martedì 23 dicembre 2014

BILANCIO DEL CONVEGNO INTERCULTURALE SULLE SPIRITUALITA' NEL MEDITERRANEO


“Adista Tempi nuovi”  
22.11.2014

UN LINGUAGGIO COMUNE PER UN ETHOS CONDIVISO

       Un bilancio del convegno interconfessionale La dimensione spirituale della vita nel Mediterraneo. Il sé e l’altro: identità e accoglienza (svoltosi a Palermo dal 29 al 31 ottobre ) non è facile. Il dato più misurabile è ovviamente quantitativo: nelle cinque sessioni si sono avvicendate in media 60-70 presenze (considerando picchi più alti e livelli più bassi). Questo dato è rivelativo di un obiettivo qualitativo perseguito e sostanzialmente raggiunto (se si prescinde da una o due relazioni un po’ più tecniche ed esposte  - con il supporto del cartaceo sott’occhi - in maniera meno diretta): coinvolgere un pubblico ampio, ben al di là degli specialisti della storia del pensiero e delle tradizioni. A riprova di una delle ipotesi di lavoro originarie: conoscere le linee essenziali delle concezioni sapienziali altrui è non solo diritto, e dovere, di ogni cittadino, ma anche desiderio diffuso. Si avverte, insomma, l’esigenza di capire meglio da quale universo simbolico proviene la domestica induista, il collega di ufficio buddhista, l’idraulico musulmano…
       Meno facile da misurare il raggiungimento di un secondo obiettivo del comitato promotore di carattere non solo conoscitivo (che non sarebbe già poco), ma anche operativo: mettere in grado professionisti e politici, commercianti e operatori turistici, di rapportarsi con gli stranieri – avendo imparato un minimo di alfabeto interculturale e interconfessionale - in maniera più adeguata e più fruttuosa.
       Merita, infine, di essere segnalata una peculiarità nell’impostazione e nell’effettivo svolgimento del convegno (che, nelle intenzioni degli organizzatori, dovrebbe costituire il primo di una serie di appuntamenti annuali tesi a fare, o a rifare,  di Palermo un giardino delle sapienze): il coinvolgimento a pieno titolo di prospettive per varie ragioni escluse da incontri del genere.  
        Innanzitutto si è cercato di dare voce (anche grazie a un gruppo musicale di ricerca etnologica) alla religiosità popolare, illetterata, “bassa”, i cui miti ancestrali costituiscono l’humus senza il quale non si interpretano in maniera adeguata le credenze e i simboli delle confessioni di fede “alte”. Inoltre si è dato lo spazio adeguato al cosiddetto “politeismo pagano” che, come è stato efficacemente dimostrato dal relatore incaricato del tema, lungi dall’essere un reperto archeologico tramontato per sempre, rivive e fiorisce periodicamente (nella nostra epoca in maniera particolarmente eloquente). Infine  si è valorizzato l’approccio filosofico-razionale, non in opposizione ma a titolo di servizio critico delle religioni tradizionali. E’ noto infatti l’adagio di  Hans Kung: “Non c’è pace tra le nazioni senza pace tra le religioni; - non c’è pace tra le religioni senza dialogo tra le religioni; non cè dialogo fra le religioni senza un’ethos condiviso”. Ebbene, questo ethos comune chi, e come, lo deve indicare e circoscrivere? Schillebeeckx notava che si tratta di un cantiere aperto al quale ognuno deve apportare un mattoncino, senza pretese di superiorità sugli altri. Ma in un cantiere gli operai devono scambiarsi opinioni, esperienze, intuizioni: in che lingua? E’ necessario una registro comunicativo per così dire universale in cui i costruttori dell’etica possano parlarsi e cooperare. E’ questo il ruolo della filosofia oggi se prende consapevolezza di essere più di una mera tecnica argomentativa; di essere anche un modo di vivere; di essere una saggezza spirituale che evidenzia ciò su cui ogni spiritualità confessionale deve poggiare (ascolto della natura, contemplazione della bellezza, rispetto della dignità di ogni essere umano, consapevolezza della propria relatività, gusto del silenzio, sincera curiosità per ciò che spiazza per la sua alterità, senso della giustizia e della solidarietà e così via). 

Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com

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