“Repubblica –
Palermo”
7.5.2015
Le responsabilita’ dei sindacati e del governo
Il
successo dello sciopero del 5 maggio contro la “buona scuola” potrebbe indurre
i sindacati nell’illusione che gli
avversari dei loro avversari siano loro amici. Detto in soldoni: scendere in
piazza contro questo governo non significa essere a fianco di questi sindacati.
Le proposte di riforma governative sono ora opinabili ora inaccettabili: ma
sono state avanzate per sanare una scuola sfasciata, prima di tutto, dai
sindacati.
Mi limito a una sola esemplificazione che potrebbe chiarire altri punti
della questione. Da sessant’anni a scuola è valso il combinato disposto di due
principi altrettanto assurdi: che si possa diventare titolare di cattedra per
anzianità e non per preparazione; che una volta entrati nei ruoli i docenti siano
inamovibili. Chi ha pressato i governi, più o meno clientelari, della Prima e
della Seconda Repubblica per ridurre la scuola a ufficio di collocamento per
falliti o, meno brutalmente, ad ammortizzatore sociale per combattere la
disoccupazione intellettuale ? E chi, se non i sindacati, si sono compattamente
mobilitati quando si trattava di difendere il “posto di lavoro” di insegnanti o
di personale amministrativo, tecnico e ausiliare platealmente inadatti ? In
questi decenni ho visto cose che gli umani non possono neppure immaginare:
presidi in missione permanente in giro per il mondo (qualcuno è stato
condannato perché - con in combutta con il dirigente amministrativo – si
regalava anche champagne e donnine allegre); professori che, vittime di gravi
malesseri fisici e psichici, si rifiutano di passare a mansioni diverse
dall’insegnamento; tecnici di laboratorio perennemente occupati al cellulare o
al bar; bidelli che lasciano le aule sporche come le trovano, legittimando gli
alunni più stupidi a sporcarle ancora di più il giorno dopo…
Che un governo voglia dire “basta” a questo andazzo vergognoso è più che
giusto. Se non fosse formato quasi tutto di ragazzini presuntuosi (in alcuni
casi neppure laureati), ascolterebbe i suggerimenti che molti di noi abbiamo
espresso da più di quarant’anni su riviste e libri. Per esempio che - essendo
molti dirigenti scolastici come quelli di cui ho raccontato le gesta nel
volume Presidi da bocciare? e che mi hanno invano minacciato di querela - prima di investirli di tanto potere
andrebbero attentamente scremati (licenziando i più matti, i più violenti e i
più ignoranti). E, inoltre, a regime, che essi debbano valutare non in
monarchica solitudine ma all’interno di
una commissione di cui facciano parte anche tre colleghi, tre
rappresentanti dei genitori e tre alunni (estratti a sorte fra quelli che hanno
lasciato, da almeno un anno e da non più di due, la scuola).
Mi rendo conto che queste proposte (non a caso abbracciate per poco
tempo da sindacati nuovi, estranei alle Confederazioni tradizionali, ma ben
presto abbandonate per paura di perdere consensi), come altre ancora più
radicali su aspetti della vita scolastica, siano inaccettabili: sia dall’ideologia massificante di chi urla
contro la meritocrazia come criterio di carriera per i docenti (tanto, poi, i
figli della sinistra chic sono ben
sistemati fra padri gesuiti, ancelle e padri salesiani, prima di partire per
l’università in Germania o negli Stati Uniti) sia dalla mentalità aziendalista di un governo “progressista” in
grado di attuare le riforme liberiste e autoritarie impedite ai precedenti
governi “conservatori” di destra. Ma pazienza ! Come mi ha insegnato un’alunna
su Facebook, in un italiano non proprio impeccabile, “se volevo piacere a tutti, nascevo Nutella”.
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
3 commenti:
Caro Augusto,
siamo destinati ad "incontrarci" spesso.
Il tuo articolo sulla scuola,oggi, è - come quasi sempre! - onesto e coraggioso.
Molto giustamente critichi i sindacati (mi dispiace, perché ritengo i sindacati, complessivamente, una delle poche forze positive del nostro paese), ma è così. Come è giusta l'accusa a una politica sostanzialmente clientelare (clientelare non verso singoli, ma verso gruppi) fatta insieme da destra e "sinistra". Con una iperbole
potremmo dire che in Italia il "voto di scambio" non si determina solo con bustarelle o singole raccomandazioni, ma anche con provvedimenti legislativi che paga tutto il paese. .
Pur non facendo parte del mondo della scuola, ma avendo ovviamente raccolto esperienze da figlie e nipoti, posso dirti che concordo con le tue considerazioni per il 90%. (Lasciami un 10% di differenza! Non so, per esempio, quanto tempo
ci vorrebbe per mettere in piedi le commissioni 3+3+3 di cui parli, e quanto altro tempo esse poi ci metterebbero .per scegliere i nomi degli insegnanti da chiamare...)
E' stato fatto crescere negli anni un tal ginepraio, che sarà veramente difficile disboscarlo.
(Non basta neppure il decisionismo un po' arrogante di Renzi).
Come vedi - nonostante i nostri diversi punti di partenza - continuiamo ad incontrarci.
Simona
C’è proprio qualcosa che non va. Tanti anni fa per tre anni avevo fatto il bidello in una scuola elementare così avevo visto, per un po’, le cose da dentro. Mica pretendo da quel parziale punto di vista giudicare l’intera scuola italiana, tuttavia dei cinque colleghi io e un altro eseguivamo il lavoro di tutti gli altri, a me piaceva supplire perché sarei andato fuori di testa passando ore a far niente. Delle quaranta maestre dell’istituto sei - sistematicamente contestate dal dirigente - valevano in professionalità e dedizione molto più delle altre trentaquattro - sistematicamente valorizzate e giustificate dal dirigente - messe insieme. Ricordo anche, quando frequentavo la scuola serale, un professore che faceva lezione il lunedì e per tutte le altre ore della settimana assegnava esercizi in classe così leggeva il giornale, eppure tutti gli ex studenti confermano, me incluso, che nell’opaca galassia scolastica almeno un insegnante si è distinto e permane potente in lui. Diverso dai suoi colleghi per originalità, qualità e meriti ha stimolato l’impensabile. Di scienze naturali, di latino, talvolta di disegno tecnico, femmina o maschio, maestra elementare o professore universitario uno capace di segnare e espandere l’esistenza c’è stato per tutti.
Chissà forse è sempre lo stesso, avatar esperto in bilocazione, capace di migrare di corpo in corpo, di tempo in tempo, per offrire – dentro ma oltre l’istituzione scolastica - una possibilità a tutti.
Caro Augusto,
mi inserisco nel dibattito proponendo quest'articoletto, dal titolo "Super presidi per mini scuole" - pubblicato su "Centonove":
L’ampia partecipazione dei docenti palermitani alla protesta contro il Ddl ”La buona scuola” dimostra la distanza tra i veri bisogni del mondo della scuola e le idee di riforma dell’attuale governo Renzi. Tra gli articoli più contestati del Ddl c’è quello che prevede maggiori poteri ai dirigenti scolastici che, all'interno di albi territoriali, potrebbero scegliere i docenti da inserire nella “loro” scuola e, sentito il Consiglio di Istituto, assegnare un bonus annuale delle eccellenze destinato però solo al 5% degli insegnanti, sulla base di presunte qualità dell'insegnamento, della capacità di utilizzare metodi didattici innovativi e del contributo dato al miglioramento della scuola. Era questa la scuola dell’autonomia delineata dalla legge 59/1997? E’ di un preside manager con super poteri quello di cui ha davvero bisogno la scuola italiana? Scopiazzando modelli esteri, fallimentari anche nei paesi di provenienza, non rischiamo invece di rendere la nostra scuola ancora più marginale e caotica?
Maria D’Asaro: “Centonove” n. 18 del 7.5.2015
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