“MONITOR”,
23.1.2015
CAMBIARE LA SOCIETA’ COMINCIANDO DALL’ATTEGGIAMENTO
DEI MASCHI VERSO LE DONNE
“Uomini in cammino”: conoscete già questa sigla? Improbabilmente. Eppure
sono ormai più di due decenni che questa associazione – ed altre simili che
costituiscono ormai una sorta di movimento – si propaga per l’Italia. Beppe
Pavan, pinerolese, è tra gli
animatori principali del nucleo originario e proprio in questi giorni ha
condotto una serie di seminari per i docenti di Palermo e di Catania. Ma qual è
il tema specifico di questo movimento d’opinione? Si potrebbe rispondere: la
condizione maschile. Purché si aggiunga subito: rispetto alla condizione
femminile. Più precisamente e esplicitamente: le responsabilità dei maschi riguardo alle problematiche delle donne, a
cominciare dalla sofferenza di queste ultime a causa delle diverse forme di
violenza che subiscono.
Se queste tematiche fossero affrontate in chiave esclusivamente politico-strategica
sarebbe già un fatto meritorio; ma, ancor più mertorio, è a mio parere l’impianto
etico-personalistico. Questi gruppi di maschi, infatti, vogliono arrivare a
cambiare la società a partire da sé:
dall’analisi, per quanto possibile sincera e completa, dei propri atteggiamenti
verso l’altro sesso. Dalle proprie prepotenze, dai propri pregiudizi, dalle
proprie paure, dal proprio modo di vivere la sessualità. Per chi come me è
fautore di una filosofia-in-pratica (che coinvolga i filosofi di mestiere
quanto i non-filosofi) si tratta di un approccio interessantissimo: mettersi in
gioco in prima persona, senza l’alibi del “cambierò, ma solo quando il sistema socale sarà rivoluzionato”.
Non è un programma di lavoro facile.
Cultura greca ed ebraismo, cristianesimo e islamismo sono matrici culturali
intrise di maschilismo patriarcale. Né la prospettiva è mutata radicalmente con
l’avvento dell’illuminismo borghese: anche se non tutti gli insegnanti di
storia lo ricordano, Olympia de Gouges, autrice di una “Dichiarazione dei
diritti della donna e della cittadina” in piena Rivoluzione francese fu ghiogliottinata
per ordine del Comitato di salute pubblica.
Dalla relegazione della donna dentro le
pareti domestiche (per proteggerla dalla caccia, dalla guerra, dagli affari e
dalla politica) alla sua subordinazione sistematica al servizio dei maschi di
casa non devono necessariamente sfociare nello sfruttamento sessuale né nel
femminicidio: tuttavia ne costituiscono il presupposto più logico, la pre-condizione più
naturale. La proliferazione di
frutti avvelenati si può evitare solo estirpando le radici dell’albero che li
produce.
Scuola e associazionismo, laico e
religioso, dovrebbero essere impegnati in prima linea su questo fronte: ma non
sembra che sia così, che si vada molto oltre le occasionali espressioni di condanna
alla notizia di questo o di quell’altro delitto. D’altra parte una strategia
pedagogica contro la violenza maschile potrebbe costituirsi solo come
risultante di due prospettive educative: l’educazione
alla nonviolenza e l’educazione
affettivo-sessuale. Insomma,
all’incrocio di due angolazioni pedagogiche perfettamente estranee alle agenzie educative
principali.
La strada, dunque, è lunga. E in salita.
Ma se non vogliamo accelerare la dissoluzione dell’umanità dobbiamo iniziare a
percorrerla.
Augusto
Cavadi
4 commenti:
Grazie, Augusto, per le tue riflessioni, in particolare sulla necessità di
partire da sé. Vorrei che tu potessi sostenere Francesco Seminara nelle
iniziative finalizzate a dar vita, a poco a poco, a un gruppo di
autocoscienza maschile anche a Palermo... Fammi sapere.
Intanto qui a Pinerolo ho ricevuto una buona notizia: nei prossimi giorni mi
incontrerò con i e le presidi delle scuole superiori per studiare come
coinvolgere di più i docenti uomini sulle due direttrici che così bene hai
evidenziato.
Spero che qualcosa succeda anche nelle scuole siciliane, perché finora non
un solo uomo ha partecipato al corso biennale che si sta per concludere.
Vai con la filosofia!!!
Un abbraccio a te e ad Adriana
Beppe
Grazie a te e a Beppe Pavan, promotori di iniziative e percorsi così importanti per l'effettiva uguaglianza tra gli esseri umani
Grazie Augusto! Non conosco questa associazione maschile, ma conosco qualche uomo attivista antisessista. Certo è importante l'educazione, e tu che sei un maestro nell'insegnare, lo sai meglio di me e lo dimostri ogni giorno. Tuttavia troppo spesso l'analisi di questioni di genere rimane a mio avviso superficiale, perché non si guarda alle altre categorie che si intrecciano col genere: classe, razza, orientamento sessuale, ecc. E non si guarda all'intreccio con le condizioni economico-politiche di tutto il sistema e a chi e che cosa è funzionale la categoria "genere" e differenza di genere. E' come se si affrontasse il problema della mafia dicendo che certe persone sono cattive, e basta educarle a diventare buone (ecco, mi sembra un po' questo il limite del discorso di certo attivismo antisessista, sia maschile che femminile/femminista, che rimane in superficie, all'epifenomeno. Non so se mi sono spiegata).
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