“Repubblica – Palermo”
10.2.2015
LEGHISTI E SICILIANI, COSI’
VICINI COSI’ LONTANI
Salvini sbarca in Sicilia.
Con che possibilità di successo? Apparentemente scarse. Anche gli elettori più
distratti sanno che la Lega Nord – e lui personalmente – hanno ripetuto negli
anni i più biechi luoghi comuni (comuni nelle bettole e nelle osterie delle
valli alpine e padane) sui Meridionali: sulla puzza che emanano, sulla
disonestà genetica, sulla svogliatezza irredimibile. Né può costituire un’attenuante
osservare, con irrefrenabile divertimento, che questa logica razzista – una
volta avviata – non si ferma davanti a nessuna ridicolaggine: i leghisti
toscani ritengono barbari i leghisti padani; tra i padani, i lombardi ritengono
spuri i leghisti veneti; tra i veneti,
gli orientali ritengono spuri i
leghisti del veneto occidentale… sino a esiti paradossali. Un solo
esempio: nel 2009 Pietro Fontanini, segretario del Carroccio in Friuli- Venezia
Giulia e presidente della Provincia di Udine, perorava la causa del passaggio
del comune di Sappada nel Veneto alla sua regione dichiarando: “Questa comunità
possiede caratteristiche comuni ad alcune località del Friuli come Sauris e
Timau: anche Sappada fa parte della stessa minoranza linguistica”! Resterebbe
solo da chiedersi se tutti i cittadini di Sappada appartengono allo stesso
ceppo etnico o se non vi siano delle inquietanti (e difficilmente conciliabili)
differenze antropologiche tra gli abitanti del centro storico di Sappada e i
loro concittadini delle zone periferiche.
Tuttavia. Tuttavia non
escluderei che alcuni siciliani possano riconoscere nel messaggio della Lega
Nord delle suadenti affinità culturali e politiche con le proprie convinzioni
ataviche. Avendo dedicato un volume (Il
Dio dei leghisti) all’illustrazione delle analogie fra Lega Nord e Cosa
nostra, mi limito anche qui a pochissime esemplificazioni. Sul piano culturale
il profondo Nord ha in comune con il profondo Sud la medesima concezione della
religione: più che una fede personale e comunitaria che riguarda l’intimo della
coscienza e va espressa in gesti di solidarietà sia corta che planetaria, un
emblema identitario da brandire campanilisticamente. Cattolicesimo? Si potrebbe
dire più correttamente: un parrocchialismo senza cristianesimo, un ritualismo
senza vangelo.
Si è ripetuto sino alla noia
che il Sud è affetto da familismo amorale. Vero. Ma come ha risposto Riccardo
Bossi, figlio di primo letto del patriarca Umberto, alle obiezioni di chi gli
faceva notare che il padre era riuscito a piazzare il fratello Franco a
Strasburgo come portaborse di Matteo Salvini; il figlio Renzo (sì, il celeberrimo
Trota) come consigliere regionale
in Lombardia; e lui stesso – il primogenito Riccardo, universitario
fuori corso appassionato di rally automobilistici
- come portaborse
dell’eurodeputato Francesco Speroni? Cito letteralmente da un’intervista al
settimanale “Oggi”: “Dov’è il problema? E’ normale che un padre cerchi di far
capire ai suoi figli quello che fa. E i figli, vedendo un padre così, che
lotta, che non si arrende mai, nemmeno alla più schifosa delle malattie, che
cosa dovrebbero fare? Mio padre è un uomo vero, ha due palle così, trasmette
una carica pazzesca e trascina milioni di persone. Perché non dovrebbe
trascinare anche i figli? Se uno ha un’azienda chi pensa di inserire? I suoi
figli o degli estranei? Certo che la Lega non è un’azienda. Ma non bestemmio se
dico che mio padre la sente sua”.
E’ noto il maschilismo
(almeno di facciata) di molti siciliani. Eppure impallidisce di fronte al machismo esibizionistico dei leghisti.
Come si è difeso l’ineffabile Mario Borghezio (leader di “Padania cristiana”)
da una infondata accusa di razzismo? Con una finezza d’argomentazione che
nessuno, tranne qualche isolata femminista prevenuta mentalmente, potrebbe
esimersi dall’ammirare: “Le nere le ho provate quando sono stato nello Zaire.
Ah, le katanghesi! Prodotto notevole. Mica come le bruttone nigeriane che
battono da noi. Quello che ho assaggiato lì era proprio un prodotto locale
notevole!” (da alcune dichiarazioni riportate sul “Corriere della sera” da Gian
Antonio Stella). Non meno raffinate le dichiarazioni dell’onorevole Gianluca
Pini (una figura fra il santo e l’eroe per i cacciatori dell’Alta
Valmarecchia): “In campagna elettorale si fanno tutti assieme delle promesse,
inserite nel programma comune. Poi, nel pdl, vengono elette tre o quattro zoccole
animaliste a cui piacciono gli uccelli e ci lasciano soli a difendere i
sacrosanti diritti dei cacciatori”. Insomma, come ha una volta commentato un
mio conoscente bresciano di fede leghista, non sarebbe corretto affermare che
lui e i suoi sodali siano razzisti: “Per noi anche le bianche sono, in fin dei
conti, delle puttane”.
Sul piano politico il
secessionismo – urlato più che praticato – della Lega Nord è soltanto
un’imitazione tardiva del sicilianismo più miope che afflisse la nostra isola
all’indomani della liberazione dal nazifascismo ad opera degli eserciti
anglo-americani. Lo Stato unitario è stato concepito sin dal 1861 - con qualche ragione e molto torto –
come un organismo oppressivo, che succhiava tasse e giovani per il servizio di
leva restituendo in cambio pochi
servizi e molte regole. Le valli bergamasche come i monti Sicani, nonostante le
differenze reali, sono accomunate da sacche di tribalismo premoderno: per
entrambi la Repubblica democratica, fondata sulla Costituzione, è una superfetazione
storica artificiale; un’estranea quando non una nemica.
Potrei tirarla a lungo, ma
ritengo di aver detto abbastanza sul pericolo che – nonostante tutto - c’è una pancia della Sicilia
peggiore a cui Salvini e i suoi
potrebbero saper rivolgersi. Non dovrebbero imparare nessun nuovo linguaggio.
Augusto Cavadi
1 commento:
Ho intravisto le immagini della manifestazione (che ho condiviso nella sostanza, ma non nelle forme messe in atto). Uno degli scopi della lega è quello di rompere il patto di solidarietà tra gli Italiani e smembrare l'Unità nazionale. È stato sbagliato quindi protestare sotto le bandiere della Trinacria, simbolo del "nostro separatismo". Chi lo ha fatto, ha fatto il suo gioco e gli ha dato implicitamente ragione. Più opportuno sarebbe stato, invece, fare sventolare il Tricolore, solo il Tricolore dell’Unità Nazionale.
E non ce l’ho con Salvini, che fa il suo “mestiere”, ma con quei Siciliani che hanno iniziato a dargli spazio e credito. Comincio a temere il suo successo. Ha iniziato la “conquista” del Meridione d’Italia e, grazie allo scontento e all’antipolitica dilaganti - visti anche il “tramonto” di Berlusconi e l’incapacità politica di Grillo -, ha tutti i numeri di divenire il punto di riferimento della destra italiana, di quella peggiore. In atto è sotto solo dell’1% rispetto a F.I., nei sondaggi “se si andasse a votare oggi”. E non è una bella prospettiva...
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