“Monitor” 5.12.2014
NATALE DELLA CRISI , CRISI DEL
NATALE
Natale si avvicina. E’ il natale della crisi (meno luci, meno
addobbi, meno acquisti, meno regali), ma è anche un’ulteriore conferma della crisi del natale. E’ il natale della crisi perché arriva in una
fase economica di stagnazione e, quel che è più grave, di rimedi sbagliati: chi
ha capitali, se li tiene più stretti di prima (evitando di investire e di
rischiare) e perfino lo Stato (immemore dei suggerimenti di Keynes accolti da
Roosvelt per superare l’altra crisi comparabile a questa nostra attuale, la
crisi successiva al crollo di Wall Street del 1929) tende a spremere
ulteriormente le tasche dei cittadini invece di tagliare seriamente gli sprechi
e di investire in lavori pubblici indispensabili (a cominciare dalla
salvaguardia del suolo).
Questa depressione economica, che
per tanti versi esonda nel tessuto sociale e nella stessa struttura psicologica
della gente, non sarebbe così preoccupante se non si intrecciasse con la crisi del natale: con la crisi, intendo,
di quei valori cristiani (ma, in ultima analisi, squisitamente umani) di cui il
natale dovrebbe essere simbolo. Nelle fasi come l’attuale l’unica via d’uscita
sarebbe esattamente quella a cui quasi nessuno sta facendo riferimento nel
dibattito pubblico: la revisione critica dell’impianto borghese-capitalistico
delle società occidentali (e, in particolare, dell’Europa dei banchieri e degli
avventurieri di Borsa).
Tranquilli! Nessuno (per lo meno,
non io) sta invocando il comunismo marxista né ancor meno la rinascita del
leninismo sovietico. Esso ha dimostrato di essere una terapia sbagliata che ha
stroncato, insieme ai virus, anche il malato. Ma se una terapia fallisce, non
significa che la malattia fosse illusoria: significa, dovrebbe significare, che
bisogna sperimentare terapie alternative.
La società borghese-capitalistica,
tutta centrata sul primato dei diritti individuali e dimentica dei doveri verso
la collettività; sulla ricerca del profitto progressivo e dimentica del gusto della
condivisione solidale; sullo sfruttamento dei dipendenti, dei clienti più
ingenui, degli stessi azionisti di minoranza e dimentica delle esigenze minime
di giustizia e legalità…questa società borghese-capitalistica è malata. Non va
certo azzerata a colpi di bombe (né interne né importate dai fanatismi
sedicenti islamici), ma neppure venerata come perfetta e immodificabile.
Lo so, non è facile trovare le
alternative dopo il crollo del “socialismo reale”; ma se non le cerchiamo
neppure, se non proviamo a ipotizzarle e sperimentarle, ci condanniamo da soli
al “tramonto dell’Occidente”. Romano Prodi – che non è né un genio né un santo,
ma che è stato onorato dell’attacco convergente della Destra più corrotta e
della Sinistra più irresponsabile sino alla sua dignitosa uscita dalla scena politica – parlava già
venti anni fa della necessità di “un capitalismo ben temperato”. Temperato dal
solidarismo cattolico, dal socialismo democratico, dallo stesso liberalismo
originario che prevede il rispetto delle regole del gioco fra gli attori
economici e finanziari (senza favoritismi clientelari né da parte dello Stato
né da parte delle mafie in esso più o meno infiltrate).
Tocco temi delicati. Venerdì 12 dicembre
sarò felice di riprenderli e approfondirli con chi vorrà intervenire
all’aperitivo filosofico per non…filosofi che l’associazione “La Calendula”
organizza alle 20,20 presso il ristorante “Angelino” di Trapani (in via
Ammiraglio Staiti, 28).
Augusto Cavadi
1 commento:
Ottime riflessioni. Le ho anche condivide su FB.
Posta un commento