“Monitor”, 7.11.2014
FORSE NON LIBERO, CERTAMENTE
LIBERABILE
L’uomo è libero? La settimana scorsa abbiamo riflettuto su questa
domanda analizzando pregi e difetti delle tre, più diffuse, risposte possibili
(non lo è perché una Volontà superiore lo determina; non lo è perché fa parte
di una Materia in evoluzione deterministica; lo è perché un Essere superiore lo
ha voluto tale).
Se la questione teorica è difficile, più
agevole - mi pare – il risvolto
pratico: liberi o non-liberi dal punto di vista della nostra essenza umana,
tutti comunque abbiamo bisogno di liberarci dai vincoli. In attesa di risolvere
intellettualmente la questione (ammesso che ci si possa riuscire), possiamo
dunque affrontarla operativamente: passare, insomma, dall’interrogativo sulla libertà all’impegno per la liberazione.
Da che cosa liberarci ? Il buon
senso ci indirizza innanzitutto verso le catene materiali. E ha ragione. Non
siamo liberi sino a quando non abbiamo da mangiare e da curarci, da vestirci e
da spostarci da una città all’altra. Una filosofia realistica sa che siamo
corpo (e non che ‘abbiamo’ un corpo): le frustrazioni materiali ci impediscono
qualsiasi fioritura.
Il nostro essere corporeo è
anche sessuato: c’è una povertà economica, ma c’è anche una povertà sessuale.
Che non è solo, né principalmente, bisogno di “fare sesso” nel senso genitale
dell’espressione, ma anche bisogno di affettività, di tenerezza, di complicità
emotiva. Una filosofia realistica non può fare a meno di riflettere su questo
genere di miseria di cui tanti individui sono prigionieri per handicap fisici o per pregiudizi morali,
per spiritualismi deleteri proclamati soprattutto da maestri e predicatori
dalla vita personale molto ‘materialistica’.
Liberarsi dai vincoli
economici e affettivi, certo; ma non basta. La filosofia ci indica la necessità
di liberarci dai vincoli politici: chi di noi supponesse di essere libero in
una dittatura solo perché benestante, sarebbe un illuso. Il benessere economico
è condizione necessaria, ma non ancora sufficiente: abbiamo l’esigenza di
pensare liberamente e di esprimere altrettanto liberamente le nostre opinioni.
Le democrazie
contemporanee ci attestano che neppure la libertà politica, però, è tutto. Si
può essere politicamente liberi di pensare e di esprimersi, ma privi di idee e
di parole. L’ignoranza, la superficialità, l’irriflessività sono catene
interiori da cui nessuno può liberarci, tranne noi stessi. Proprio come le
nostre catene morali: se siamo egoisti, avari, insensibili alle sofferenze
degli altri viventi (uomini o animali che siano), nessuno Stato (e nessuna
Chiesa) ci potranno trasformare in soggetti altruisti, generosi, sensibili. In questi giorni la brava
attrice Anna Marchesini ha dichiarato, in una trasmissione televisiva, di non
aver capito ancora che senso abbia vivere. La filosofia può fornire, tra altre,
questa risposta: nasciamo per liberarci dalle catene esteriori e interiori, per
diventare in pienezza ciò che siamo solo in potenza. Il senso della vita sta
nel lavorare ogni giorno per rendere sempre più libera la nostra esistenza e
l’esistenzza di chi sta al mondo (vicino o lontano rispetto all’angoluccio che
abitiamo).
Augusto Cavadi
acavadi@alice.it
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