“Monitor” 13. 4. 2015
IL SESSO E IL POTERE
Il filosofo “normale”
affronta i temi che sceglie autonomamente, da sé; il filosofo di strada deve
misurarsi, invece, con le tematiche che gli vengono poste da altri. Giovedì
della scorsa settimana alcuni amici, che stanno avviando anche a Palermo un gruppetto di autocoscienza
maschile per riflettere sulle responsabilità degli uomini rispetto alla
violenza sulle donne, mi hanno chiesto di introdurre un seminario su
<<sesso e potere>>.
Mi è sembrato opportuno
precisare, innanzitutto, che avrei inteso “sesso” sia in senso circoscritto
(l’esercizio dell’apparato genitale) sia, soprattutto, in senso ampio (la
sessualità che permea, colora di sé, l’intera nostra soggettività: cervello,
emozioni, tratti relazionali...inclusi).
Così inteso, il sesso può
essere considerato – rispetto al potere – almeno da tre angolazioni: come forma di potere, come via al potere, come effetto del potere. Sintetizzo brevemente ciò che ho proposto da
ciascuna prospettiva.
Il sesso è una forma di potere: grazie ad esso
possiamo relazionarci ad altri, unirci strettamente, perfino riprodurci. Come
ogni forma di potere, in sé stesso è positivo (e comunque ineliminabile).
Diventa negativo (e va eliminato o comunque limitato) quando si trasforma in
“dominio”. Come distinguere il “potere” (capacità preziosa di influenzare il comportamento altrui)
dal “dominio” (capacità dannosa di annichilire l’altro riducendolo a mero
strumento della nostra volontà di potenza)? Dal fine, dallo scopo, con il quale
si esercita. Gli esempi di sesso finalizzato al “dominio” sono innumerevoli, ma
non mancano – se pur più rari – gli esempi del sesso finalizzato alla fioritura
dell’altro. Socrate utilizzava il suo sexy-appeal
per educare Alcibiade: recentemente Massimo Recalcati ha ripreso questo aspetto
della relazione pedagogica nel suo saggio L’ora
di lezione. Per un’erotica dell’insegnamento. Le “assistenti sessuali”
previste in alcuni Paesi europei per venire incontro alle esigenze fisiologiche
e affettive dei portatori di handicap
costituiscono un altro esempio di potere sessuale finalizzato al piacere
altrui, non al dominio sull’altro.
Il sesso può costituire una via al potere. Che il nostro fascino ci
spiani la strada verso molte carriere, pubbliche e private, è un dato oggettivo
di cui non sarebbe saggio scandalizzarsi. L’interrogativo serio è piuttosto un
altro: sino a che punto è un processo legittimo di auto-promozione e da che
punto diventa, invece, un processo di auto-degradazione,
di prostituzione?
Il sesso, infine, può costituire
un effetto del potere.
<<Comandare è meglio che fottere>> secondo l’adagio popolare; ma
non c’è dubbio che chi “comanda” moltiplica le sue possibilità di
“fottere”. Anche qui siamo di
fronte a dinamiche psicologiche naturali da gestire piuttosto che da
esorcizzare vanamente. Un limite invalicabile dovrebbe essere la libertà
(almeno relativa) del partner privo di “potere”: che egli subisca il fascino di
chi ha autorità politica o economica o culturale è nell’ordine delle cose; che
sia costretto dalla minaccia, dal ricatto, da parte del soggetto “forte” è
tutta un’altra faccenda. Nell’ambito sessuale tutto è moralmente lecito, ma
solo se avviene nel consenso reciproco. Ecco perché il rapporto di un
miliardario italiano con una ragazza disoccupata proveniente da una
modestissima famiglia di immigrati africani, così come il rapporto fra un
adulto maturo e un ragazzino dodicenne, possono suscitare dubbi ben fondati: in
questi casi la sessualità è ancora “potere” o è diventata “dominio”?
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
1 commento:
Caro Augusto,
oggi mi lascio sollecitare dalle tue riflessioni su sesso e potere e ti scrivo per dirti che condivido innanzitutto l'impostazione che hai dato all'argomento, oltre i contenuti.
C'è un potere esercitato, più o meno consapevolmente, e un potere/fascino subito, più o meno consapevolmente. Il grado di consapevolezza, di lucidità, con cui si esercita il proprio carisma, unito agli scopi di questo esercizio e alla forza o debolezza dell'altro/a, lo rendono moralmente corretto o no. Si può far uso del proprio potere per vantaggi egoistici (che siano il soddisfacimento delle pulsioni fisiche, la ricompensa economica o le garanzie di favori lavorativi/di sviluppo professionale, la necessità di ottenere conferme sul proprio valore o sul proprio stesso carisma) o anche per il bene dell'altro. E mi è piaciuto, a questo proposito, il verbo "fiorire" che hai utilizzato: per far fiorire l'altro/a.
L'accettabilità morale deriva quindi dall'equilibrio tra il proprio vantaggio e quello dell'altro/a, dalla compatibilità tra i propri scopi e quelli dell'altro/a, dalla differenza tra la propria forza e quella dell'altro/a, dalla consapevolezza con cui si esercita o si subisce il potere.
Il discorso è così profondo - e intrigante - che gli si fa di certo un torto se si lasciano nell'ombra le sue implicazioni psicanalitiche: reconditi - oltre che vari - i moventi del potente; altrettanto segrete - e non solo diverse - le ragioni per cui se ne subisce il dominio o l'influenza. Come giustamente scrivi, e come Freud insegna, la sessualità permea tutta la nostra esistenza. E condivido la puntualizzazione sul fatto che la "sessualità" vada intesa non in senso strettamente genitale, ma ampio, cioè come spinta erotica, come la curiosità e la passione di cui vestiamo tutti gli aspetti dell'esistenza, come forza vitale. Sessualità intesa anche come potere, in senso lato, di seduzione, di attrazione a sé.
E qui si tocca la dimensione dell'impalpabilità: cosa è il carisma? cosa lo determina? si può acquisire/accrescere il proprio carisma o è piuttosto un dono di natura?
Il fatto che oggi esistano dei life coach farebbe propendere verso una risposta positiva all'ultima domanda, chi lo sa.
Hai fatto riferimento all'ultimo libro di Recalcati (che ho letto anch'io di recente): la questione del potere-seduzione-carisma è naturalmente chiamata in causa quando si parla dell'insegnamento. Non è facile definire tutti gli ingredienti che compongono la capacità di attrazione di un insegnante piuttosto che di un altro, di una persona piuttosto che di un'altra. E se ci riuscissimo in maniera scientifica, forse avremmo scoperto anche qual è il mistero dell'amore, avremmo trovato la risposta al perché siamo simpatici o antipatici ad alcuni ma non a tutti, al perché scegliamo alcuni come amici piuttosto che altri. Se così fosse, avremmo anche perso il piacere di vivere e di scoprire gli altri man mano.
Quegli ingredienti possono però essere racchiusi tutti nell'unica definizione di capacità comunicativa, che significa anche volontà di seduzione. E, d'altronde, ogni comunicazione non è volontà di imprimere il proprio segno sull'altro, sulla realtà?
Oltre a Recalcati, mi è capitato di recente di leggere anche un libro dal titolo "La scuola e l'arte di ascoltare", che mi ha ulteriormente fatto riflettere (la quotidianità fa già molto riflettere, ma il bello della lettura è l'illuminazione che ti fornisce sulle tue domande, l'apertura di nuove prospettive, la volontà che ti dà di approfondire, avendone tempo e possibilità) sulla complessità della comunicazione.
E chiudo proprio sulla comunicazione, sul potere e il fascino della parola, un mezzo potentissimo, o debolissimo, per entrare, o non entrare, in relazione con gli altri.
Grazie sempre per la possibilità che ci dai di riflettere, di illuminare, di approfondire.
Saluti affettuosi,
Lidia
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