora a quanti operano nella scuola soprattutto palermitana: i programmi non sono un tabù. Ogni tanto ricordiamoci che Palermo ha dato i natali a filosofi, pedagogisti, matematici, patrioti, benefattori e l’elenco anche qui si potrebbe allungare. Allora, professori, vogliamo ritagliare un angolino alla storia di Palermo? Vogliamo cominciare questo percorso di conoscenza? E chi sa che non ne derivi anche un atto di amore e di rispetto per questa città che a parole, ma soltanto a parole, tutti diciamo di amare.
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