“Monitor” 1.5.2015
PERCHE’ L’ITALICUM NON E’ STATO UN PASSO AVANTI
Un amico che
stimo molto, il professor Elio Rindone, mi chiede come mai non mi stia impegnando più intensamente nella
“resistenza” contro le manovre del governo attuale mirate alla modifica della
carta costituzionale su cui si regge la nostra democrazia. E’ vero che non sono
un esperto di diritto e che non saprei aggiungere nulla di originale al coro
polifonico di proteste che ormai da mesi si levano contro il merito – e il
metodo – delle innovazioni così insistentemente, e velocemente, proposte (e in
qualche misura imposte) da Renzi. Ciò che posso fare è tradurre in parole
semplici, per gli inesperti come me, i termini essenziali della questione.
Perché, a parte i
toni talora un po’ sopra le righe, hanno ragione quanti sono allarmati per ciò
che sta accadendo?
Si vuole approvare una
legge elettorale (l’Italicum) che
prevede un numero (circa 2/3) di candidati “sicuri” scelti dalle segreterie dei
partiti e un “premio di maggioranza” che amplifica i seggi del partito che
vince nell’unica camera che dà o revoca la fiducia; inoltre si introduce di
fatto l’elezione diretta del premier da
parte dei cittadini (invece che da parte dei parlamentari, come prevede
attualmente la Costituzione). Entrambe le innovazioni hanno vantaggi e
svantaggi, ma è la loro connessione che risulta esplosiva: con queste nuove
regole chi vince prende tutto, chi perde non ha nessuna possibilità di
esercitare il ruolo di opposizione. Il vantaggio della “governabilità” sarebbe
vanificato dal calo di “democraticità” perché
non sarebbe più il parlamento a controllare il governo ma il vincitore delle
elezioni a controllare il parlamento.
Quanto detto appartiene
ai contenuti, al merito delle
riforme. Non meno grave è l’aspetto formale, il metodo con cui Renzi sta provando ad attuarle. Se da anni giochiamo
a scacchi con delle regole è lecito modificarle? Senza dubbio. Ma è lecito se i
possibili candidati al trofeo si mettono intorno al tavolo e, con calma, ne
discutono per arrivare a una decisione condivisa. Se invece le regole le
cambia, durante una partita, il contendente che sta vincendo (in modo da
vincere in maniera ancora più schiacciante, per di più utilizzando un premio di
maggioranza giudicato illegittimo da una sentenza della Corte Costituzionale,
minacciando la fine anticipata della legislatura e proponendo un sistema
elettorale che pare viziato dagli stessi profili di incostituzionalità di
quello passato) si crea un precedente gravissimo: da
quel momento in poi, ogni maggioranza parlamentare potrà stabilire nuove regole
di competizione elettorale a seconda dei suoi calcoli. (Nel nostro caso,
paradosso nel paradosso, le obiezioni alle manovre di Renzi vengono non solo da
altri partiti ma perfino da minoranze consistenti e autorevoli del suo stesso
PD).
Per
fortuna ogni nuova norma approvata, sia pur a maggioranza risicata, dal
Parlamento è soggetta a un triplice filtro: la
firma del Presidente della Repubblica; il vaglio della Corte costituzionale; il
possibile referendum popolare abrogativo. Ma gli ultimi due filtri potrebbero
intervenire magari dopo che gli elettori hanno già votato una o più volte con
una legge dagli effetti distorsivi della volontà popolare e che attribuisce al
vincitore i numeri per influenzare pesantemente la scelta del Presidente della
Repubblica e di buona parte dei membri della Corte Costituzionale.
Mentre
seguiremo con attenzione la vicenda, possiamo tutti intensificare già da subito
il compito più urgente: dare credibilità alla Costituzione che abbiamo
traducendola sempre di più in atto perché vana e ipocrita ne sarebbe la difesa
se restasse sul piano astrattamente giuridico e i cittadini, specie i più
deboli, non ne vedessero gli effetti positivi nella loro travagliata
quotidianità.
Augusto Cavadi
1 commento:
Augusto non sarà un esperto di diritto ma un maestro di lucidità di analisi e di comunicazione sicuramente sì
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