“Adista Tempi nuovi”
22.11.2014
UN LINGUAGGIO COMUNE PER UN ETHOS CONDIVISO
Un bilancio del convegno
interconfessionale La dimensione
spirituale della vita nel Mediterraneo. Il sé e l’altro: identità e accoglienza
(svoltosi a Palermo dal 29 al 31 ottobre ) non è facile. Il dato più misurabile
è ovviamente quantitativo: nelle cinque sessioni si sono avvicendate in media
60-70 presenze (considerando picchi più alti e livelli più bassi). Questo dato
è rivelativo di un obiettivo qualitativo perseguito e sostanzialmente raggiunto
(se si prescinde da una o due relazioni un po’ più tecniche ed esposte - con il supporto del cartaceo
sott’occhi - in maniera meno diretta): coinvolgere un pubblico ampio, ben al di
là degli specialisti della storia del pensiero e delle tradizioni. A riprova di
una delle ipotesi di lavoro originarie: conoscere le linee essenziali delle
concezioni sapienziali altrui è non solo diritto, e dovere, di ogni cittadino,
ma anche desiderio diffuso. Si avverte, insomma, l’esigenza di capire meglio da
quale universo simbolico proviene la domestica induista, il collega di ufficio
buddhista, l’idraulico musulmano…
Meno facile da misurare il
raggiungimento di un secondo obiettivo del comitato promotore di carattere non
solo conoscitivo (che non sarebbe già poco), ma anche operativo: mettere in
grado professionisti e politici, commercianti e operatori turistici, di
rapportarsi con gli stranieri – avendo imparato un minimo di alfabeto
interculturale e interconfessionale - in maniera più adeguata e più fruttuosa.
Merita,
infine, di essere segnalata una peculiarità nell’impostazione e nell’effettivo
svolgimento del convegno (che, nelle intenzioni degli organizzatori, dovrebbe
costituire il primo di una serie di appuntamenti annuali tesi a fare, o a
rifare, di Palermo un giardino
delle sapienze): il coinvolgimento a pieno titolo di prospettive per varie
ragioni escluse da incontri del genere.
Innanzitutto
si è cercato di dare voce (anche grazie a un gruppo musicale di ricerca etnologica)
alla religiosità popolare, illetterata, “bassa”, i cui miti ancestrali
costituiscono l’humus senza il quale
non si interpretano in maniera adeguata le credenze e i simboli delle
confessioni di fede “alte”. Inoltre si è dato lo spazio adeguato al cosiddetto
“politeismo pagano” che, come è stato efficacemente dimostrato dal relatore
incaricato del tema, lungi dall’essere un reperto archeologico tramontato per
sempre, rivive e fiorisce periodicamente (nella nostra epoca in maniera
particolarmente eloquente). Infine
si è valorizzato l’approccio filosofico-razionale, non in opposizione ma
a titolo di servizio critico delle religioni tradizionali. E’ noto infatti
l’adagio di Hans Kung: “Non c’è pace tra
le nazioni senza pace tra le religioni; - non c’è pace tra le religioni senza
dialogo tra le religioni; non cè dialogo fra le religioni senza un’ethos condiviso”. Ebbene, questo ethos comune chi, e come, lo deve
indicare e circoscrivere? Schillebeeckx notava che si tratta di un cantiere
aperto al quale ognuno deve apportare un mattoncino, senza pretese di
superiorità sugli altri. Ma in un cantiere gli operai devono scambiarsi
opinioni, esperienze, intuizioni: in che lingua? E’ necessario una registro
comunicativo per così dire universale in cui i costruttori dell’etica possano
parlarsi e cooperare. E’ questo il ruolo della filosofia oggi se prende
consapevolezza di essere più di una mera tecnica argomentativa; di essere anche
un modo di vivere; di essere una saggezza spirituale che evidenzia ciò su cui
ogni spiritualità confessionale deve poggiare (ascolto della natura, contemplazione
della bellezza, rispetto della dignità di ogni essere umano, consapevolezza
della propria relatività, gusto del silenzio, sincera curiosità per ciò che
spiazza per la sua alterità, senso della giustizia e della solidarietà e così
via).
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
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