"Adista" 11 ottobre 2014
Un laboratorio di riflessione
La spiritualità inclusiva del Mediterraneo
Palermo e la Sicilia in generale sono da millenni al centro di flussi
migratori ora pacifici ora aggressivi che ne fanno un incrocio
obbligato fra etnie, culture, strategie politiche differenti, talora
convergenti tal altra contrastanti.
Le recenti, ricorrenti stragi di disperati che si affidano a
inaffidabili scafisti per trovare una nuova terra e soprattutto una
nuova vita esigono decisioni politiche radicalmente nuove e di portata
letteralmente epocale. Perché ciò avvenga sul piano operativo è però
indispensabile che nella mente della gente, nella visione-del-mondo
degli europei, muti il modo di vedere gli altri, gli stranieri. Anzi, in
molti casi, che si inizi a vederli davvero per ciò che sono.
Per queste ragioni e con queste finalità sembrerebbe opportuno creare
occasioni in cui la problematicità del Mediterraneo venga analizzata
dal punto di vista dell’interlocuzione delle spiritualità (confessionali
e laiche) oggi operanti in quest’area. Insufficienti, infatti,
resterebbero i pur lodevoli sforzi di cooperazione economica e sociale
promossi da varie istituzioni se non accompagnati da un analogo
tentativo di capire i diversi modi di intendere la vita, la morale, la
religione. Nell’ignoranza delle rispettive tradizioni spirituali non può
crescere e rafforzarsi nessuna intesa duratura.
L’originalità della tematica esige qualche rapido chiarimento che
possa prevenire equivoci e fraintendimenti. Cosa intendiamo per
“spiritualità”? La varietà di accezioni del termine si può,
probabilmente, organizzare in tre principali famiglie semantiche.
Una prima valenza, forse la più diffusa, identifica la spiritualità
con l’adesione a una determinata comunità di fede: a questa accezione,
che potremmo definire “confessionale”, ci si riferisce quando si parla
di spiritualità ebraica o islamica, cattolica o protestante. È la
spiritualità che, approssimativamente, si potrebbe attribuire a un
Alessandro Manzoni o a un Johan Sebastian Bach.
In una seconda valenza, la spiritualità si identifica con una
sensibilità più ampia, e più generica, verso la dimensione misterica
dell’universo e della vita umana: potremmo definirla l’accezione
“religiosa”, a condizione di non pensare a una religione organizzata
bensì a una “religiosità” a-confessionale (o, se mai,
pre-confessionale). È la spiritualità che, approssimativamente, si
potrebbe attribuire a un Ugo Foscolo o a un Ludwig van Beethoven.
Una terza valenza, meno tradizionale ma oggi sempre più condivisa,
rimanda a un atteggiamento antropologico di serietà etica, di pensosità,
di apertura all’essere in tutta la gamma delle sue manifestazioni, con
particolare attenzione agli esseri viventi e passibili di sofferenza. In
quest’ottica la spiritualità, che potremmo qualificare come “laica”,
tende a identificarsi con la dimensione “culturale” dell’essere umano e
quindi con una dimensione che non è solo pre-confessionale ma anche
pre-religiosa. È la spiritualità che, approssimativamente, si potrebbe
attribuire a un Giacomo Leopardi o a un Wolfgang Amadeus Mozart.
Sinora questi mondi spirituali hanno dialogato, quando ci sono
riusciti, al proprio interno per provare a intendersi al di là di
barriere in molti casi secolari. Se tentativi del genere vanno ancora
sostenuti, è venuto il momento di osare un passo oltre: attivare
occasioni di conoscenza reciproca e di scambio fra i tre mondi
spirituali sommariamente evocati. Uno scambio che, se dialettico, non
sarebbe meno fruttuoso del mero irenismo: non sono anche le critiche un
dono prezioso? Le spiritualità confessionali hanno molto da dare, ma
anche da ricevere, dalle spiritualità di ispirazione religiosa
a-confessionale; entrambe, poi, hanno a loro volta molto da offrire, e
da acquisire, da tutti quei nuovi paradigmi spirituali che affondano le
radici non in tradizioni più o meno strettamente religiose bensì in
terreni del tutto ‘laici’, di matrice scientifica (scienze umane ma
anche naturali) e filosofica. Mi riferisco – solo per limitarmi a due
esemplificazioni editoriali recenti – alle prospettive suggerite da
Stuart Kauffman, Reinventare il sacro. Una nuova concezione della
scienza, della ragione e della religione (Torino, Codice, 2010) o da un
gruppo di studiosi, coordinati da Chiara Zanella, in Sofia e agape.
Pratiche filosofiche e attività pastorali a confronto (Napoli, Liguori,
2014). Contributi del genere sono per un superamento della logica
concorrenziale: non si tratta di “vendere”, come più “efficace” se
confrontata con altre, la propria spiritualità, quanto di capire in che
cosa le sapienze di ogni orientamento possono completarsi e interagire
davanti agli enigmi della natura e alle sfide sempre più inquietanti
della storia.
Tra le città che potrebbero candidarsi a sede di simili iniziative
pioneristiche va considerata, certamente, Palermo. La Sicilia, nel
passato e ancor più nel presente, si trova attraversata da correnti
etniche e culturali, religiose e confessionali, di varia provenienza.
Dopo essere appartenuta a pieno titolo alla Magna Graecia e all’Impero
romano, è stata (e torna ad essere in molti casi) patria per ebrei e
musulmani, cattolici romani e cristiani orientali. In tempi più recenti
ospita Chiese protestanti (evangeliche ed evangelicali) nonché minoranze
sempre più consistenti di induisti e buddhisti. La Sicilia, insomma, è –
quasi per destino geopolitico – crocevia nel Mediterraneo di scambi e
di tensioni, di reciproche fecondazioni e di lotte sanguinose. Ci
sembra, dunque, irrinunciabile il progetto di avviare un appuntamento
annuale, aperto a chiunque voglia partecipare a un laboratorio di
conoscenza reciproca, di riflessione sui processi storico-sociali in
atto, di proposte operative da offrire all’opinione pubblica e ai
governi nazionali. Sappiamo che esistono lodevoli iniziative analoghe
che si impegnano dal punto di vista politico, sociale, economico: molto
modestamente vorremmo integrare tali iniziative con l’apporto del punto
di vista “spirituale”, includente, dunque, le dimensioni teologiche,
filosofiche, etiche, estetiche [v. locandina nel prossimo post].
Augusto Cavadi
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