mercoledì 11 febbraio 2015

BACIAMO LE MANI, SIGNOR MATTEO SALVINI !


“Repubblica – Palermo” 10.2.2015
LEGHISTI E SICILIANI, COSI’ VICINI COSI’ LONTANI


Salvini sbarca in Sicilia. Con che possibilità di successo? Apparentemente scarse. Anche gli elettori più distratti sanno che la Lega Nord – e lui personalmente – hanno ripetuto negli anni i più biechi luoghi comuni (comuni nelle bettole e nelle osterie delle valli alpine e padane) sui Meridionali: sulla puzza che emanano, sulla disonestà genetica, sulla svogliatezza irredimibile. Né può costituire un’attenuante osservare, con irrefrenabile divertimento, che questa logica razzista – una volta avviata – non si ferma davanti a nessuna ridicolaggine: i leghisti toscani ritengono barbari i leghisti padani; tra i padani, i lombardi ritengono spuri i leghisti veneti; tra i veneti,  gli orientali ritengono spuri i  leghisti del veneto occidentale… sino a esiti paradossali. Un solo esempio: nel 2009 Pietro Fontanini, segretario del Carroccio in Friuli- Venezia Giulia e presidente della Provincia di Udine, perorava la causa del passaggio del comune di Sappada nel Veneto alla sua regione dichiarando: “Questa comunità possiede caratteristiche comuni ad alcune località del Friuli come Sauris e Timau: anche Sappada fa parte della stessa minoranza linguistica”! Resterebbe solo da chiedersi se tutti i cittadini di Sappada appartengono allo stesso ceppo etnico o se non vi siano delle inquietanti (e difficilmente conciliabili) differenze antropologiche tra gli abitanti del centro storico di Sappada e i loro concittadini delle zone periferiche.
Tuttavia. Tuttavia non escluderei che alcuni siciliani possano riconoscere nel messaggio della Lega Nord delle suadenti affinità culturali e politiche con le proprie convinzioni ataviche. Avendo dedicato un volume (Il Dio dei leghisti) all’illustrazione delle analogie fra Lega Nord e Cosa nostra, mi limito anche qui a pochissime esemplificazioni. Sul piano culturale il profondo Nord ha in comune con il profondo Sud la medesima concezione della religione: più che una fede personale e comunitaria che riguarda l’intimo della coscienza e va espressa in gesti di solidarietà sia corta che planetaria, un emblema identitario da brandire campanilisticamente. Cattolicesimo? Si potrebbe dire più correttamente: un parrocchialismo senza cristianesimo, un ritualismo senza vangelo.
Si è ripetuto sino alla noia che il Sud è affetto da familismo amorale. Vero. Ma come ha risposto Riccardo Bossi, figlio di primo letto del patriarca Umberto, alle obiezioni di chi gli faceva notare che il padre era riuscito a piazzare il fratello Franco a Strasburgo come portaborse di Matteo Salvini; il figlio Renzo (sì, il celeberrimo Trota) come consigliere regionale  in Lombardia; e lui stesso – il primogenito Riccardo, universitario fuori corso appassionato di rally automobilistici -  come portaborse dell’eurodeputato Francesco Speroni? Cito letteralmente da un’intervista al settimanale “Oggi”: “Dov’è il problema? E’ normale che un padre cerchi di far capire ai suoi figli quello che fa. E i figli, vedendo un padre così, che lotta, che non si arrende mai, nemmeno alla più schifosa delle malattie, che cosa dovrebbero fare? Mio padre è un uomo vero, ha due palle così, trasmette una carica pazzesca e trascina milioni di persone. Perché non dovrebbe trascinare anche i figli? Se uno ha un’azienda chi pensa di inserire? I suoi figli o degli estranei? Certo che la Lega non è un’azienda. Ma non bestemmio se dico che mio padre la sente sua”.
E’ noto il maschilismo (almeno di facciata) di molti siciliani. Eppure impallidisce di fronte al machismo esibizionistico dei leghisti. Come si è difeso l’ineffabile Mario Borghezio (leader di “Padania cristiana”) da una infondata accusa di razzismo? Con una finezza d’argomentazione che nessuno, tranne qualche isolata femminista prevenuta mentalmente, potrebbe esimersi dall’ammirare: “Le nere le ho provate quando sono stato nello Zaire. Ah, le katanghesi! Prodotto notevole. Mica come le bruttone nigeriane che battono da noi. Quello che ho assaggiato lì era proprio un prodotto locale notevole!” (da alcune dichiarazioni riportate sul “Corriere della sera” da Gian Antonio Stella). Non meno raffinate le dichiarazioni dell’onorevole Gianluca Pini (una figura fra il santo e l’eroe per i cacciatori dell’Alta Valmarecchia): “In campagna elettorale si fanno tutti assieme delle promesse, inserite nel programma comune. Poi, nel pdl, vengono elette tre o quattro zoccole animaliste a cui piacciono gli uccelli e ci lasciano soli a difendere i sacrosanti diritti dei cacciatori”. Insomma, come ha una volta commentato un mio conoscente bresciano di fede leghista, non sarebbe corretto affermare che lui e i suoi sodali siano razzisti: “Per noi anche le bianche sono, in fin dei conti, delle puttane”.
Sul piano politico il secessionismo – urlato più che praticato – della Lega Nord è soltanto un’imitazione tardiva del sicilianismo più miope che afflisse la nostra isola all’indomani della liberazione dal nazifascismo ad opera degli eserciti anglo-americani. Lo Stato unitario è stato concepito sin dal 1861  - con qualche ragione e molto torto – come un organismo oppressivo, che succhiava tasse e giovani per il servizio di leva restituendo in cambio  pochi servizi e molte regole. Le valli bergamasche come i monti Sicani, nonostante le differenze reali, sono accomunate da sacche di tribalismo premoderno: per entrambi la Repubblica democratica, fondata sulla Costituzione, è una superfetazione storica artificiale; un’estranea quando non una nemica.
Potrei tirarla a lungo, ma ritengo di aver detto abbastanza sul pericolo che – nonostante tutto -   c’è una pancia della Sicilia peggiore a  cui Salvini e i suoi potrebbero saper rivolgersi. Non dovrebbero imparare nessun nuovo linguaggio.

Augusto Cavadi

1 commento:

Sandro Riotta ha detto...

Ho intravisto le immagini della manifestazione (che ho condiviso nella sostanza, ma non nelle forme messe in atto). Uno degli scopi della lega è quello di rompere il patto di solidarietà tra gli Italiani e smembrare l'Unità nazionale. È stato sbagliato quindi protestare sotto le bandiere della Trinacria, simbolo del "nostro separatismo". Chi lo ha fatto, ha fatto il suo gioco e gli ha dato implicitamente ragione. Più opportuno sarebbe stato, invece, fare sventolare il Tricolore, solo il Tricolore dell’Unità Nazionale.
E non ce l’ho con Salvini, che fa il suo “mestiere”, ma con quei Siciliani che hanno iniziato a dargli spazio e credito. Comincio a temere il suo successo. Ha iniziato la “conquista” del Meridione d’Italia e, grazie allo scontento e all’antipolitica dilaganti - visti anche il “tramonto” di Berlusconi e l’incapacità politica di Grillo -, ha tutti i numeri di divenire il punto di riferimento della destra italiana, di quella peggiore. In atto è sotto solo dell’1% rispetto a F.I., nei sondaggi “se si andasse a votare oggi”. E non è una bella prospettiva...