“Monitor”
5. 6. 2015-06-01
ANCHE NOI SIAMO CHIESA ?
La mentalità clericale, in Italia diffusa molto oltre rispetto ai
confini degli ambienti cattolici, ha portato nei decenni all’equazione chiesa =
gerarchie ecclesiastiche. Giornalisti e politici, insegnanti e commentatori di
ogni tendenza . nonostante ogni altra differenza – si ritrovano concordi
nell’usare formule come “La Chiesa pensa…”, “La Chiesa proibisce…”, “La Chiesa
autorizza…” quando è bastato non dico un papa, ma anche solo un cardinale o un
monsignorino di curia a esprimere un’opinione, una condanna o
un’autorizzazione.
Questa maleducazione linguistica non
è solo deviante dal punto di vista civico, ma persino teologico. Chi ha
studiato anche solo gli elementi basilari del Catechismo cattolico sa che la
Chiesa si autodefinisce - e perché
non si dovrebbe partire innanzitutto da ciò che un’organizzazione dichiara di
sé stessa ? – “popolo di Dio in cammino”. La Chiesa è, innanzitutto ed
essenzialmente, la comunità di coloro che rispondono all’invito di Dio a vivere
il vangelo di Gesù di Nazareth. A vivere la sincerità degli intenti, la
fraternità con i viventi, la solidarietà con chi è più sofferente, la difesa
della giustizia, l’affermazione delle verità a ogni costo in ogni campo.
Quanti sono costoro nel mondo? Uno,
due, tre; dieci; cento; diecimila; centomila; un miliardo ? Non lo sappiamo.
Non lo si può sapere. Solo Dio conosce i ‘suoi’ perché, come scriveva
sant’Agostino più di 1500 anni fa, “molti di quelli che sembrano dentro, sono
fuori; e molti di quelli che sembrano fuori, sono dentro” !
Solo all’interno di questa comunità, di
questo movimento in divenire, hanno senso eventuali distribuzioni di incarichi
e responsabilità. Quindi la Chiesa non è quel singolo prete né quel determinato
vescovo e neppure – da solo – il vescovo di Roma (chiamato, dopo secoli e
secoli di storia, “papa di Occidente”). La Chiesa è un “noi”. E’ un soggetto
“plurale”: unito nelle cose essenziali (le cose dell’amore), ma libero di
confrontarsi su tutto ciò che è opinabile (cioè su tutto ciò che non è il
primato della misericordia, della solidarietà e della tenerezza).
Una trentina d’anni fa alcuni cattolici austriaci hanno voluto
richiamare questa carta d’identità “democratica” della Chiesa cattolica e hanno
fondato un Movimento che si estese rapidamente nel pianeta, raccogliendo
milioni di adesioni. In inglese il Movimento si chiamò – e si chiama – “We are
Church”; in italiano “Noi siamo chiesa”. Meglio sarebbe stato tradotto, però,
con qualcosa del genere: “Anche
noi siamo chiesa”.
Già, perché anche in Italia il Movimento ha preso allora piede e in
Sicilia alcuni volenterosi, come Anna e Pietro Spalla, provarono a diffondere
le prime raccolte di firme: per un nuovo modo di intendere il matrimonio, il
rapporto con l’ambiente, il celibato dei preti…Ma erano gli anni duri di
Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI e le richieste della base si infrangevano,
come onde, contro le mura vaticane. Qualcuno ha resistito lo stesso. Per
esempio Vittorio Bellavite, infaticabile intellettuale e animatore culturale
milanese, che non ha mollato in tutto questo periodo di lungo inverno
ecclesiale.
E’ adesso il tempo di una nuova primavera? Con Francesco I si può
riprendere il discorso conciliare (Concilio ecumenico Vaticano II: 1962 –
1965), iniziato da Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo I, sostanzialmente
interrotto da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI ? Alcuni lo pensano. Così Vittorio Bellavite sarà in Sicilia
nei prossimi giorni e riprenderà alcuni fili interrotti (in particolare a Palermo
terrà un incontro pubblico presso la
Chiesa di San Francesco Saverio all’Albergheria, martedì 9 giugno alle 18,30),
con il sostegno locale di Maria Antonietta e Salvatore Menna (salvomenna@yahoo.it).
Anch’io ho accettato
l’invito alla riflessione comune, pur convinto personalmente che la battaglia
per la democrazia e il pluralismo all’interno della Chiesa cattolica sia ormai
datata. Quale ne sarà l’esito, ormai la storia è andata molto avanti. Le organizzazioni
mastodontiche (religiose o partitiche, culturali o ricreative) hanno perso
l’occasione di rinnovarsi e ci troviamo davanti a sfide inedite che esigono
risposte inedite. Che ci sia maggiore democrazia all’interno della Chiesa
cattolica o del Partito democratico o della Cisl può costituire un passo avanti
necessario, ma senza dubbio insufficiente. Oggi è il momento di impegnarsi per
la democrazia delle istituzioni europee (a cominciare dall’Unione europea) e
mondiali (a cominciare dall’Onu). I polli di Renzo continuiamo a pizzicarci
l’un l’altro, ma la verità è che ormai il pentolone dove chiudere la parentesi
della storia umana nell’universo bolle e attende.
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
1 commento:
Grazie, Augusto, per questa riflessione!
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