“Monitor”
22.5.2015
Ancora sulla riforma scolastica del presidente ragazzino
Come si fa a non
commentare la riforma scolastica del presidente ragazzino? Ma, altresì, come si
fa a continuare a commentare dopo valanghe di articoli, commenti, post e cinguettii?
L’impresa è poi ancora più ardua se non si ha il dono delle certezze assolute
che, manicheisticamente, dividono il campo in due schieramenti nettamente
contrapposti: gli insegnanti da una parte (la parte buona: “la buona scuola c’è
già”) e il governo dall’altra (“il nemico” come, senza molte perifrasi, lo
chiamano i miei amici comunisti come l’egregio professore Enrico Guarneri).
Comunque, per non sembrare vigliacco (è dal 1968 che dico e
scrivo ciò che penso, quasi sempre in posizioni di minoranza che, però,
altrettanto spesso sono state
successivamente sposate da chi le contestava), provo a esprimere qualche
opinione (che, in lingua italiana, non si identifica con tesi né ancor meno con
dogma).
a)
il metodo decisionista di Renzi in molti campi è preferibile agli
“annacamenti” dei governi precedenti che, dopo giri e giravolte, lasciavano le
cose a fine legislatura esattamente come le avevano trovate. Chi governa deve
avere il coraggio di decidere, lasciando agli elettori il giudizio sul proprio
operato. Ma in altri campi la fretta, aggravata dal piglio spavaldo del
“signor-so-tutto-io”, è una pessima consigliera. La riforma scolastica (come la
riforma del sistema elettorale) rientra in questa seconda categoria di campi tematici.
b)
L’assunzione in servizio di precari che non abbiano superato un
regolare concorso pubblico, dunque nessuna selezione in entrata nel sistema
scolastico, è una decisione che può dare alla qualità media dell’insegnamento
un’altra brutta botta. Ma se, per segnare un punto e capo (dopo il quale nessun
docente senza concorso) la si deve varare, deve essere una sorta di amnestia
generale. Ogni criterio non culturale-psicologico-didattico che discrimini i
sommersi rispetto ai salvati rende odioso un provvedimento già di suo per molti
versi iniquo.
c)
Il problema del livellamento delle funzioni e degli emolumenti mensili
dei docenti (dalla scuola d’infanzia alle scuole secondarie superiori) è un
problema gravissimo. Nei quarant’anni di insegnamento gli alunni migliori hanno
rinunziato a insegnare perché la prospettiva di entrare soldato semplice e di
restarvi a vita sembrava loro demotivante. A questo gravissimo problema non si
risponde gettando un osso nel canile in modo che i più furbi, o i più proni, se
ne impadroniscano prima degli altri (questo sì che sarebbe mettere l’uno contro
l’altro i capponi di Renzo, questa volta con la ‘o’ finale). Bisogna avere il
coraggio di imitare altri sistemi scolastici europei dove chi vuole resta
insegnante di seconda fascia a vita, ma chi vuole può facoltativamente
affrontare un esame di Stato per passare a professore di prima fascia. Non vedo
perché si possa diventare ordinario all’università o primario negli ospedali o
direttore di banca o…ma ogni ipotesi di carriera debba essere demonizzata fra i
docenti. (Due precisazioni. La prima: non si dica che attualmente è possibile
passare da docente a Dirigente scolastico perché non è un avanzamento nella
stessa carriera, ma passaggio da un mestiere a un altro. La seconda: ovviamente
la distinzione fra artigiani dell’istruzione e artisti della pedagogia dovrebbe
riguardare ogni grado: lo specialista alle scuole elementari dovrebbe avere le
medesime funzioni e il medesimo stipendio dell’omologo alle scuole medie
inferiori o superiori).
d)
La carriera docente
risolverebbe un altro brutto nodo di questa riforma renziana: le competenze dei
Dirigenti scolastici. Assunzione e licenziamento dovrebbero essere affidati a
una commissione di cui tre insegnanti dovrebbero far parte con gli stessi
poteri del DS: tre docenti di prima fascia, competenti per la propria area di
insegnamento. Solo così si potrebbe avere mobilità verticale e orizzontale
senza che un DS esperto in greco debba giudicare la didattica di un insegnante
esperto in matematica e un DS esperto in matematica debba giudicare, in
solitudine vertiginosa, gli aspiranti all’insegnamento del greco.
e)
Veramente, per ribadire un’idea a cui sono affezionato da decenni e che
da decenni espongo in tutte le sedi in cui mi è concesso di esprimermi, il
passaggio di un docente da una fascia alla superiore dovrebbe tener conto –
insieme a tanti altri ovvi fattori – delle “pagelline” che gli ex-alunni (da
non meno di un anno e da non più di due) dovrebbero compilare anonimamente sui
propri insegnanti. Conosco l’obiezione: andrebbero avanti i docenti pigri,
lassisti, demagoghi, amiconi…E’ totalmente infondata. Quando parlo con alunni
di me o di altri colleghi li trovo chirurgicamente precisi: sanno distinguere
benissimo la severità dalla rigidità, l’amichevolezza dalla ruffianeria.
f)
Il discorso sarebbe lungo, forse infinito. Ma almeno una nota va
aggiunta: il potere che la nuova normativa concederà ai DS avrebbe comportato
una bella scrematura preventiva della categoria. Prima, e non dopo, si
sarebbero dovuti licenziare gli psicopatici, i narcisisti, gli insicuri, gli
ignoranti plateali…Così non si è fatto e, anche da questo versante, si
prevedono guai seri per il povero sistema scolastico italiano.
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com