“Repubblica – Palermo”
6.3.2015
L’AUTOCRITICA CHE SERVE ALLA
BORGHESIA SICILIANA
C’è una sola possibilità che
l’arresto di Roberto Helg non venga relegato nel cestino della cronaca: se
diventa occasione di una seria autocritica della borghesia siciliana. Una
classe sociale che dall’alba della
Modernità a oggi si è caratterizzata per la scarsa propensione a produrre e
commerciare, preferendo attività poco rischiose e ben remunerate (avvocati,
notai, medici, intellettuali….) al servizio della società in generale, con
particolare attenzione ai potenti di turno: gli aristocratici sino a metà
dell’Ottocento e le cosche mafiose nell’ultimo secolo e mezzo. Le rare
eccezioni a questa tendenza sono dovute a famiglie provenienti da altre regioni
italiane, come i Florio, o addirittura da altre nazioni, come i Whitacker.
Questa borghesia (che non è
tutta “mafiosa” ma neppure tutta “antimafiosa”) è abile soprattutto nell’arte
di adeguarsi al vento che soffia,
traendo il massimo profitto individuale dai mutamenti storici anche più
eclatanti. In casi dirompentemente eloquenti, come l’arresto del presidente
della Camera di commercio e vice-presidente dell’azienda che gestisce
l’aeroporto intestato – con qualche amara, involontaria, ironia a Falcone e
Borsellino - , sarebbe il caso di interrogarsi pubblicamente sulle proprie
responsabilità. Tre in particolare.
L’ascesa della borghesia, in
tutto il mondo occidentale almeno, è coincisa con il prevalere, sui privilegi dinastici,
del merito individuale (categoria
in sé valida che si corrompe solo quando viene assolutizzata ai danni della
solidarietà sociale): perché, dalle nostre parti, questo riconoscimento delle
qualità professionali non avviene
e la borghesia – mediamente – è pronta a farsi guidare da chi è più furbo, più
spregiudicato eticamente, più capace di agganciare i potenti di turno? A un commerciante può capitare di fallire
finanziariamente e di chiudere, uno dopo l’altro, i negozi lussuosi e rinomati
di un tempo: ma perché gli altri commercianti dovrebbero scegliere proprio lui
come esponente istituzionale della categoria? Ai consigli degli ordini
professionali si eleggono gli avvocati specializzati nel perdere le cause o i
medici che collezionano interventi chirurgici disastrosi?
Tocchiamo qui un secondo
tema di (possibile) autocritica: la borghesia siciliana è autolesionista. Non
capisce che, anche nel mondo della produzione e degli scambi, tutto si tiene e
i guai di uno finiranno, prima o poi, per rifluire negativamente sugli altri.
Il gesto di Helg che tenta di estorcere 100.000 euro a Palazzolo è, sotto
questo profilo, emblematico: come se davvero mors tua potesse comportare vita
mea. Ci vuole una laurea alla Bocconi per capire che, se ostacolo lo
sviluppo di un pasticciere che dà lavoro a molti dipendenti o addirittura lo
costringo a dichiarare fallimento, sto minando alle basi tutte le altre
attività imprenditoriali del territorio (comprese quelle che ho in atto o che,
eventualmente posso attivare)?
Nelle diverse funzioni pubbliche
svolte, Helg è stato anche (dal 2008 in poi) un paladino dell’antimafia. Qui
incontriamo un terzo ambito di autocritica (auspicabile). La mafia che spara,
uccide, mette le bombe è una mafia che non piace alla maggioranza della
borghesia. Ma la mafia che corrompe, che inquina i concorsi, che pilota gli
appalti, che distribuisce posti di lavoro in strutture pubbliche e in aziende
private… lascia indifferenti i ceti abbienti, quando addirittura non li
coinvolge con convizione. Con ingenuità vorrei chiedermi che differenza
sostanziale c’è fra un dirigente che impone il pizzo a un imprenditore usando
le armi del potere e un mafiosetto di borgata che impone il pizzo usando le
armi da fuoco. Specialmente se entrambi hanno una casa ipotecata e delle
cambiali da onorare. E, con ingenuità ancora maggiore, mi verrebbe da
rispondere che la differenza c’è: il criminale di quartiere, nell’atto di
intimidire, sa di correre dei rischi giudiziari, mentre il criminale con il
colletto bianco sa di essere al di sopra di ogni sospetto. Soprattutto se, con
il patrocinio di qualche politco spregiudicato e con grande soddisfazione dei
mafiosi di professione, ha usato le iniziative antimafia per acquisire
credibilità e immunità.
Ma devo correggermi. Grazie a Palazzolo – e a tanti altri prima di lui,
insieme a lui e speriamo dopo di lui – gli intoccabili dei vertici
istituzionali lo sono sempre di meno. Le autorità giudiziarie e le forze dell’ordine, supportate
anche da associazioni di volontariato autenticamente antimafioso, lavorano sempre meglio. Tocca a noi, gente di
strada, mutare atteggiamento. Per esempio moltiplicare le occasioni per
acquistare le nostre merci da chi denunzia ogni genere di ricatti e avere il
coraggio civile di troncare ogni relazione con chi, nonostante la facciata di
rispettabilità, si è macchiato di reati così odiosi. Senza questa
trasformazione sociologica, che isoli i criminali e rompa l’isolamento degli
onesti, nessuna operazione repressiva può risultare alla lunga efficace. Se non
riacquisteremo la capacità di vergognarci, e di far vergognare, questa povera
terra non avrà futuro.
Augusto Cavadi
2 commenti:
Effettivamente è sopratutto un problema culturale...
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