“Repubblica – Palermo”
7.1.2015
IL CONTROLLORE RETORE: UN’INVENZIONE TUTTA PALERMITANA
Se amministratori e dirigenti
di aziende pubbliche trascorressero ogni tanto una giornata da normali cittadini,
assumerebbero le decisioni che assumono? Me lo sono chiesto alcuni anni fa
quando comparvero per le strade di Palermo le prime casacchine gialle
degli “ausiliari del traffico”.
Istituiti con le migliori intenzioni si sono rivelati dei fattori di ulteriore
degrado del comportamento degli automobilisti. Prima della loro comparsa,
infatti, chi poteva scegliere fra un posteggio regolare in zone blù e un
posteggio di fantasia (strisce pedonali, zone rimozione, spazi riservati agli
autobus, posteggio per portatori di handicap, marciapiedi etc.) di solito
optava per la prima soluzione: con un euro si liberava da ogni preoccupazione
e, se non voleva pagarlo, preferiva comunque rischiare sapendo che
difficilmente sarebbe stato beccato da un vigile urbano. Ora non è più così.
Con tanti “ausiliari del traffico” in giro è quasi certo che, se posteggi senza
pagare il ticket, sarai multato.
Un’ottima notizia, si direbbe. Se non fosse per un dettaglio paradossale: se
posteggi disciplinatamente e non paghi il dovuto sarai sanzionato, anche solo
per dieci o quindici minuti di ritardo; ma se posteggi a testa di cavolo (anche
per un’intera giornata), quegli operatori non sono autorizzati a punirti. Dal
momento che più eclatante è la trasgressione, minori sono le probabilità di
essere beccato, si assiste alla crescita esponenziale di infrazioni d’ogni
genere da parte degli automobilisti.
Questo risultato grottesco mi è tornato in
mente da quando l’Amat ha sguinzagliato la figura inedita – a mia conoscenza unica nel pianeta –
del controllore persuasivo . Un controllore che non deve multarti se ti coglie
senza biglietto sul bus, ma tentare di convincerti ad acquistarlo facendo
ricorso a raffinate tecniche
retoriche (non siamo corregionali di Gorgia da Lentini ?) sostenute da modi affabili,
quasi seduttivi. Anche qui le intenzioni saranno state certamente nobili, ma
non per questo senza effetti disastrosi. Infatti, sino a queste ultime mattine,
ho notato a mie spese che il passeggero che sale dalla porta ‘giusta’ (intendo
la porta riservata a chi sale in vettura) e munito di regolare documento di
viaggio viene fermato e deve dimostrare di essere a posto, subendo una triplice
fregatura rispetto a chi sale senza biglietto dalle porte del bus destinate
esclusivamente alla discesa. Infatti ha pagato il biglietto (a un prezzo
destinato a crescere ulteriormente per bilanciare i sempre più numerosi
portoghesi che, ormai, non rischiano neppure la multa); è stato bloccato dal
controllore che lo attende al varco regolare (a differenza del furbetto che è
salito da dove si scende e scenderà da dove si sale); resta quasi certamente in
piedi perché i posti a sedere sono stati prontamente occupati dai passeggeri liberi
da remore di legalità i quali, più
saggiamente (e senza nessun rischio di sanzioni), si trovano subito nella zona
anteriore; non devono neppure perdere minuti preziosi con il controllore; e,
naturalmente, senza spendere un centesimo.
Questo andazzo (in linea con il detto popolare “Chi ruba poco va in
galera, chi ruba molto fa carriera”) provoca nei più anziani moti di rabbia
interiore. Ma nei più giovani, purtroppo, neppure questa. Constatano, e accettano
come inevitabile e immodificabile, il livello medio di moralità pubblica che gli stiamo
consegnando nel Meridione italiano. E, se riescono ad affacciarsi su altre
realtà urbane minimamente civili, fanno di tutto per non ritornare a casa: dove
li porterebbe il cuore, ma da dove li tiene ben distanti il cervello.
Augusto Cavadi
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