“Siciliapiu.info”
22. 3. 2015
SPERANZE E TIMORI ALLA
SINISTRA DEL PD
L’interesse del convegno a
Palermo su Il centrosinistra tra
riformisti e riformatori (20 - 21 marzo 2015) risalta se lo si inserisce in un processo
nazionale più ampio, incentrato su un interrogativo fondamentale: l’attuale PD
è il massimo di “sinistra” che possiamo permetterci (e, soprattutto, di cui ha
bisogno il Paese)?
La questione, almeno per
alcuni di noi, non è così semplice come appare ad altri. I devoti del renzismo
non hanno dubbi nel rispondere affermativamente, proprio come i suoi
demonizzatori non hanno dubbi nel rispondere negativamente. Ciascuno dei due
fronti ha abbastanza ragioni da accampare. Non c’è dubbio, infatti, che la
maggioranza degli italiani è culturalmente “moderata” e che ciò che ha foggiato
Renzi - una versione postmoderna,
tecnocratica e liberal della Democrazia Cristiana o, s si
preferisce, una versione domestica del Partito Democratico statunitense – costituisce l’organizzazione politica
più avanzata che possa aspirare, oggi, al governo dell’Italia.
Ciò assodato, ci si può
chiedere però se un “centro” (per quanto meno corrotto e meno parolaio dei
contenitori-azienda sfornati da Berlusconi) possa svolgere bene - o almeno discretamente – la propria
funzione senza né una “destra” decente né una “sinistra” consistente.
L’illusione dei partiti “pigliatutto” (espressione che in politologia non ha
un’accezione negativa) è di poter fare a meno degli “estremi”: ma la storia la
smentisce. In prospettiva, infatti, un’egemonia centrista senza pungoli né da
un lato né dall’altro è destinata prima a creare organizzazioni
extra-parlamentari più o meno eversive (alimentate da tutti coloro, specie
giovani, che non vedono possibilità di essere rappresentati dentro le
istituzioni) , poi a estinguersi per auto-combustione da sostanze inquinanti
(massoni, mafiosi, speculatori e arrampicatori di ogni colore si precipitano,
infatti, per dirla con Flaiano, in soccorso del vincitore, la cui motonave
finisce con l’affondare per eccesso di passeggeri più o meno abusivi).
Riusciranno i nostri
eroi - Civati, Landini & orfani di Vendola – a costruire
l’alternativa di “sinistra”? A caldo risponderei: spero tanto di sì, temo tanto
di no. Alcune ragioni della speranza le ho appena evocate. I timori li posso
sintetizzare in due o tre punti. Il primo, e fondamentale, è la difficoltà di
una base ideologica. Comunismo marxista e socialdemocrazia possono offrire
ottimi elementi di analisi e di intervento, ma solo se ripensati creativamente
anche alla luce dei fallimenti (parziali) del Novecento. Ma ad oggi questa base
teorico-programmatica, intessuta di ciò che di più valido possono offrire altre
tradizioni politiche (dal cattolicesimo democratico all’ambientalismo sino
all’anarchismo), è stata elaborata?
Mi pare di no. E quel che è
più grave mi pare che non sia neppure in agenda. Sono qui al secondo motivo di
timore: una “sinistra” all’altezza delle sfide contemporanee dovrebbe attivare
laboratori di studio, di progettazione, di diffusione delle idee
scientificamente e filosoficamente fondate. I leader populisti non si battono con gli slogan perché, su quel piano, sono dei maestri. In una battaglia
politica i comunicatori sono preziosi, ma senza retrovie di pensatori sono condnnati a comunicare il vacuo:
sono come mitragliatrici senza munizioni.
Mi rendo conto di non stare
aggiungendo nulla di sostanziale alla tesi di Gramsci secondo cui il blocco
storico dei privilegiati può essere scardinato solo da una “riforma
intellettuale e morale”. Già: anche “morale”. E qui arrivo al terzo, e ultimo,
motivo di sconforto. Tra i protagonisti del movimento che si riunisce a Palermo
ci sono anche personaggi che, in più di un’occasione, hanno dato prova di
disinvoltura etica. Diciamo, per non sbilanciarci andando al di là dei dati noti
e incontestabili, che hanno dimostrato un pragmatismo molto elastico. Se anche
su questo versante – soprattutto su questo versante – non si danno segnali
chiari e costanti di “diversità” (per evocare Berlinguer) non si andrà lontano.
Se dobbiamo navigare a vista, chiudendo ora un occhio ora due su alcuni
princìpi deontologici, la gente si chiederà perché votare per le imitazioni se
sono già disponibili, sul mercato politico, gli originali.
Augusto Cavadi
3 commenti:
Analisi tanto precisa e condivisibile quanto inevitabilmente sconfortante ... ma così è se ci pare! Grazie Augusto.
Sobrio e illuminante
Sobrio e illuminante
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